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Torino-Inter - La squadra di Inzaghi mette la freccia, anzi... le frecce. I tre cambi stravolgono l'equilibrio

di Redazione FcInterNews.it

Corsa a perdifiato e rigore procurato. Non è il primo tempo di Torino-Inter, ma il minuto 93. A galoppare con vigore e slancio verso l’area presidiata da Vanja Milinkovic-Savic è Henrikh Mkhitaryan, come se non avesse 34 anni e avesse già corso per tutta la partita. L’Inter che esce da Torino con 3 punti segnando 3 gol è anche questo. Forza fisica e corsa… nella lunga distanza spazio-tempo. 

L’inerzia della gara cambia drasticamente al 57’. Inzaghi mette dentro tre frecce istruite a dovere per far alzare il baricentro a una squadra stanca e troppo raccolta nella propria metà campo. La freccia di sinistra è Carlos Augusto, quella centrale Frattesi, e destra Dumfries. Ed è proprio da una pressione alta dell’olandese con palla tra i piedi che nasce il gol di Thuram che indirizza definitivamente la partita verso uno strapotere tecnico e fisico nerazzurro, fino a quel momento non prevenuto.

Infatti prima dei tre cambi provvidenziali di Inzaghi la musica è un’altra. Le squadre si affrontano con dinamicità e regna l’equilibrio. Tatticamente il Torino si presenta ben messo in campo da Juric. Con marcature a uomo in ogni zona del campo e raddoppi costanti sui portatori di palla nerazzurri. L’attenzione dei granata per ogni particolare disinnesca la voglia interista di attaccare con impeto e continuità. In particolare la posizione di Vlasic, che marca a uomo Calhanoglu senza lasciargli spazio, crea più di qualche problema in impostazione alla banda di Simone Inzaghi. Nei primi minuiti è comunque l’Inter a prendere il pallino e giocare più in verticale rispetto al solito, tralasciando la ricerca del fraseggio in orizzontale. Barella e compagni si muovono e inter-scambiano le posizioni per farsi seguire, evitare la pressione e liberare spazi. Il gioco di prima è abbastanza fluido e frizzante anche se la squadra dà l’idea di essere più lunga e meno compatta del solito. Thuram si defila spesso sulla sinistra per ricevere palla e rientrare a calciare con il destro, memore dell’eurogol nel derby. Lautaro è più compassato, a causa del lungo viaggio intercontinentale, e non riesce a dare la profondità giusta ai suoi. Anche Dimarco gioca più alto rispetto alle ultime uscite e si accentra molto in aiuto dei due attaccanti, visto che dall’altra parte manca Dumfries e Darmian per caratteristiche e precisa scelta tattica rimane bloccato. 

Il Torino però con il passare dei minuti prende coraggio. Salgono in cattedra Ricci e Linetty a centrocampo oscurando sul piano del gioco Barella e Mkhitaryan e riuscendo spesso a trovare i tre attaccanti alle spalle di Calhanoglu. Demba Seck comincia a diventare pericoloso anche se sbaglia qualche gesto tecnico di troppo. Sulla fascia destra Vlasic e Bellanova piantano la bandierina della supremazia territoriale, soprattutto con l’italiano che si alza e comincia le sue scorribande lungo la fascia, senza che Dimarco o i raddoppi di Acerbi lo impensieriscano più di tanto. Pellegri, scelto dall’allenatore dal primo minuto per far salire i suoi e sfruttare centimetri e forza fisica, inizialmente avulso dal gioco prende confidenza per fare sponde, legare il gioco e buttarsi in profondità. Prima meglio l’Inter dunque, poi meglio il Torino. L’equilibrio regna sovrano. Ma lo stravolgimento di tutto è dietro l’angolo. Ed è determinato in larga parte, come detto all’inizio, dai primi tre cambi di Inzaghi e dalla profondità della panchina. Frattesi entra elettrico, caparbio e non rinuncia mai alla corsa con e senza palla nello spazio. Davide vuole dimostrare di essere un titolare. Dumfries e Carlos Augusto portano una pressione alta grazie alla loro freschezza, e l’Inter si ritrova a dominare la gara. I cambi del Torino non incidono e l’infortunio di Schuurs in difesa fa perdere al Torino autorevolezza e sicurezza. I granata si sfilacciano, non hanno più idee e perdono compattezza. La partita finisce con il numero 22 in appoggio a Thuram e Klaassen mezzala. Un esperimento (ma neanche troppo), quello dell’armeno, che porta dinamismo, qualità sulla tre quarti e un rigore procurato grazie a una corsa a perdifiato, l’ennesima, verso la vittoria.

Riccardo Despali


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