"Se domani Walter Mazzarri dimenticherà Javier Zanetti in panchina per la settima volta consecutiva, non chiamatelo ingrato. E non chiamate ingrato Erick Thohir se, a fine stagione, spiegherà al capitano che in società è disponibile soltanto un ruolo di rappresentanza, alla Figo, e non una poltrona operativa. La riconoscenza non c’entra nulla". Con queste parole Luigi Garlando della Gazzetta dello Sport apre il suo pezzo di approfondimento sulla questione Zanetti. "Pochi nella storia dell’Inter hanno onorato la maglia come Zanetti, grande nella vittoria e ancora di più nella sconfitta, modello di comportamento, degno erede del limpido Facchetti per un’eternità agonistica. Ma la gratitudine si esercita con la memoria, non con il diritto divino a una maglia o a una scrivania. Mazzarri ha sgobbato una vita per guadagnarsi questa grande occasione e merita di giocarsela come crede, in piena libertà. Ha assaggiato Zanetti in alcune occasioni e, dopo la disastrosa prova di Udine in coppa Italia, ha deciso di farne a meno. Ci sta. Non è lesa maestà. E’ sport. E comunque, se Zanetti ha dato tanto all’Inter, non ha ricevuto di meno, in campo e fuori. 
Mazzarri, piano piano, è arrivato alle conclusioni del suo predecessore: per fondare un futuro, l’Inter deve andare oltre i suoi senatori, eroici e stanchi. In questi primi mesi, WM ha imparato quanto è solido e coeso il piccolo mondo argentino della Pinetina, contro cui hanno sbattuto Benitez, Gasperini e Strama. Non vuole fare la stessa fine. 
Ha strigliato Zanetti che si è allenato sotto la curva dei tifosi dopo la batosta allo Stadium. Quella non era notte da propaganda. Ha visto Zanetti e Cambiasso alternarsi ai microfoni, portavoce quasi esclusivi dello spogliatoio. Avrà saputo del duro scontro tra il Cuchu e Guarin dopo Napoli-Inter che convinse il colombiano, una volta di più, a scegliere la Juve. Perfino un giovane argentino, Icardi, ha esternato l’insofferenza per il vecchio Milito, anche se in modo scanzonato. Zanetti si è riconosciuto tra i bersagli dello striscione: «Fuori le mele marce dalla squadra» 
Per la prossima stagione, Mazzarri punta a uno spogliatoio più compatto e manovrabile, disposto magari ad allenarsi ad Appiano anche entro Capodanno. Thohir pare deciso ad accontentarlo. 
Inutile denunciare le carenze societarie dell’Inter e poi indignarsi se Zanetti non viene eletto vicepresidente. Thohir, molto meno naif di quanto sembri, ha scatenato cacciatori di teste per individuare, attraverso curricula e colloqui, i professionisti più adatti ai vari ruoli. Non esiste via migliore per risalire: la competenza. Aver giocato a lungo aiuta a diventare allenatori, per dirigere un club serve molto altro. 
Quando avrà studiato e maturato esperienze, come ha fatto ad esempio Albertini, oggi pronto al governo di un club o della Federazione, e come non ha fatto invece Maldini, bandiera ammainata, Zanetti potrà pretendere un ruolo operativo e far coincidere il suo glorioso passato con il futuro dell’Inter. C’è tempo. Come potenziale dirigente, Javier è ancora un bambino. 
Per ora El Tractor eviti pasticci tipo le chiamate di Mou e curi la miglior uscita di scena possibile, degna di una gloriosa carriera. Non è così facile. Il grande Borg, per esempio, aggrappato alla sua racchetta di legno, la steccò di brutto. Facchetti invece ascoltò il suo corpo, e si fece da parte con eleganza, anche se il c.t. Bearzot gli offriva i Mondiali d’Argentina. Poi studiò un nuovo mestiere, anche altrove (Atalanta), e tornò, competente, per essere di nuovo la bandiera dell’Inter. Questa è la strada". 

Sezione: News / Data: Sab 22 febbraio 2014 alle 12:08 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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