"Parere sul Var assolutamente negativo, toglie le emozioni del calcio. Ad un gol non ci si abbraccia più, stasera i collaboratori stavano esultando al rigore ma io gli ho detto che qualcosa sarebbe successo. Sta togliendo l'adrenalina e il gusto del calcio, io non ci sto più. Senza Var avremmo 7 punti in più, al di là degli episodi favorevoli o no è un sistema che toglie emozioni, bisogna aspettare 2 o 3 minuti prima di sapere che succede. In Europa League non c'è il Var e mi diverto di più, così non mi piace". Parole e musica di Simone Inzaghi, dopo lo 0-0 di ieri sera contro l'Inter nell'ultimo atto del 2017 per entrambe le squadre. Nello specifico, il pensiero di Inzaghino, come veniva soprannominato sul campo per sottolineare l'età inferiore rispetto a Pippo, nasce dal rigore prima concesso e poi negato a seguito del consulto del Var dall'arbitro Gianluca Rocchi, il quale aveva fischiato senza alcuna indecisione per un fallo di mano in area di Milan Skriniar.
Parole che lasciano perplessi, quelle dell'allenatore della Lazio che innanzitutto dovrebbe lamentarsi con il suo datore di lavoro se questo sistema gli toglie emozioni. Claudio Lotito, infatti, è stato tra coloro assieme all'ex presidente della FIGC Carlo Tavecchio che ha spinto di più per avviare questa rivoluzione nel calcio italiano ad alto livello. Forse Lotito avrebbe dovuto consultarsi con Inzaghi prima di esporsi, o forse non si aspettava che la Lazio fosse tra le squadre più coinvolte da questo punto di vista. Chissà. Però il concetto espresso dall'allenatore, per quanto sia comprensibile visti i recenti episodi che hanno coinvolto la sua squadra, non sta né in cielo né in terra.
Partiamo dal presupposto che per il Var è l'anno zero, quindi è oggettivamente migliorabile come tutte le novità. Aspetteremo pazientemente che ciò avvenga, intanto apprezziamone gli effetti, che per la stragrande maggioranza dei casi hanno portato a correggere decisioni inizialmente errate, a beneficio della giustizia arbitrale sul campo. Proprio quella che per anni, in passato, è mancata vuoi per manovre sotto banco poi smascherate, vuoi per impreparazione dei direttori di gara italiani che per quanto considerati i migliori del mondo spesso e volentieri incappano in prestazioni negative. Non c'è alcun motivo per mettere in discussione questa tecnologia che può solo fare del bene, al netto della capacità degli arbitri di farne buon uso. Perché, non dimentichiamolo, a guardare un replay da più angolazioni sono sempre gli occhi di un arbitro che ha il proprio metro di valutazione e comunque è portato a prendere una decisione più obiettiva possibile, non in assoluto.
Inzaghi si lamenta del fatto che il Var gli abbia tolto 7 punti e probabilmente ha ragione sulla partita contro il Torino e quel fallo di mano malandrino di Iago Falque ignorato dall'arbitro Giacomelli, più intento a valutare nel replay il gesto intimidatorio di Ciro Immobile su Nicolas Burdisso. Un errore grave del direttore di gara, come ce ne sono stati anche altri in queste prime 19 giornate di campionato. Immaginiamo però la mole di svarioni che avrebbero alimentato le moviole e soprattutto le dietrologie se non ci fosse stato il Var. La classifica sarebbe stata la stessa? Sicuramente no, ed è il recente passato che ce lo insegna. Al di là del singolo episodio, Inzaghi non ha dunque motivo per criticare così aspramente uno strumento che nasce con l'intenzione di ridurre, non certo azzerare, gli errori. Lui stesso ne ha beneficiato nel derby (rigore per mano di Manolas inizialmente non visto dalla terna arbitrale) o contro l'Atalanta (quarta rete bergamasca annullata per fuorigioco), e chissà come reagirà quando ricapiterà in futuro. Lamentarsi del Var significa accettare l'idea che si possano perpetrare ulteriori ingiustizie con una certa continuità, probabilmente a danno di squadre meno importanti. Magari anche invitando chi si lascia cadere troppo facilmente in area di rigore a mantenere l'equilibrio (vero, Ciruzzo?).
Inzaghino non lamenta solo il fatto che il Var gli abbia tolto punti, ma anche emozioni. L'emozione di festeggiare un gol dopo aver guardato l'assistente correre verso il centro del campo, per esempio. Certo, non è piacevole rimanere in attesa dell'ok dell'arbitro per 2-3 minuti (anche se c'è chi lo considera elettrizzante), ma lo è certamente meno sapere che la propria squadra ha subito un'ingiustizia arbitrale. Compromesso accettabile, viene da dire. Che emozione c'è nella sconfitta figlia di un rigore negato o inventato, di un fuorigioco non fischiato, di una gomitata o testata rimaste impunite? E che piacere c'è nel vincere sapendo di aver rubacchiato sul campo? Senza Var l'Inter ieri sera avrebbe perso per un rigore inesistente e oggi le polemiche divamperebbero, per non parlare del danno in classifica. Chi ama questo sport non può che apprezzare l'innovazione, accettando di esultare o rammaricarsi dopo qualche minuto di attesa, consapevole che nella maggior parte dei casi sarà presa la decisione giusta. O forse la democratizzazione del calcio non è un buon motivo per proseguire su questa strada, che anche altri paesi stanno adottando? Suvvia, non scherziamo...
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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