Atalanta-Inter - Linearità strategica e guizzi da campione: ecco come Inzaghi esce vincitore dalla battaglia di Bergamo
Una sequenza di frame che possano rendere l’idea della mentalità dell’Inter. Primo: Darmian, appena entrato a freddo, allunga di 40 metri in sovrapposizione e va a ricevere palla in area, mettendo la giusta malizia nell’anticipare Musso e prendendosi il calcio di rigore. Secondo: Calhanoglu che batte un calcio d’angolo e 10 secondi dopo entra in scivolata bloccando il contrattacco dell’Atalanta… 60 metri indietro rispetto alla bandierina. Intercambiabilità, senso di appartenenza, lucidità. Sotto il diluvio incessante di Bergamo l’Inter trova una vittoria sofferta, complicata da errori di valutazione, grazie a due guizzi da campioni, costanza e una grande linearità in chiave tattica. Simone Inzaghi predispone i suoi uomini a una lotta uno contro uno a tutto campo per 90 minuti. Una battaglia sporca e spigolosa contro la Dea che invece non disdegna di cambiarsi veste tattica a seconda delle situazioni di gara, passando da un 3-4-3 a un 4-2-3-1 con i cambi, per poi tornare di nuovo a 3 dietro.
I nerazzurri reggono l’onda d’urto dei padroni di casa e accettano di giocarsi la partita metro per metro, in ogni duello individuale. Gasperini crea problemi a Lautaro e compagni rinunciando a Koopmeiners (uno dei migliori) da trequartista, spostando invece il suo raggio d’azione sull’out di destra sopra Zappacosta. Il diktat è quantomai preciso: puntare continuamente Acerbi e sfruttare il due contro uno da quella parte, per attirare anche i centrocampisti interisti nella zona e liberare metri di campo nell’altra fascia per le galoppate di Lookman. Il piano non funziona. Nel senso che il numero 15 interista con il passare dei minuti prende le misure grazie anche a un aiuto costante di Mkhitaryan che si defila molto, rinunciando spesso a fare densità in mezzo al campo per raddoppiare. Mentre dall’altra parte Lookman, che è comunque il più pericoloso, non riesce ad a trovare spazio in fascia grazie alle coperture precise di Barella e deve accentrare molto il suo raggio d’azione per rendersi pericoloso. Ma sia in fascia con Pavard prima e Darmian poi, che al centro con De Vrij, il nigeriano non ha vita facile, tanto che nel secondo tempo Gasperini inverte la posizione delle due ali per provare a infondere la giusta intensità. Scamacca riesce spesso a staccarsi dalla marcatura e partecipare alla manovra offensiva dandogli respiro con scarichi e aperture precise a destra e sinistra.
Ma la partita si gioca soprattutto a centrocampo, con una guerra territoriale per la supremazia condotta specialmente da Calhanoglu e Barella contro De Roon ed Ederson. La chiave della gara è lì. In quei metri di campo fondamentali per il gioco offensivo e la copertura difensiva. L’Atalanta è pericolosa e porta più uomini sopra la linea della palla nella prima parte del primo tempo. Ma l’inter si abbassa bene senza concedere nulla in area. Prima dell’intervallo alza i giri del motore Calhanoglu, salendo in cattedra e servendo una palla nello spazio immaginifica a Darmian, appena entrato, che si procura il rigore trasformato dal turco stesso. In attacco la coppia Lautaro-Thuram lavora meglio nel secondo tempo, con l’argentino che agisce quasi da trequartista a legare il gioco e creare superiorità tra le linee, inventandosi un gol da urlo, e il francese che cerca la profondità e allunga la squadra puntando e facendo scappare all’indietro la difesa avversaria. Sugli esterni l’Inter non punge come è solita fare a causa delle prestazioni sotto tono di Dimarco e Dumfries, spesso alle prese con la pressione atalantina e dunque bloccati in fase difensiva. Una menzione speciale va ad Alexis Sanchez, entrato spigliato al momento giusto, intelligente e con voglia di aiutare la squadra nella bolgia bergamasca. Il risultato finale premia la pazienza e la determinazione dell’Inter. Terzo frame che racconta cos’è questa realtà: Pavard che al triplice fischio festeggia con i suoi compagni sotto il settore ospiti, nonostante l’infortunio. Con tutte queste ottime diapositive, l’album finale rischia di essere stupendo.
Riccardo Despali
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