Inter-Roma - Collettivo batte individualità: l'organizzazione fa la forza dei nerazzurri
Organizzazione, dominio territoriale e un senso di squadra come ideale superiore rispetto al singolo. Tutte qualità messe in campo dall’Inter di Simone Inzaghi contro una Roma troppo compassata e poco incisiva. La partita ha un unico spartito, orchestrato da moduli speculari, ma mentalità totalmente differenti. L’Inter, composta e ben distribuita sul terreno di gioco, porta pressione dalla metà campo in sù e con il giro palla mette in difficoltà i giallorossi soprattutto con le scorribande di Dumfries sulla destra. La Roma risponde con un 3-5-2 attendista, con tutti i 10 uomini di movimento sotto la linea della palla e nella propria metà campo quando è l’Inter a condurre, nonché una totale assenza di peso in zona d’attacco. Le statistiche, che nel calcio non sono tutto ma dicono sempre qualcosa sull’andamento, recitano 19 tiri contro 3, 8 calci d’angolo contro 0.
José Mourinho, seduto nella tribuna stampa di San Siro per l’occasione, piazza Cristante a uomo su Bastoni per bloccare una fonte di gioco da dietro ed evitare le insistenti incursioni del numero 95 in attacco. Bove invece segue a uomo Barella, che però è più dinamico delle ultime uscite e si allarga molto per cercare lo spazio libero dove ricevere palla e impostare. In attacco Lukaku ed El Shaarawy fanno fatica a tenerla e non permettono mai alla squadra di rifiatare facendola salire. In particolare il belga, al suo ritorno a Milano, è preso sempre di spalle e tatticamente e tecnicamente annullato da Acerbi. Il piano gara della Roma è chiaro: aspettare bassa la capolista e provare a stanarla con ripartenze veloci e letali, affidandosi magari a qualche individualità. Ma la squadra della Capitale, complice le fatiche di coppa, non ha la gamba e le idee sufficientemente chiare per poter pungere, risultando spesso sottotono e in deficit ossigeno dal centrocampo in su, anche grazie a un’Inter spigliata e alla continua ricerca del vantaggio. Il risultato si traduce in un dominio territoriale della squadre vice campione d’Europa in lungo e largo per ampi tratti di gara.
Thuram sceglie se attaccare la profondità o abbassarsi a legare il gioco a sua discrezione, riuscendo in entrambi i casi a compiere un ottimo lavoro. Lautaro è più opaco del solito e sbaglia molto in impostazione. Ma la “garra” del capitano in fase di non possesso è sempre utile a mettere in apprensione i tre difensori giallorossi. Paredes, scelto come play, non riesce ad alzarsi con rapidità per andare a schermare Calhanoglu e anche in fase di impostazione è lento e poco illuminante. Il turco invece è abbastanza libero di impostare e imporre il suo ritmo alla partita. Dimarco a sinistra parte cauto per non concedere spazio alle incursioni di Kristensen. Mentre dall’altra parte la coppia Pavard-Dumfries impone sin da subito una supremazia fisica e gioca alta e in pressione, buttandosi continuamente negli spazi e trovando cross e tiri verso la porta presidiata da Rui Patricio. Zalewski e Ndicka sono sfiancati, spesso in difficoltà e tagliati fuori dal rombo del motore dell’olandese e del francese. Il gol della vittoria arriva però dall’altra fascia, dopo 80 minuti giocati allo stesso modo da entrambe le squadre. Grande lancio di 40 metri di un frizzante Asllani, stop a seguire del 32 nerazzurro e palla dentro per Thuram che anticipa Llorente.
L’1-0 basta a un Inter che, nei i minuti finali, si limita a gestire il vantaggio senza rischiare nulla. Cinica quanto basta (potrebbe esserlo molto di più) e con senso di appartenenza, la banda di Simone Inzaghi si tiene il primato in classifica archiviando la Roma e mettendo in ombra il ritorno di Big Rom a San Siro. Potere del collettivo.
Riccardo Despali