"La finale Champions del 2016 a Milano? Stiamo pensando a dei punti di arrivo, uno potrebbe essere quello". Era il 15 novembre del 2013 e queste sono le dichiarazioni che il presidente Thohir ai microfoni di Inter Channel rilasciò proprio in merito al traguardo, ambizioso, che si poneva da neo presidente nerazzurro. Quel giorno è arrivato e la finale non vede l’Inter. Non solo, nemmeno nella competizione di quest’anno era presente. E non lo sarà neanche nella prossima stagione. Odio personalmente dover fare il Bastian Contrario, però alle volte è giusto ricordare quanto è successo in passato perché da lì si deve partire per analizzare il presente e immaginare il futuro.

L’Inter viveva uno dei periodi più bui nella storia recente: fuori dall’Europa, con una rosa di livello ben inferiore rispetto a quelle a cui i tifosi erano stati abituati e senza una reale fiducia che tutto questo potesse migliorare nel breve termine. Da lì passi in avanti sono sicuramente stati raggiunti a livello di rosa, ma la realtà dei fatti è che per il quinto anno consecutivo rimarrà esclusa dalla Champions League. C’è sicuramente chi sta peggio, basta semplicemente attraversare il Naviglio per averne un esempio, ma questa situazione difficilmente può essere digerita e questa sensazione aumenta di più quando si rileggono le parole con cui è stato aperto questo editoriale. Da allora è cambiato l’allenatore, molti volti della rosa sono diversi, ma la situazione a conti fatti è sempre quella, almeno sportivamente parlando.

Quest’anno, il reale anno zero della gestione, è servito per riportare l’Inter in Europa League e l’anno prossimo si dovrà concentrare ogni goccia di energia per rientrare in Champions. Avete letto bene: quest’anno è stato l’anno zero e, a mio modesto avviso, è stato questo il più grande problema degli ultimi anni dell’Inter. La stagione vissuta con Mazzarri in panchina e Thohir alla presidenza è stata di transizione in cui poco è stato fatto in termini di campo per rinforzare la squadra; i restanti mesi con Mancini sono serviti al tecnico per capire quale fossero le reali potenzialità della rosa. La domanda è semplice dunque: riguardando al passato, non sarebbe stato meglio agire in modo diverso? Può sembrare un puro esercizio di retorica il mio, perché in effetti la risposta è indiscutibilmente sì. Non si dice che si doveva esonerare Mazzarri prima o non affidarsi a Mancini, non è questo il nodo focale della discussione. Il punto chiave di tutto il discorso riguarda cosa abbia portato a perdere due stagioni sportive fondamentali nel processo di ricostruzione di questa squadra.

Tutto quello che poi sta accadendo in questi mesi parte esattamente da lì: con una programmazione più chiara sin dall’inizio, e in questo il presidente non è stato ben consigliato, l’Inter avrebbe potuto recuperare una stagione e poter arrivare terza già quest’anno: non sarebbe stata la finale di Champions League, ma sicuramente un obiettivo più realistico e che rilanciava i nerazzurri sul palcoscenico più importante in Europa. Quanto è stato fatto quest’anno è stato ai limiti della perfezione: sono stati presi giocatori dal sicuro rendimento, altri che sono veri e propri investimenti e si è data una base ad una squadra che non aveva minimamente un futuro fino all’agosto del 2013. Tutto è stato condotto nel migliore dei modi: Ausilio ha fatto il massimo praticamente senza soldi, Mancini ha giocato un ruolo importante sul mercato grazie al suo appeal internazionale e anche in campo ha dato una struttura alla squadra (anche se poteva essere raggiunta prima la stabilità tattica), Thohir e Bolingbroke su tutti sono riusciti a dare aria alle casse di una società che versava in condizioni tali da portare ad una multa da parte della UEFA. Il problema però è sempre il solito, il quesito che verosimilmente non avrà mai risposta: cosa è successo nel 2013 e nel 2014 che ha impedito tutti questi movimenti atti a migliorare la squadra? Sicuramente del tempo è stato speso per sistemare prima le finanze, ma erano davvero necessari due anni? Se sì, perché? 

Forse anche questo è un esercizio di retorica, o forse sono parole dettate da quel gusto amaro di vedere Milano vestita a festa, celebrata nel mondo come la capitale del Calcio e non vedere spuntare il vessillo di chi aveva cerchiato in rosso questo appuntamento sul proprio calendario nella speranza che il sogno diventasse realtà. Per uno strano caso del destino la finale del 2018 potrebbe essere a Madrid: perché non segnare quella data e sperare che, ancora una volta, la capitale spagnola diventi l’ambasciata nerazzurra in terra europea?

Sezione: Editoriale / Data: Sab 28 maggio 2016 alle 00:00
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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