Era il centravanti dell'Inter dei Record di Giovanni Trapattoni. In quella squadra ha condiviso lo spogliatoio con giocatori del calibro di Matthaus, Brehme, Diaz, Bergomi, Zenga, Berti. E l'Inter, come ogni squadra in cui ha militato, fa parte di lui. Aldo Serena si è concesso in esclusiva a FcInterNews.it per commentare il nuovo corso della Beneamata con l'arrivo di Spalletti e Sabatini, le operazioni di Gabigol e Joao Mario, e quel rapporto speciale che aveva con Nicolino...
Spalletti è stato ufficializzato. Come approccerà questa nuova avventura?
"Io penso che sotto il profilo tecnico sia un allenatore molto valido. Ha un carattere un po’ particolare, ma all’Inter dopo qualche stagione molto negativa c’è bisogno di un condottiero, di qualcuno che sappia guidare non solamente la squadra ma sappia infiammare anche gli animi dei tifosi prendendo per mano tutta la famiglia nerazzurra. E’ quindi chiamato ad un impegno importante, gravoso e a 360 gradi”.
Crede abbia le qualità per essere un condottiero?
“Questo non lo so. Come ho detto, sotto il profilo tecnico le sue squadre le fa giocar bene quindi non ho dubbi al riguardo. Per il resto vedremo”.
La cessione di Perisic è la mossa giusta per rientrare nei parametri del FFP e dare il via alla campagna acquisti nerazzurra?
“Prima di Spalletti mi sembrava fosse così. Adesso sembra che su Perisic si stia contando un po’ di più, quindi un’altra cessione eccellente potrebbe starci”.
Ad esempio?
“Handanovic. Non so se ha ancora velleità di Champions League, se vuole rimanere ancora all’Inter o meno. Sotto il profilo economico non sarebbe una delle cessioni più importanti, però credo che 15-18 milioni li valga”.
In quel caso Padelli potrebbe fare il primo portiere dell’Inter?
“No, penso che l’Inter dovrebbe andare su qualcun altro. Si era parlato di Perin ma bisogna valutare le sue condizioni dopo l’infortunio. Non credo Padelli possa fare il primo all’Inter”.
Dopo un periodo di assestamento la struttura societaria sembra ormai definita, nonostante l’incognita Oriali. Il suo eventuale arrivo può portare ad una nuova instabilità?
“Oriali era in procinto di arrivare all’Inter e il suo arrivo era forse anche funzionale a quello di Conte. Così non è stato, quindi dipende molto anche dalle idee di Spalletti. Ho qualche dubbio, anche se Oriali non è legato a nessuna parrocchia ed è sempre stato un professionista in un ruolo che spesso è trascurato. Una figura come la sua, esperta e caratterizzata dal nerazzurro sin dalla giovane età, penso che sia sempre valida da avere nell’organigramma. Ma ho la sensazione che questo nuovo sviluppo con Sabatini prima e con Spalletti poi, abbia un po’ frenato l’arrivo di Oriali”.
Non ha citato Ausilio. Secondo lei che ruolo assumerà d’ora in poi il ds?
“Non so se Ausilio accetterà un lavoro subordinato a Sabatini. Quest’ultimo mi sembra sia stato investito in pectore anche per condurre la campagna acquisti, per cui Ausilio, che è abituato a scegliere in prima persona, ora dovrà condividere il ruolo con un suo superiore. Mettendomi nei suoi panni non credo sarà semplice. Potrebbe anche svilupparsi un rapporto solidale con la loro qualità tramite il confronto continuo. Due teste fanno meglio sicuramente di una. Dipenderà molto dall’armonia che si crea fra i due. Se si crea”.
Di recente sono uscite le cifre effettive degli ingaggi di Gabigol (34 mln) e Joao Mario (49), comprese dei lauti compensi ai collaboratori di Kia Joorabchian. Lei cosa pensa di questi dati?
“Quello che penso io non ha troppa importanza. Piuttosto quello che pensa Suning è importante (sorride, ndr). Quando ha speso quei denari e si è reso conto di aver speso cifre folli che sono andate a mediatori e società di fondi, probabilmente paga lo scotto da principiante nel mondo del calcio. Io penso che ci siano sì le lobbies dei procuratori, però allo stesso tempo credo che si possa non cadere in questa trappola costosissima, quella di prendere un giocatore al doppio di quello che potresti spendere. Anche perché Gabigol e Joao Mario non è che abbiano fatto la differenza".
E quale operazione onerosa l’ha fatta?
“Quella di Gagliardini. E’ stata un’operazione costosa ma fatta con giudizio, selezionando un giocatore di prospettiva e grande qualità, che sa fare tante cose a metacampo. E l’Inter dovrebbe farne ancora di operazioni di questo genere”.
Suning dovrebbe investire di più sui giovani?
“Esatto, sui giovani e anche sui giocatori forti e affermati che costano tanto, perché il mondo del calcio si sta confrontando con la realtà dei grandi club internazionali come Real, Barcellona, Chelsea e PSG, che hanno disponibilità economiche mediamente molto superiori a quelle delle squadre che giocano il campionato italiano. Ma senza scendere a patti con personaggi come quelli che hanno influenzato e influito sugli acquisti di Gabigol e Joao Mario”.
Anche se Kia Joorabchian viene definito come 'l'uomo di fiducia di Suning'...
“Una fiducia un po’ costosa! Lui dovrebbe fare gli interessi dell’Inter, della squadra e di Suning. Credo che Zhang Jindong sappia usare i suoi soldi visto il successo che ha fatto. Non gli do consigli ma mi sembra che quando si entra in un mondo nuovo arrivino sempre gli avvoltoi che cercano subito di approfittare di chi ha disponibilità economica e vuole far bene”.
Chi dei giovani dell’Inter meriterebbe una maglia nella Prima Squadra?
“Guardi, io Pinamonti lo lascerei aggregato alla Prima Squadra e cercherei di sostenerlo perché ha una qualità superiore ai ragazzi della sua età. Non andrei a cercare un sostituto di Icardi di alto profilo, mi terrei lui senza dubbio”.
Icardi quindi è l’uomo giusto per l’attacco dell’Inter? I suoi colpi di testa fuori dal campo hanno fatto discutere…
“Trovare una prima punta forte come lui non è facile. Penso che quest’anno abbia cercato di modificare il suo atteggiamento. Il mondo va avanti e tutti devono confrontarsi con la realtà dei social. Naturalmente un accompagnamento va fatto. Non solo a Icardi ma a un po’ tutta la squadra, perché questo nuovo modo di comunicare può essere deleterio per tutto l’ambiente. Bisogna mettere un filtro. La colpa di Icardi è stata quella dell’autobiografia perché a quell’età non si ha una visione esaustiva e completa di tutto. Ci fosse una società che li controlla probabilmente tutto quel caos che ha costato punti e tensioni coi tifosi non ci sarebbe stato. San siro dev’essere l’uomo in più”.
E’ anche vero che la media spettatori dell’Inter è stata superiore a tutte le altre in Italia.
“Perché le aspettative sono alte, perché i tifosi dell’Inter sono pronti a seguire una squadra che gli da delle soddisfazioni. Sembrava l’armata brancaleone quando è arrivato de Boer, non aveva una dimensione definita. Poi con l’arrivo di Pioli la squadra ha cominciato a quadrarsi, i risultati sono venuti e il pubblico è arrivato in massa. Io penso che i tifosi dell’inter siano lì pronti ad attendere la squadra per poter infiammarsi. Deve partire dal campo. Spalletti ne è sicuramente cosciente e anche sotto il profilo atletico deve lavorare bene senza esagerare e partire così così. Bisogna partire bene perché se non dovessero arrivare subito i risultati ricomincerebbe quel circolo vizioso che è contestazione, giocatori che giocano con la paura, pubblico che fischia. Deve instaurarsi un rapporto circolare tra campo, giocatori, pubblico e società”.
Nella sua Inter dei Record, di 11 titolari, 8 erano italiani. Serve una spina dorsale azzurra all’Inter di oggi?
“Se possibile sì. A volta il mercato non ti da queste possibilità. L’arrivo di Gagliardini è stato mirato in tal senso. Conti, che a me sulla fascia ricorda il primo Nicola Berti, quello di Firenze, anche se gioca un po’ più arretrato, purtroppo andrà al Milan, ma poteva essere un altro giocatore importante per i nerazzurri. Ecco, bisognerebbe andare a prendere un gruppo di giocatori italiani che hanno la coscienza del passato, della storia, del blasone dell’Inter, e che abbiano voglia di affermarsi in Serie A perché puntano alla Nazionale. A differenza di altri che magari sono di passaggio. Come hanno fatto alla Juventus, bisogna partire da una base italiana forte che trascina gli altri”.
A proposito di Berti: in occasione della finale di Champions ha fatto gli auguri ai bianconeri a modo suo, gufando. Lei invece che ha giocato anche nella Juve come l’ha vissuta la sconfitta del 3 giugno?
“Guardi la mia carriera è da Arlecchino: ho giocato nel Milan, nell’Inter, nella Juve e nel Toro. Una parte di colori fanno parte di me, sono la mia storia, che non rinnego in alcun modo. Ho girato tanto e non sempre per scelta mia perché era l’Inter che mi mandava in prestito e inizialmente mi arrabbiavo perché non era facile ambientarsi con chi magari era tuo avversario il mese prima. Col senno di poi invece li devo ringraziare perché mi hanno dato la possibilità di conoscere molti ambienti e molte persone. Nicola invece è stato una bandiera dell’Inter. Per la finale credo che la carica emotiva e le pressioni che i giocatori bianconeri hanno avuto siano stati logoranti. Le facce tese di chi ha già giocato una partita prima di iniziarla sul campo. A fine primo tempo avevano già consumato tutte le energie”.
E lei in campo com’era? Con Nicola eravate una bella coppia, anche fuori dal rettangolo verde...
“Io avevo 28 anni quando lui arrivò all’Inter, lui invece era appena ventunenne. La mia prima partita con i nerazzurri l’avevo fatta dieci anni prima e avevo un po’ di ansia. Alcune volte avevamo fatto bene e altre male, sapevo cosa comportava indossare quella maglia e anche le aspettative che ci sono. Forse ero una persona un po’ troppo preoccupata da questo e il fatto che sia arrivato Nicola mi ha aiutato molto. Io gli ho trasmesso un po’ di equilibrio, di responsabilità, fuori dal campo tendeva a debordare, e lui mi ha trasmesso una certa leggerezza nel vivere il calcio. Ci compensavamo”.
Autore: Filippo M. Capra / Twitter: @innadifeelo
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