Inter-Juventus - Pavard a tutta fascia e non solo, il ritmo di Calhanoglu, il raccordo di Lautaro. L'Inter vince così
Una partita a scacchi quella tra Simone Inzaghi e Massimiliano Allegri, con entrambi gli allenatori che hanno gettato sin da subito la maschera mettendo in atto l'interpretazione più adatta alle proprie idee e necessità, chiedendo così ai propri giocatori di esprimersi nel modo in cui finora hanno dato il proprio meglio.
Nel primo tempo l’Inter parte bene con il giro palla, con Calhanoglu lasciato libero di impostare. Il regista fa capire subito a tutti di essere in serata, dettando ritmi e offrendo traccianti come solo lui sa fare. Barella e Mkhitaryan gli girano intorno marcati blandamente dalle mezzali juventine Rabiot e McKennie, che preferiscono abbassarsi spesso e aspettare insieme a Locatelli sulla propria trequarti, lasciando il compito di pressione sui centrocampisti interisti che portano palla a Yildiz e Vlahovic. Dimarco si porta in linea con Thuram e Lautaro, occupando anche la posizione di centravanti, e proponendosi coi tempi giusti di inserimento quando porta palla Calhanoglu. Bastoni pero non sfrutta lo spazio libero lasciato dal 32 in fascia e resta spesso bloccato. Allora quella posizione la va a occupare il 22 armeno. Darmian dall’altra parte è più statico, per caratteristiche tecniche. Ma dal suo lato c’è uno strepitoso Pavard che spinge, si propone, taglia, mette cross e dieci secondi dopo è indietro a difendere su Yildiz, Vlahovic o Rabiot che all’occorrenza si prova a inserire lì sulla sinistra juventina. In attacco Thuram e Lautaro sono meno brillanti del solito. Inzaghi chiede al suo capitano di lavorare tanto in raccordo, negli appoggi e nei dai e vai. Lui esegue, non sempre con brillantezza. Ne risente il peso offensivo in area di rigore o al limite. Thuram gioca qualche metro più avanti per mettere pressione a Bremer, spesso si defila sulla destra e taglia con forza e convinzione quando Dimarco si libera dall’altra parte per mettere la palla in mezzo.
Dall’altra parte la Juventus aspetta l’Inter compatta con un 5-3-2 tutto sottopalla e cerca di ripartire con velocità una volta riconquistato il possesso, soprattutto con i due attaccanti, le due mezze ali e Kostic. Cambiaso gioca molto più basso e bloccato rispetto all’ex Eintracht. Yildiz è l’uomo deputato ad abbassarsi sulla linea dei centrocampisti interisti per pressare e sulla linea di quelli juventini quando si tratta di appoggiarsi, smistare e ripartire. Locatelli in mezzo fa un buon lavoro di filtro e giro palla. Ma la Juve, che con 2-3 contropiede mette in apprensione l’Inter, con il passare dei minuti perde un po’ le distanze in attacco e, complice il gol dei nerazzurri, comincia a imbastire un giro palla abbastanza sterile, senza tagli importanti da parte dei giocatori d’attacco che possano mettere in difficoltà un attento Sommer. Vlahovic è marcato da Acerbi che non lo lascia mai girare o prendere campo e quindi lavora sempre spalle alla porta. Allegri prova a sparigliare le carte con l’ingresso di Weah e Chiesa, con il primo che si inverte spesso con McKennie occupando la posizione di mezzala offensiva.
Nel complesso la Juventus non crea quasi nulla ed è l’Inter ad avere le occasioni migliori per chiudere la gara con transizioni veloci. Ma manca sempre la finalizzazione. Bene Carlos Augusto che entra per Dimarco e non fa passare più nulla dalle sue parti, con chiusure attente su McKennie e Weah e un’importante presenza fisica in area di rigore. Alla fine un’Inter tutta cuore e mentalità si prende 3 punti più che d’oro.
Riccardo Despali