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Inter-Real Sociedad - Sanchez sempre spalle alla porta, centrocampo lento e prevedibile: alcune chiavi dello 0-0

di Redazione FcInterNews.it

Ciò che poteva essere, non è stato. Primo posto nel girone sfumato. Per meriti della Real Sociedad, prima di tutto. La squadra basca arriva a Milano con un’idea precisa: non concedere nulla, stare compatta e non aggredire alto. Lo 0-0 può andar bene ai baschi e si vede sin dai primi minuti. Un giro palla lento ma pulito grazie alle geometrie di Zubimendi, due terzini Munoz e Traoré nella difesa a 4 che stanno sempre molto larghi e bassi e ricevono palla quasi sulla linea laterale per aprire la squadra di Inzaghi. Un modulo che è disegnato come un 4-4-2 ma che nei fatti è un prudente 4-3-3 con Kubo e Oyarzabal a supporto della punta centrale Sadiq. Merino e lo stesso Zubimendi sono le fonti primarie del gioco basco. Decidono loro se alzare il ritmo o abbassarlo. Quasi sempre optano per la seconda. Non forzano mai la giocata e ricominciano quasi sempre dai difensori centrali. Kubo è l’unico che a destra prova a saltare l’uomo con la sua imprevedibilità, accentrandosi spesso e mettendo in difficoltà Carlos Augusto.

Per il resto, la difesa capitanata da Acerbi non rischia quasi nulla. Sadiq è annullato dallo stesso numero 15, dall’altra parte Oyarzabal non riesce mai a saltare Darmian e creare superiorità. I problemi dell’Inter sorgono dal centrocampo in sù: poche idee, poco movimento. Nessuna aggressione alta per recuperare palla. Il terzetto Calha-Frattesi-Mkhitaryan non riesce a imprimere qualità e velocità al gioco. I tre si cercano poco e sono prevedibili: Frattesi è troppo schiacciato sulla linea difensiva nerazzurra e bada molto di più ai compiti difensivi, come seguire la mezz’ala Zakharyan che si butta spesso negli spazi o raddoppiare, piuttosto che proiettarsi verso l’area avversaria con le solite incursioni. Calhanoglu è più macchinoso del solito e non riesce a far girare la squadra con qualità. Anche l’armeno non ha i soliti lampi di genio in mezzo al campo. Non c’è rapidità di pensiero. Non ci sono i due tocchi. Non c’è “dai e vai”. Se il centrocampo non tiene alti i giri del motore, ne risentono anche gli esterni e gli attaccanti.

Dei 4, l’unico che prova a cucire il gioco, saltare l’uomo e rendersi pericoloso è Thuram. Gli altri 3 non riescono a incidere. Dimarco è guardato a vista da Traoré e raddoppiato da Merino. Cuadrado dall’altra parte gioca alto solo in fase di pressione, ma quando la palla ce l’hanno gli interisti, la sua posizione è sempre ibrida, a metà strada. Non corre in fascia, non mette cross, è quasi un difensore aggiunto. Sanchez davanti è sempre anticipato dai difensori baschi, non riesce quasi mai a tenere palla ed è costretto sempre a giocare spalle alla porta. Non c’è la giusta distanza tra il centrocampo e l’attacco e nemmeno il corretto accompagnamento in fase offensiva. Il risultato è un peso specifico davanti molto leggero, di facile lettura per gli uomini di Alguacil.

I cambi dell’Inter non scuotono più di tanto. Arnautovic è svogliato in fase di manovra, lento a riallinearsi con i difensori avversari e successivamente rientrare, in fase di non possesso. Lautaro ci prova ed è sicuramente più pericoloso, ma predica nel deserto. Mentre i cambi della Real Sociedad sono ancora più conservativi. Fuori la punta di ruolo, dentro un altro centrocampista, Oyarzabal spostato davanti centralmente. Il palleggio dei baschi negli ultimi minuti sale di qualità e scende di ritmo, per chiara scelta. Il piano gara è portato a termine con successo. L’impressione è che anche con 20 minuti di recupero, la partita sarebbe comunque finita 0-0. Per meriti della Real certo, e per qualche serata no dei ragazzi nerazzurri dal centrocampo in su.

Riccardo Despali


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