La Dea parte forte, Rafinha prova a spaccare
Tra infortunati e squalificati, Atalanta e Inter - alla ricerca di punti importanti - scendono in campo all'Atleti Azzurri d'Italia con diverse novità di formazione. Gasperini, per il suo classico 3-4-2-1, sceglie Hateboer e Gosens sugli esterni. Torna Caldara; esordio dal 1' per il giovane Barrow in attacco. Spalletti lascia in panchina un Candreva non al meglio e si mette a specchio con gli avversari: D'Ambrosio nella difesa a 3, Cancelo e Santon (che ritrova una maglia da titolare) larghi. Quasi obbligata la scelta di Borja Valero mediano al fianco di Gagliardini.
PRIMO TEMPO - La solita Atalanta contro l'inedita Inter: sul terreno di gioco vengono subito evidenziate abitudini e attitudini dei bergamaschi, aggressivi e protagonisti in positivo del "gioco" delle coppie contro gli 11 di Spalletti. I nerazzurri appaiono disordinati e superficiali, faticando in fase di costruzione e lasciando l'iniziativa ai padroni di casa. Con il pressing, più compatto che alto, l'Atalanta crea spesso superiorità numerica e trova imbucate pericolose alle spalle dei difensori avversari. Anche partendo dal basso, la dea arriva facilmente nella trequarti dell'Inter: la fisicità e l'intensità di De Roon e Freuler - aiutati da Cristante e Gomez in fase di palleggio - hanno la meglio sull'opposizione degli uomini in bianco che, "spaventati" dal forcing iniziale della squadra di Gasperini, arretrano il proprio raggio d'azione, aspettando gli avversari negli ultimi metri. Meno spazi per gli inserimenti dei centrocampisti atalantini finiscono per limitarne la forza offensiva, resa comunque imprevedibile dalla mobilità di Barrow e capitanata dal Papu. Quest'ultimo decisivo nella scelta di Spalletti di invertire D'Ambrosio con Skriniar, con lo slovacco meno indicato dell'italiano per svolgere il ruolo di terzino, al quale il numero 10 dell'Atalanta lo aveva più volte costretto. Ad uscire dagli schemi, sfruttando il "nuovo" ruolo, è Rafinha, bravo a non dare punti di riferimento e costringendo i padroni di casa a qualche uscita a vuoto. Gli spazi creati dal brasiliano trovano in Perisic l'arma della risposta dell'Inter, con il croato protagonista di corse e inserimenti lungo tutto il fronte d'attacco, azioni di contropiede per poco non sfruttate. Si arriva all'intervallo con sensazioni e sentimenti diversi e con la conferma, per i nerazzurri di Milano, delle difficoltà di una gara, la trasferta di Bergamo, sempre ostica ed insidiosa.
SECONDO TEMPO - La ripresa sembra seguire lo stesso canovaccio del primo tempo, con l'Atalanta più armoniosa nel proporre il proprio calcio e l'Inter - comunque più presente - a sfruttare Rafinha e Perisic tra le linee. Ma i padroni di casa, con il passare dei minuti, perdono in lucidità e intensità. Gagliardini e Borja Valero (in "apnea" nella prima frazione), trovano più libertà nel costruire l'azione, Cancelo appare meno lezioso e la retroguardia atalantina perde qualcosa nell'uno contro uno. Tempismo e maggiore aggressività cresce invece negli uomini di Spalletti, Miranda e Skriniar (su tutti) lasciano poco respiro agli avanti di Gasperini, con il neo entrato Cornelius quasi sempre sconfitto nel duello con il difensore brasiliano dell'Inter. Qualche "forzatura" nelle giocate d'anticipo rischia di favorire il gioco dei bergamaschi, lasciando spazio agli inserimenti dei centrocampisti. Ma la versione dei secondi 45' messa in mostra dai nerazzurri di casa, con Gomez esempio lampante, regala un altro tipo di partita, meno tattica e indirizzata verso una crescita, in convinzione e dominio territoriale, degli uomini di Spalletti. Con Eder al posto di un positivo Rafinha, il tecnico di Certaldo prova a dare più peso in attacco, dove Perisic alterna tagli di campo alle spalle dei difensori (con Toloi a seguirlo e Santon a sovrapporsi) a tentativi di un dialogo corto-lungo con Icardi, forse più partecipe del gioco, ma poco trovato e sfruttato negli ultimi 16 metri. E con il bomber argentino ancora a secco, la stessa sorte capita anche alla beneamata, ferma a zero gol nelle ultime tre partite, con soli due punti conquistati. I cambi nel finale, infatti, non modificano le sorti del match, equilibrato nell'alternarsi di occasioni da rete e nelle fasi di, più o meno netta, superiorità, con un inizio - sponda interista - da "brividi" e un finale di "rimpianti". Rimpianti che fanno seguito al derby e alla trasferta di Torino, un trittico di gare dove l'Inter avrebbe potuto fare di più, in termini di risultati e, soprattutto in quest'ultima gara, anche di prestazioni. L'assenza di Brozovic, per un Borja sotto ritmo, ha pesato in termini di dinamicità e lucidità, il modulo con il quale Spalletti ha voluto sopperire alla defezione di Candreva - schierando la squadra a specchio con gli avversari - può aver trovato nell'ottima organizzazione della squadra di Gasperini le maggiori difficoltà, ma sono alcune prestazioni individuali sottotono, unite a un primo tempo dal netto divario in termini di intensità, ad averne limitato le possibilità di successo. Prestazioni a tratti incoraggianti e trasferte storicamente insidiose lasciate alle spalle, un secondo tempo in crescita e i rientri importanti alle porte: queste sono le immagini ottimistiche di un finale di campionato che, per la qualificazione alla prossima Champions League, lascerà limitate - se non nulle - possibilità di sbagliare. E un bel punto, necessario, di (ri)partenza sarebbe quello di tornare a segnare...
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