"Sapete perché ho mandato alla Juve Pogba? Il Milan voleva prenderlo insieme al Genoa e mandarlo lì: bocciato. L’Inter disse che non voleva fare uno sgarbo a Ferguson: bocciata. Con la Juve il patto era: lo prendi, gli dai subito uno stipendio da prima squadra, ti prendi la responsabilità e non lo dai in prestito. Il primo a cui lo proposi fu Sabatini. (lo imita tossendo) «Raiola, non mi proponi niente di buono». Prendo la penna e scrivo su un foglio: Pogba. (ndr: mentre parla, chiamiamo la Roma. Ci dicono che è vero, ma Raiola aveva chiesto una commissione altissima)". Lo dice Mino Raiola alla Gazzetta dello Sport, in un'intervista tra rivelazioni e retroscena di mercato. Ma non solo. 

BALOTELLI - "Tra tutti i campioni che ho gestito non ne ho mai incontrato uno costretto a subire le ingiustizie che ha subito Mario. La gente non lo conosce: si chiude, si fa trascinare a fare quello che non è. La verità è che Mario è un ragazzo insicuro, e nella sua insicurezza magari fa delle cavolate. Io ho sempre voluto accontentare i giocatori: con gli altri ho fatto sempre di testa mia, con lui no. “Ho bisogno della mamma, degli amici, dell’Italia”, diceva. Ed essendo anch’io un papà e volendolo felice, l’ho portato dal City di nuovo in Italia: uno dei più grandi errori della mia carriera. Dovevo dirgli: “Tu in Italia non ci torni. Il City è una grande società, non ti lasceranno mai cadere, questo è il calcio che conta e tu ne vuoi uscire”. E sono convinto che ho sbagliato anche per un altro fatto: al Milan serviva un leader. Dai palla a Mario, lui fa gol, tutti sono contenti. Ma leader lui non è, ed è anche sbagliato chiederglielo. Ci sono giocatori fortissimi che non hanno leadership, altri meno forti ma che ne hanno". 

IBRAHIMOVIC - "Resta al Psg, sicuro. Ha ancora un altro anno, chissà che non rinnoviamo ancora. Con lui le decisioni vanno prese anno per anno. Intenzione di smettere? No. Fa un po’ il sarcastico a volte. Ma il Psg con lui è una cosa e senza di lui un’altra. E lì si capisce che i francesi non ha ancora un progetto definito: quando dipendi da un solo giocatore, non hai fatto progressi. Ibra merita il Pallone d’oro dieci volte più di Messi. Perché? Messi ha fatto quello che ha fatto solo a Barcellona, lui ha messo l’impronta in tutte le squadre in cui è andato. Non ha mai vinto in Europa? Dimenticate che è andato via dall’Inter quando poteva vincere la Champions. Ha sbagliato scelta, ma il suo sogno era di andare al Barcellona e ha seguito il sogno. Guardiola è uno str... come uomo ma un grande allenatore: è stato lui a convincerlo, quindi sarebbe dovuto essere il primo a proteggerlo, l’aveva voluto lui. Ha fatto un grande errore quando ha baciato la maglia del Barça, vero, ma lo ha fatto perché nella sua testa quello era l’ultimo contratto che voleva firmare. Con lui parliamo in inglese, però a quel paese mi ci manda in serbo. Anzi, ultimamente lo fa in italiano. È che ama l’Italia più di me. Anche il tipo di calcio, difficile e macchinoso, a lui piaceva. Un giorno dissi a Galliani: “Adriano, devi venderlo agli arabi, che sono gli unici che possono permetterselo”. Voglio bene a Galliani per questo: non agisce in maniera cattiva, ma da tifoso del Milan. E questo è anche il suo errore. A Zlatan dicevo: “Dobbiamo andare via”. E lui mi dava addosso. Il Milan nella sua testa era il Milan di Van Basten, uno dei suoi miti. Dopo la cessione era arrabbiatissimo con Galliani. Per due anni non si sono parlati. Poi hanno ripreso, ma con Ibra per fare pace ce ne vuole…". 

NEDVED - "Nedved mi aiuta su Pogba? La sua presenza alla Juve è sempre stata per me un fattore contrario. Lui mi ha sempre giurato: “Alla Juve non vado mai”. Poi hai presente quelli che entrano in una setta e dopo poco diventano i capi? Ecco: Pavel è così. Tant’è vero che quando litigai con Jean Claude Blanc e avevo la proposta dell’Inter, facemmo una cena da Moratti e c’era pure Mourinho che gli fece: “Vieni da noi e vinciamo il triplete”. Lui ne parlò con alcuni degli Agnelli: c’è chi gli disse “Vai pure”, e chi invece “Se vai mi spezzi il cuore”. Decise di non andare, poi iniziò a chiamarmi: “Se c’è un dio, l’Inter non vince il triplete”. E io: “No, se c’è un dio l’Inter lo vince”. Pavel è così, se gli dico che ho trovato Maradona so che lo metto in difficoltà, e non lo coinvolgo". 

ZEMAN E GLI ALLENATORI - "Zdenek non si è mai fatto il problema di far giocare un giovane. Lui se lo fa al contrario: “Quello è troppo vecchio, non corre”. Tra i miei allenatori top c’è di sicuro. Di Guardiola ho detto. Poi Zaccheroni, che a Udine fu il primo a giocare col 3-4-3. Mourinho? Un grandissimo nello sfruttare le potenzialità che ha, ha imparato la gestione da sua moglie che è psicologa. Ho un gran rispetto per i self made man, lui dal nulla è arrivato in cima al mondo. Forse ha una certa insicurezza per non essere stato un gran giocatore, ma la tattica dell’attaccare prima di essere attaccato gliela fa superare. Ancelotti? Di lui Ibra diceva: “Incredibile come ti gestisce con gentilezza”. Mancini? Zlatan di lui criticava il fatto che si adatta troppo all’avversario e non impone un sistema suo. E poi Conte. Per me è l’unico grandissimo allenatore in Italia. Allegri è più diplomatico, il dopo-Conte è perfetto per lui: la squadra ha già un dna, lui porta in dote un gioco più elegante e meno esuberante. L’ho seguito nella gestione di Pogba, Conte è un duro: se Balotelli dimostra un certo rendimento lo chiama, altrimenti no. E’ quello che oggi serve a Mario, non sarebbe giusto che lo convocasse mentre non gioca". 

 

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 29 gennaio 2015 alle 11:10 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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