Milan-Inter - Le coperture preventive di Barella e Mkhitaryan, l’estro di Thuram da sinistra, la duttilità tattica dei braccetti
L’Inter stravince il derby e il campionato. Lo fa con la perfetta armonia e sincronia nel gioco e negli intenti da parte di tutti gli interpreti. Un capolavoro anche tattico in una stagione da 9 in pagella per tutti. La seconda stella può essere cucita sulle maglie della squadra di Milano.
Il derby che decide lo scudetto parte tiepido, con una fase di studio da entrambe le parti. Il Milan prova a tenere di più palla con i ritmi di Adli e cerca uno sbocco sugli esterni. L’Inter è stretta, attenta e compatta negli ultimi 30 metri, e non concede nulla ai rossoneri. Leao da falso nove è avulso dal gioco, non si riesce mai a smarcare da Acerbi e non lavora bene di sponda. Un corpo estraneo. Dopo 15 minuti cammina per il campo. Dall’altra parte invece la difesa nerazzurra comincia a prendere le misure a Pulisic e Musah, più intraprendenti del loro collega con la 10. Pavard e Bastoni controllano le incursioni rossonere e ripartono velocemente con uno-due di qualità, alzando di minuto in minuto il baricentro interista. Anche il centrocampo, all’inizio occupato quasi militarmente dal possesso compassato e talvolta soporifero di Adli e Rejnders, passa piano piano a essere comandato dalle tinte nerazzurre. Barella e Mkhitaryan salgono in cattedra occupando posizioni ibride a metà strada tra i difensori e i centrocampisti rossoneri. Questo permette a Calhanoglu di avere già spazio in impostazione dal basso, visto che i 2 rossoneri in mezzo si abbassano a loro volta a coprire preventivamente possibili linee di passaggio sul 22 e 23.
Nel corso della partita, capendo l’inerzia della gara, il Milan si abbassa e addirittura si difende a 5, con Musah largo a destra, Calabria e Tomori a protezione di Gabbia centrale e Theo sulla sinistra. Ma è l’Inter che con le sue trame di gioco e le sue ripartenze veloci prende il largo, lasciando i cugini a rincorrere per tutto il campo. Dimarco fa il solito lavoro da punta aggiunta, ma è anche il primo a coprire su Musah o Loftus Cheek quando si defila. I tagli del 32 permettono all’Inter di creare situazioni pericolose, grazie soprattutto a Thuram che va ad occupare la posizione sul centro sinistra lasciata libera da Dimarco e può inventare con qualità, cercando la finalizzazione o l’ultimo passaggio. Dall’altra parte Darmian resta sempre più guardingo, pronto a rincorrere subito Theo o Pulisic una volta persa palla. Ma sono le preventive di Barella e Mkhitaryan il vero capolavoro tattico della partita. Se l’Inter perde palla da calcio d’angolo a favore, o in una fase di attacco, e sulla carta si potrebbe formare un 3 contro 3 a campo aperto con palla ai rossoneri, questo 3 contro 3 non va mai in scena, nonostante la discreta velocità della squadra allenata da Pioli nel ribaltare la manovra, perché Barella e Mkhitaryan sono i primi a rincorrere indietro, andando a occupare posizioni preventive in una porzione di campo dove sanno già che di lì a breve transiterà la palla o l’uomo del Milan con il possesso. Queste preventive di intelligenza superiore permettono all’Inter di attaccare a pieno organico ma anche di non essere mai in parità o inferiorità numerica in difesa.
Inoltre i braccetti Pavard e Bastoni, che nei loro ruoli non hanno pari al mondo, riescono a essere sempre coinvolti sia palla al piede con lanci o sovrapposizioni, sia in fase difensiva con tagli e coperture perfette: la duttilità al potere. Il Milan lascia tanti spazi sulla tre quarti, Leao si eclissa di minuto in minuto, Pulisic non trova il guizzo. Theo non trova corse a perdifiato spaccando la squadra avversaria. Pioli corre ai ripari provando a sistemare la squadra troppo leggera davanti con un 9 di presenza in area come Giroud, ma lo spartito non cambia. Provando, provando e non riuscendo, con il passare dei minuti e una disfatta rossonera sempre più vicina, la partita si incattivisce sul finale e diventa per qualche minuto il Far West, essendo saltati tutti gli schemi. Alla fine l’Inter può toccare il cielo con un dito nella casa del diavolo. L’Inter 2023-2024 è leggenda. La festa scudetto è appena cominciata.
Riccardo Despali