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L'Angolo Tattico - La costruzione in ampiezza porta occasioni. Ma si paga la scelta e la leggerezza difensiva

di Christopher Nasso

Nel turno infrasettimanale, valido per la sedicesima giornata di Serie A, l’Inter fa visita alla Sampdoria. Antonio Conte, con Lukaku inizialmente in panchina, si affida alla coppia d’attacco Sanchez-Lautaro. Brozo in cabina di regia, Barella-Gagliardini mezzali. Hakimi e Young i ‘quinti’. Confermatissimi i tre difensori. Sponda blucerchiata, Ranieri si affida al 4-4-1-1, con Damsgaard alle spalle di Keita in avanti. Candreva e Jankto esterni alti, Yoshida e Augello terzini. Adrien Silva e Thorsby in mediana.

PRIMO TEMPO - Contro una Samp intenta a ostacolare le fonti di gioco, l’Inter mostra una buona dinamicità per uscire dalla prima pressione. Damsgaard e Keita seguono Brozovic e De Vrij, Candreva e Jankto - inizialmente molto stretti - escono su Bastoni e Skriniar, quando in possesso della sfera. E l’intera squadra accorcia, portando densità in zona palla. Con buona qualità, coinvolgendo soprattutto la catena mancina, i nerazzurri costruiscono in ampiezza, prima di affacciarsi nella metà campo avversaria, dove Sanchez e Lautaro collaborano per lo sviluppo di una manovra a tratti molto efficace. I due attaccanti riportano il palleggio per vie centrali, prima di sviluppare il gioco sul lato debole, muovendo e arretrando la disposizione degli uomini di Ranieri. Da sinistra a destra, dove Hakimi mette in apprensione Augello. Percussioni in area, cross o passaggi (in scarico) per i compagni a sostegno rendono l’esterno marocchino l’uomo chiave per la pericolosità ospite. È il ‘quinto’ opposto, Young, ad andare vicinissimo al gol, e a guadagnare il calcio d’angolo dal quale nasce il rigore. Sanchez fallisce dagli undici metri e gli uomini di Conte, minuto dopo minuto, mostrano meno lucidità e convinzione. La Samp, con determinazione e immediata verticalità, si affaccia nella trequarti offensiva, costruendosi la possibilità di concludere verso la porta difesa da Handanovic. Il tocco di mano di Barella regala a Candreva l’occasione dal dischetto, e il classe ‘87 sblocca il match. Sulla costruzione dal fondo blucerchiata, l’Inter non alza la pressione, lasciando Sanchez e Lautaro sui centrali, indirizzando l’uscita sui terzini, pronti ad avanzare palla al piede. E quando Gagliardini e Barella scalano rispettivamente su Yoshida e Augello, Bastoni e Skriniar accorciano su Thorsby e Adrien Silva, con i ‘quinti’ bassi su Candreva e Jankto. Gli ospiti, dominanti con i tre difensori, mantengono la supremazia nel palleggio. Ma appaiono frenetici e disordinati nello sviluppo di trame offensive, attraverso scelte dai tempi e dalle esecuzioni errate. Portando sfera e uomini, grazie alla consueta costruzione iniziale in ampiezza, nella metà campo offensiva, senza tuttavia grande convinzione e creatività. E, una volta perso il possesso, mostrano meno compattezza sulle ripartenze dei padroni di casa. Con Damsgaard e Keita puntuali nel punire la squadra di Conte, confezionando il 2-0. Prima dell’intervallo, il tempo per i nerazzurri di ritrovare ‘furore’ e occasioni, arrivando al duplice fischio con altre recriminazioni.

SECONDO TEMPO - Perisic al posto di Ashley Young è la mossa di Antonio Conte al rientro dagli spogliatoi. L’Inter, come nel positivo approccio alla gara e nella reazione nel finale della prima frazione, abbassa la Sampdoria a ridosso della propria area di rigore. Un buon palleggio iniziale, appoggiandosi su Skriniar o Bastoni e sull’allargamento delle mezzali, porta i nerazzurri a manovrare costantemente nella metà campo offensiva. I padroni di casa, superata l’opposizione di attaccanti ed esterni, si raccolgono negli ultimi metri, con i terzini stretti e i due mediani a protezione della difesa. Chiusa la profondità e lo spazio tra le linee, i nerazzurri si affidano a cambi gioco o verticalizzazioni per il lavoro spalle alla porta delle due punte, con Sanchez a staccarsi dal diretto marcatore. Alzando il baricentro, gli ospiti arrivano spesso sul fondo, affidandosi alle giocate di Perisic e Hakimi. Raddoppiati dal rientro di Candreva e Jankto, i due ‘quinti’ ricorrono a triangolazioni con le mezzali o ad iniziative personali, prima di arrivare al cross. Maggiormente preciso e imprevedibile il marocchino. E gli ospiti, anche per la presenza di Skriniar e Bastoni - sempre a sostegno dell’azione - rimane saldamente dalle parti di Audero, costringendo il numero uno blucerchiato a diversi interventi decisivi. Lukaku prende il posto di Gagliardini, Sanchez diventa trequartista nel 3-4-1-2 e l’Inter accorcia le distanze su calcio d’angolo con De Vrij. Padroni del campo, al netto di un paio di ripartenze, i nerazzurri rimangono però timidi nel pressing sulla costruzione dal fondo avversaria, con i terzini liberi nella prima impostazione. Eriksen prende il posto di Sanchez, mentre Ranieri inserisce Askildsen e Leris per Silva e Jankto, a 15’ dal termine. Il danese, rispetto al 7 cileno, porta ordine nelle scelte in zona trequarti e nel dialogo con le due punte, ma manca precisione nell’ultima giocata, con la coppia Colley-Tonelli (e compagni a supporto) molto attenta all’interno degli ultimi 16 metri. Vidal e D’Ambrosio (fuori Barella e Skriniar) non cambiano le sorti di un match sempre più spezzettato nel finale, con la frenesia nerazzurra a impattare sulla determinazione blucerchiata, e il forcing privo di ulteriori grandi occasioni da gol. La Beneamata esce sconfitta dopo otto vittorie consecutive. Dopo tante occasioni create, un po’ di confusione e qualche solita - determinante - leggerezza difensiva.


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