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Cara Gazzetta dello Sport, stavolta hai toppato: la giustizia è solo una

di Alessandro Cavasinni

Il caro, vecchio José Mourinho (eh già, sempre lui) la chiamava 'Prostituzione intellettuale'. In questi giorni, giorni della vergogna che si trascinano da anni, stiamo continuando ad assistere alle solite banalità, alle solite prese di posizione che tutto sono meno che prese di posizione. E pretendono pure di essere chiamati 'imparziali'. Ci sarebbe davvero di che ridere.

“Tale decisione stride con la realtà di una giustizia sommaria”, scrive la Juventus sul comunicato ufficiale in merito alle condanne su Calciopoli. Quello che stride, e tanto, è proprio questa ipocrisia dilagante: Moggi scaricato, Moggi riabilitato, Moggi ancora scaricato. E ridiamo. Ancora.

In tutto ciò, in mezzo a questo mare magnum in cui vale tutto e il contrario di tutto, s'inseriscono le incomprensibili parole di Ruggiero Palombo. Nell'editoriale in edicola oggi sulla Gazzetta dello Sport, il vicedirettore parla così a proposito del comunicato bianconero e delle presunte responsabilità interiste: “Non sappiamo quanto queste parole siano volutamente ambigue (riferendosi al comunicato bianconero, ndr) e allora è meglio intendersi bene. Le vittorie sul campo della grande Juve di quegli anni ci stanno tutte e prescindono dal fatto che, sfortunatamente, i suoi due massimi dirigenti siano finiti (almeno per ora) come sappiamo. Ci sta pure la volontà di 'ripristinare la parità di trattamento', se l'intento è solo quello di continuare la battaglia per lo scudetto 2006 da togliere all'Inter, prescritta sì ma con qualche acclarato scheletro (sportivo e non penale) nell'armadio”.
Della serie: un colpo al cerchio e uno alla botte. E torna il ritornello del 'Così fan tutti' e del 'Comunque la Juventus meritava sul campo'. Peccato che poi nessuno sia in grado di spiegarci come mai Moggi & Co., pur avendo 'una grande Juve', si ostinavano a foraggiare un'associazione a delinquere. Delle due, una: o erano malati di associazionismo, o non erano poi tanto sicuri che la Juve fosse in grado di vincere senza manipolazioni varie.

Ci vogliono dare a bere che un bel giorno, magari all'alba della stagione 2004/2005, Moggi e compagni si siano svegliati e abbiano creato dal nulla tutto questo circo. Come se quella 'grande Juve' fosse nata per incanto, in una bella mattina di agosto. Manco fossimo nel mondo delle favole. Il terreno, caro Palombo, era stato preparato evidentemente da tempo, perché non esiste al mondo che venga costruita un'impalcatura di tale portata in un batter di ciglia. Ergo: quella 'grande Juve' era eredità diretta dell'associazione a delinquere per cui sono stati condannati alcuni degli imputati. Gli Ibrahimovic, i Vieira, i Thuram, caro Palombo, andavano a rinforzare la 'grande Juve' perché era una squadra che vinceva da anni (e forse si è capito come) e non solo perché si chiamava FC Juventus e giocava con le maglie bianconere. Non a caso, infatti, adesso nessun top-player sbarca dalle parti di Torino: gli ultimi rifiuti in ordine di tempo dei vari Tevez, Aguero, Dzeko e compagnia ne sono l'esempio più esplicativo. Questo suggerisce l'esito del processo di Napoli. Questo suggerisce la logica.

E lascia a bocca aperta pure il continuare quasi ad assecondare la strada del "togliere lo scudetto 2006 all'Inter", rea di avere "qualche acclarato scheletro nell'armadio". Prima di tutto si parli chiaro e ci si prenda la responsabilità delle parole: qui si sta ancora accusando un uomo, il cui nome corrisponde a quello di Giacinto Facchetti, di esser stato disonesto e di aver compiuto gli stessi atti illegali di altri suoi pari. Capisco che pesa fare il nome di Facchetti, perché è un nome effettivamente pesante (e non per demeriti), ma parlare in questo modo di un uomo come Giacinto è irritante. Abbiate il coraggio delle vostre azioni. E vorrei sapere quali sono questi scheletri, vorrei conoscere quali sono queste colpe: cosa ci ha guadagnato l'Inter? Cosa organizzava Facchetti di tanto losco? Non suggeriva griglie, non prometteva soldi, mai che una sua telefonata si sia trasformata concretamente in favori per i nerazzurri. Moggi chiamava e altri eseguivano; Facchetti parlava e altri lo raggiravano. Se per 'scheletri nell'armadio' s'intende il voler difendere l'Inter da un sistema corrotto da anni e anni, allora avete ragione. Se per 'scheletri nell'armadio' s'intende provare ad avere parità trattamento (qui sì, ma davvero però), allora avete ragione.

Facchetti e l'Inter sono colpevoli di aver provato ad ottenere giustizia. Quella giustizia che non scende mai a compromessi. Quella giustizia che non fa patti con l'ingiustizia. Quella giustizia, per intenderci, che non dà un colpo al cerchio e una alla botte. La giustizia non può mai essere parziale: una cosa o è giusta o non lo è. Qualcuno la chiamava prostituzione intellettuale.


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Domenica 15 dicembre