Ed eccoci qua, nel mezzo del cammin di campionato, a poter mettere per iscritto le due teorie della relatività sull'obiettivo stagionale dell'Inter. Se da una parte Mancini enuncia la sua resa incondizionata al traguardo più prestigioso, sostenendo che lo scudetto ormai è una storia chiusa pur professando al contempo il suo sentiment positivo per il terzo posto, dall'altra, invece, Piero Ausilio veste i panni del contabile e sottolinea come i preliminari di Champions League siano solo lontani un punto, limitandosi a fare un'inappuntabile constatazione numerica.
Tra questi due poli, l'emozionale manciniano e il razionale Ausiliesco, a dire la verità, si può dedurre lo stesso postulato: comunque la si guardi, il vero sacro Graal nerazzurro resta il caro vecchio terzo posto in classifica. Che poi questo stesso sia raggiunto a seguito di una caduta libera determinata da una crisi d'identità da vertigini tricolori o per una vittoria in battaglia nel polverone sollevato dalla pazza bagarre per l'Europa che conta non fa alcuna differenza. Insomma, il fatto di guadagnare l'ultima piazza che apre le porte alla possibilità di qualificarsi alla prossima edizione della Champions, che la si veda dalla prospettiva del tecnico jesino o da quella del ds milanese, resta sempre il migliore dei mondi possibili per la Beneamata.
Ma ora il punto è un altro: a questo punto della stagione, basta davvero fare leva sul numero di punti che dividono la squadra di Mancini dal bersaglio grosso dell'anno per indicarne l'effettiva vicinanza? O ancora: può essere sufficiente parlare di 'buone sensazioni', come ha fatto il Mancio nella conferenza post-Verona, per rivendicare la credibilità di squadra nella corsa al gradino più basso del podio della Serie A? Né una né l'altra, perché i distacchi in classifica contano fino a un certo punto a 14 giornate dal gong del campionato 2015-2016: adesso, anche per demerito dell'Inter che ha sperperato l'enorme vantaggio sulle altre contendenti, si riapre un nuovo campionato che ha come prima giornata il primo spareggio Champions del nuovo corso, quello con la Fiorentina. E no, Mancio, non bastano i presentimenti ottimistici sventolati dopo la scellerata interpretazione della partita di Verona per piazzarsi per inerzia davanti alla squadra di Sousa, che arriva famelica alla scontro diretto da giocarsi al Franchi. Ora le doti divinatorie non servono, occorre fare scelte di campo decise e, se serve, anche spietate, dividendo la rosa nerazzurra tra 12-13 giocatori titolarissimi da una parte e gregari a far da supporting cast dall'altra. Insomma, si pensi alla gara con la viola, e poi ancora a quelle con Sampdoria e Juve, come ai dei match da dentro o fuori di Champions, in cui in campo ci vanno gli undici migliori. L'undici ideale, senza 'tiri Mancini' o colpi di teatro, che sia in grado di dare quella continuità, di gioco e risultati, che permetterebbe di far combaciare le due teorie sul terzo posto nerazzurre. 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 09 febbraio 2016 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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