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Juventus-Inter - Parentesi di 6 minuti in una partita tattica e sporca. Bicchiere mezzo pieno per tutti

di Redazione FcInterNews.it

Juventus-Inter è una partita molto tattica e a tratti sporca, stappata in sei minuti da due azioni in velocità, e poi tornata a seguire lo spartito che i due direttori d’orchestra avevano minuziosamente preparato. Meglio l’Inter soprattutto nel secondo tempo quando ha preso stabilmente il comando delle operazioni nella metà campo avversaria, meglio la Juve come impatto alla gara. Alla fine la partita scivola via senza tante emozioni e con nessuna delle due che preme per trovare il gol del 2-1, perché alla fine un pareggio accontenta un po’ tutti. Ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa in più dal Derby d’Italia tra prima e seconda in classifica. 

La lettura tattica della gara da ambo i lati è quella di difendere ordinatamente sotto palla con tutti gli effettivi e cercare di ripartire in contropiede con transizioni veloci. I due gol nascono proprio da due belle azioni di prima, molto simili, a cercare l’uomo pericoloso (Chiesa e Thuram) in fascia che attira la pressione avversaria e scarica in mezzo per il tap-in preciso e vincente dei bomber Vlahovic e Lautaro. Per il resto Juventus-Inter è una partita carica di tensione dove nessuno dei due giocatori vuole scoprire tutte le sue carte. Tanto giro palla a centrocampo da parte dell’Inter che parte basso da Calhanoglu, che però ogni volta che si alza viene francobollato a turno da Nicolussi Caviglia o Rabiot e non riesce a far girare con armonia e rapidità la squadra. Sulla catena di sinistra l’assenza di Bastoni in fase offensiva si fa sentire e la fascia con Dimarco-Acerbi è poco fluida e quasi mai pericolosa. Dall’altra parte Dumfries, molto impreciso, è tirato in mezzo dalle incursioni di Rabiot, Chiesa e Kostic, che spesso giocano sulla verticale per liberare spazio in mezzo. Lautaro prova a staccarsi dalla marcatura asfissiante di Bremer e Gatti e viene spesso a giocare sulla linea dei centrocampisti, chiedendo uno due a Barella e Mkhitaryan, ma togliendo peso in area di rigore, che rimane vuota e presidiata solo da maglie juventine. Il numero 23 interista è più pericoloso dell’armeno con il 22, provando spesso a costruire azioni con una corsa nello spazio o con uno-due al limite dell’area di rigore. Anche Thuram si defila spesso sulla sinistra per ricevere palla e provare a scambiare con Dimarco per correre o far correre fino alla linea di fondo, ma è spesso impreciso e non riesce mai ad andare via uno contro uno.

Dall’altra parte Allegri risponde con la solita Juve attenta a coprire ogni spazio e dal baricentro basso, anche se l’avvio frizzante dei bianconeri può far pensare ad un altro tipo di gara. Ma è solo un fuoco di paglia. Nicolussi Caviglia in mezzo è ordinato e senza strafare trova linee di passaggio corte e pulite. Cambiaso sulla destra si applica più in fase difensiva che di spinta, non concedendo metri alle incursioni di Dimarco. Sulla sinistra funziona meglio l’asse Kostic, Chiesa, Rabiot. È da lì che nasce il gol del momentaneo vantaggio ed è lì che la Juventus prova a creare gioco soprattutto con scambi in velocità, riuscendoci bene a tratti. A livello di mole gioco, il centrocampo dell’Inter è più preciso e costante, quello juventino si adatta e gioca spesso di rimessa cercando di recuperare palla. Le due squadre sono attente, la partita è bloccata. Ci sono tanti errori tecnici e sia l’Inter che la Juve danno l’impressione di applicarsi molto di più nelle preventive in fase difensiva piuttosto che occuparsi di costruire azioni pericolose. Il risultato si traduce in pochi tiri in porta e tanto possesso palla, soprattutto dell’Inter, senza mettere quasi mai in apprensione la difesa avversaria. Una partita a carte che finisce in pari e patta, con un punto per parte. Entrambi gli allenatori guardano il bicchiere mezzo pieno. 

Riccardo Despali


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