La manovra nerazzurra è completa e verticale. In 10 vs 11 vince l'ottima organizzazione
Seconda partita stagionale lontano da San Siro per l’Inter, attesa dalla prova di Marassi contro la Sampdoria, nella gara valida per la sesta giornata di campionato. In un periodo ricco di impegni ravvicinati, Antonio Conte ricorre al turnover. Tanti i cambi rispetto a mercoledì: dentro dal 1’ Gagliardini e Sensi al posto di Vecino e Barella; Asamoah e Candreva riprendono il loro posto sugli esterni. Esordio dal 1’ Sanchez, in coppia con Lautaro in attacco, e prima ufficiale in maglia nerazzurra per Bastoni, a sinistra nella linea difensiva a 3, completata da De Vrij, al centro, e Skriniar, dirottato a destra. Sponda blucerchiata, Di Francesco ritrova Quagliarella, affiancato da Rigoni in avanti nel 3-5-2, con Linetty-Ekdal-Jankto in mediana, e Chabot a guidare la linea difensiva.
PRIMO TEMPO - Il match, come prevedibile dallo schieramento delle due squadre, vive di molti duelli e fasi di non possesso caratterizzate da compiti (movimenti a scalare) molto simili. Interpretati, però, con atteggiamento e tempismo molto diversi. L’aggressione dell’Inter è, infatti, più compatta e proiettata in avanti. Sulla costruzione dal basso avversaria, Lautaro e Sanchez si dividono Chabot e Colley, con Sensi pronto ad uscire su Bereszynski o Ekdal. Il tutto accompagnato dall’alzarsi conseguente dei compagni, quasi sempre interamente oltre la metà campo. Che permette di conquistare palla in zona offensiva, oltre a precludere ogni tentativo di manovra blucerchiata. A parti invertite, sulla costruzione dal basso degli uomini di Conte, i padroni di casa rinunciano a una prima pressione, lasciando prendere campo al terzetto difensivo guidato da De Vrij. Quagliarella e Rigoni si posizionano inizialmente sulle linee di passaggio per Brozovic, prima di essere affiancati da Jankto (in uscita su Skriniar) e tentare una contrapposizione più efficace. Proprio il movimento del centrocampista ceco, seguito con ritardo dai compagni di reparto e da Murru, libera la giocata per Candreva o Gagliardini, bravi nell’alternarsi in appoggio laterale nel primo step del possesso e a combinare per la ricerca delle punte o del lato debole. Brozovic orchestra, Sensi svaria tra le linee, mentre Sanchez e Lautaro dialogano dividendosi movimenti a venire incontro e attacchi dello spazio in profondità. La superiorità nerazzurra si traduce in un baricentro molto alto e trova compimento a metà della prima frazione. I ‘quinti’ spingono e raggiungono facilmente il fondo, i centrocampisti - con la retroguardia avversaria ‘schiacciata’ negli ultimi metri - rappresentano una costante opzione a ridosso dell’area, e arrivano a concludere verso la porta difesa da Audero. In particolare Sensi, che prima sblocca la gara trovando la deviazione involontaria di Sanchez su un’ottima conclusione dalla distanza, e poi (2’ dopo) vede lo stesso attaccante cileno trasformare nella rete del raddoppio un tentativo meno riuscito. La seconda parte dei primi 45’ cavalca l’inerzia presa dal match, dove una Samp sempre più timorosa subisce un’Inter sempre più verticale e veloce, trascinata da una difesa aggressiva e propositiva, dalla tecnica elegante e imprevedibile del suo numero 12 e dalla regia offensiva di Sanchez, oltre che dal consueto gioco in ampiezza. Con l’unico difetto di non trovare il 3-0 prima dell’intervallo.
SECONDO TEMPO - La Sampdoria rientra in campo con gli stessi uomini, ma con un modulo diverso. Un 4-4-2, con Bereszynski-Murru terzini e Depaoli-Jankto esterni di centrocampo, pronto a trasformarsi in 4-2-3-1 nella fase di non possesso, con Rigoni su Brozovic. I padroni di casa mostrano un atteggiamento maggiormente propositivo, ma è dell’Inter, grazie all’ennesima combinazione a ‘pescare’ i due attaccanti in verticale, la prima grande occasione della ripresa. Che viene riempita dalla grande giocata di Lautaro, dall’ottimo intervento di Audero, e dall’espulsione per simulazione di Sanchez (già ammonito). Episodio chiave, determinante nel riaprire una partita andata vicinissima dall’essere chiusa, per il possibile gol del 3-0 a coronamento del dominio nerazzurro. La superiorità numerica, oltre a quella esterna garantita dal nuovo schieramento, rianima invece i blucerchiati, decisi ad ostacolare la costruzione dal basso nerazzurra (le due ali e Quagliarella in pressione sui tre centrali ospiti) e ad accompagnare l’azione con molti uomini, portando densità a ridosso dell’area di rigore. La compagine di Conte abbassa il baricentro, e al 55’ viene punita dal diagonale mancino di Jankto, che accorcia anche nel punteggio la distanza tra le due squadre. L’ingresso di Bonazzoli per Depaoli (Rigoni si sposta sulla destra) rappresenta un altro segnale delle intenzioni di casa Samp, così come quelli di Lukaku e D’Ambrosio (al posto di Lautaro e Candreva) vengono incontro alle esigenze di casa Inter. Una maggiore fisicità al quale appoggiarsi per guadagnare qualche metro, unita a una maggior prudenza e copertura sugli esterni, dove i blucerchiati ricorrono costantemente, servendo terzini o ali, nello sviluppo della manovra. L’invenzione di Brozovic per il gol di Gagliardini, a premiare un atteggiamento nerazzurro mai remissivo, apre a un’ultima mezz’ora di gara favorevole all’organizzazione degli uomini di Conte. Il numero 5, e Barella (entrato per Sensi) scalano lateralmente in zona palla, collaborando con i ‘quinti’ nel confronto con gli esterni avversari. E la Sampdoria, anche dopo gli ingressi di Vieira (al posto di Ekdal) e Caprari (al posto di Linetty, per un 4-1-4-1 molto sbilanciato), fatica a impensierire Handanovic. La fase difensiva controlla, quella offensiva rischia di far male in contropiede, e la Beneamata ottiene meritatamente la sesta vittoria in altrettante gare di campionato. Mettendo in mostra un gioco fluido e verticale, in un primo tempo dominato, completato da ottima organizzazione e spirito di sacrificio, in una ripresa vissuta in inferiorità numerica.
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