Caro Filippo...
Caro Filippo, vedendo il tuo cartello l’altra sera in tv mi è scappato un sorriso. In parte dolce, in parte amaro.
Dolce perché ho pensato: “Ma che tenero questo bambino che scrive una cosa simile”; amaro perché ho pensato: “Beh, tifando Inter forse non si è ancora reso conto cosa significhi… E cosa hanno passato quelli della mia generazione, vista la sua giovane età”.
Caro Filippo, tu devi sapere che sei stato veramente fortunato, tu come tutti gli interisti tuoi coetanei. Avete visto l’Inter vincere di tutto e di più negli ultimi anni, e compiere imprese leggendarie che resteranno negli annali della storia del calcio. Un triplete in Italia, per dire, mica l’aveva mai fatto nessuno.
Io, Filippo, di anni ne ho il triplo dei tuoi. E l’Inter la seguo da una vita. Avevo appena imparato a scrivere quando mi sono appassionata al calcio e a questa meravigliosa squadra e devo dire che all’inizio sono stata fortunata anche io perché pronti-via ho visto subito l’Inter conquistare lo scudetto dei record col Trap. E anche quella non era una squadra qualunque, ma molto speciale: era l’Inter degli Zenga, dei Berti, dei Breheme, dei Bergomi e dei Matthäus, gente di classe ma anche con tanti attributi. Era impossibile non innamorarsi di loro, anche perché io l’Inter l’ho sempre avuta dentro grazie al mio papà, così interista da avermi trasmesso subito questa bellissima passione. E’ stato bello all’inizio, come per te, perché ho visto la mia squadra trionfare subito, e come capita spesso all’Inter, in maniera esagerata.
Ecco, questo lo devi tenere bene a mente Filippo: l’Inter non è una squadra normale, è pazza davvero, non solo perché lo dice l’inno.
L’Inter è esagerata in tutto: nella vittoria o nella sconfitta.
Non siamo capaci di fare cose normali: i nostri sono o trionfi leggendari o tonfi pazzeschi. Non ci sono vie di mezzo.
Solo all’Inter può capitare di fare un punto in cinque partite, di cui tre con squadre che lottano per la salvezza, nemmeno due anni dopo aver fatto un triplete, un’impresa pazzesca che è riuscita solo a sei squadre in tutta Europa nella storia del calcio.
Solo l’Inter può inanellare un filotto simile di sconfitte appena due mesi dopo essersi scucita del petto la toppa di Club Campione del Mondo.
Facci il callo, caro Filippo, per noi queste cose sono la "normalità”.
Io e i miei coetanei tante ne abbiamo passate prima di vedere l’Inter raggiungere questi trionfi pazzeschi ed epici, mi auguro non sia così anche per te e per gli interisti della tua generazione, anche perché nessun interista merita di rivivere certe cose, però vorrei farti capire quanto siete stati fortunati tu e i bambini della tua età che avete scelto l’Inter. Alcuni ragazzi della mia generazione hanno avuto anche la sfortuna, essendo nati qualche anno dopo di me, di non aver visto nemmeno l’Inter del Trap, perché troppo piccoli, e quindi oltre a non godersi anche la stupenda Coppa Uefa del ’91 si sono presi tutto il peggio, o quasi, di quello che può capitare a una squadra di calcio nel giro di una quindicina di anni.
Abbiamo visto la nostra squadra rischiare la B nel ’94, salvandoci alla penultima giornata, stagione che però fu trionfale in Europa grazie alla seconda Uefa vinta a San Siro col Salisburgo. Abbiamo visto la nostra Inter essere derubata di campionati dalla Juventus di Moggi&Co., nonostante un campionissimo come Ronaldo vestisse la nostra maglia e ci facesse sognare a occhi aperti. Anche lì però, abbiamo avuto la grandissima consolazione europea della terza Uefa, dopo una stupenda finale a Parigi con la Lazio.
Abbiamo visto la nostra Inter comprare gente come Vampeta, Caio, Rambert, Pacheco, Gilberto, Hakan Sukur o Brechet. Certo, gli acquisti sbagliati li fanno tutti, ma noi per tanti anni abbiamo avuto l’abilità di azzeccarne uno su mille! Incredibile.
Una serie di bidoni che non ti immagini Filippo, così tanti che alcuni li ho anche rimossi, non ricordo più i nomi.
E nel frattempo abbiamo visto fuoriclasse come Roberto Carlos essere ceduti dopo un solo anno perché: “va data fiducia a Pistone”. Per la cronaca: Roberto Carlos campione del mondo col Brasile e tre volte campione d’Europa con un Real Madrid leggendario, da protagonista assoluto. Pistone… qualcuno si ricorda di Pistone?!
Abbiamo visto un campione come Ronaldo, che abbiamo tanto amato e coccolato per i suoi ripetuti infortuni oltre che per il suo smisurato talento, scappare come un irriconoscente per andare a cercare gloria al Real Madrid dopo averlo fatto tornare un giocatore di calcio.
Abbiamo visto la nostra Inter cambiare quattro allenatori in un anno: Simoni-Lucescu-Castellini-Hodgson. Sembra quasi la cantilena di quando annunci una formazione, invece sono gli allenatori che abbiamo avuto nella stagione ’98-’99, nel giro di soli nove mesi. Puoi immaginare che bella annata fosse stata.
Abbiamo visto la nostra Inter andare fuori al primo turno di Champions League contro gli sconosciuti svedesi dell’Helsingborg… Era ancora estate, Filippo. Manco il tempo di cominciare la stagione e già addio ai sogni di gloria. Ci capitava spesso all’epoca.
Ricordo ancora io e mio nonno, altro grande interista, a imprecare sulle poltrone nel suo salotto, con mia nonna che diceva di calmarmi perché già non stavo bene: avevo la febbre, avevo preso un’insolazione. Per farti capire quanto ancora fosse estate. Ed eravamo fuori. Di già.
Abbiamo visto la nostra Inter andare fuori agli ottavi di Coppa Uefa con l’Alaves, una squadra che ora milita nella serie C spagnola, renditi conto, con un gol di un giocatore scarso come Jordi Cruijff, bruttissima copia del fuoriclasse che fu suo padre. La mia prima volta in curva: indimenticabile. Sul serio. Con la Nord che si svuota dopo il gol-eliminazione per andare a contestare la dirigenza: all’epoca la contestazione era la regola, non l’eccezione come l’altra sera.
Abbiamo visto la nostra Inter solo pochi mesi dopo quella disfatta perdere un derby in casa per 6-0. Sì, hai letto bene: Sei a Zero. Con doppietta di un certo Comandini, uno che verrà ricordato negli annali del calcio solo per la gloria ricevuta quella serata là. E niente più. Ero allo stadio, Filippo. Il mio primo derby allo stadio, c’era anche mio padre. Arrivammo emozionantissimi a San Siro, uscimmo distrutti dopo il quarto gol. E mentre eravamo sulla rampa arriva il quinto. E quando eravamo al cancello il sesto. Un Incubo.
Tu pensa, era anche il mio primo anno di abbonamento: “Vado a studiare a Milano così oltre a godermi una bella città cosmopolita ho anche la mia Inter”. Che esordio, Filippo: una delle stagioni più disastrose di sempre. Con due allenatori che ti raccomando: lo juventino Lippi e il disastroso Tardelli. L’anno dopo sembrava finalmente quello della gloria, almeno in Italia. E invece no, succede che proprio all’ultima giornata, quando ormai tutto sembrava fatto, andiamo a perdere lo scudetto tanto agognato. Per regalarlo poi alla Juve. Atroce. Straziante addirittura, direi.
E quello dopo ancora, Filippo. Mamma mia. Stiamo per raggiungere il sogno della finale di Champions che ci manca da 30 anni, e incrociamo il Milan in semifinale. Derby fatale. Avrebbe fatto meno male uscire con un 3-0 secco che per un 1-1 in casa, la terribile legge del “gol in trasferta che vale doppio”. Quanto l’ho odiata quella sera e nei giorni seguenti. Per regalare poi la finale a quelli là contro... la Juve. Il 28 maggio 2003 sono stata fortunata perché vivevo a New York: vivere un giorno simile in Italia sarebbe stato insopportabile per me. Solidarietà a coloro che ce l’hanno fatta.
Ma te l’ho già accennato: per noi o grandi trionfi o grandi disfatte. Nessuna via di mezzo.
Abbiamo dato, e continuiamo a dare, gloria a gente sconosciuta che con noi si travestiva da fenomeno. Goitom, dell’Udinese: una presenza in serie A, un gol. Contro chi? Ma con l’Inter, ovvio. Lo stesso dicasi per un certo Arruabarena, giocatore del Villareal, che con un gol ci buttò fuori dalla Champions nel 2006. Sai parlassimo di Iniesta. Un giocatore che credo manco in Spagna si ricordino più. Noi interisti però ce lo ricordiamo, e bene. Come ci ricordiamo di Masinga, un attaccante del Bari che segnava quasi esclusivamente all’Inter, e di altri giocatori senza gloria che però contro di noi vivevano le più gloriose giornate della loro carriera. Sempre. L’Inter era una garanzia di riscatto per i più deboli, un po’ come è successo nelle ultime cinque giornate.
E noi, Filippo, eravamo lì a soffrire, a prenderci gli insulti, a sopportare soprusi e prese in giro. Ma sempre a testa alta. Sapendo che prima o poi il nostro momento sarebbe arrivato. Abbiamo covato per anni dentro di noi rabbia e, non mi vergogno certo a dirlo, un po’ di frustrazione. Ma l’amore per l’Inter era più grande. L’amore e la pazienza per l’Inter sono così sconfinati che i suoi tifosi sopportano tutto. Tu lo stai imparando ora, noi lo abbiamo imparato da un pezzo.
L’Inter è una scuola di vita: nella vita la ruota gira per tutti, ed è pieno di alti e bassi. Se tifi l’Inter questo lo impari subito, tranquillo. Arriverai a 20 anni che sarai già bello che formato per affrontare tutto, senza alcun problema. Un due di picche dalla ragazza più bella dell’università non ti sembrerà nulla in confronto al punto in cinque partite, te lo garantisco.
Alla fine però, Filippo, tutto quello che io e i miei coetanei abbiamo covato per anni dentro di noi è esploso in un crescendo sempre più straordinario in sei anni magnifici in cui la nostra squadra ci ha dato davvero tutto quello che poteva darci. Sono sicura per me e gli altri ragazzi della mia età, ma anche quelli un po’ più vecchi e un po’ più giovani, tutto sia stato ancora più bello perché ci è sembrato come se le sofferenze che avevamo passato avessero un fine: quello di farci godere ancora di più i leggendari trionfi della nostra grande Inter.
Per quello piangevamo di gioia tutti la notte del Bernabéu: ripensavamo al 5 maggio, all’Alaves, al derby del 6-0…e non ci sembrava vero, di essere lì. Sul tetto d’Europa, a fare la storia. Le prese in giro al lavoro, a scuola, al bar, i pianti, i giorni bui… Era tutto alle spalle. Ora eravamo lì, a fare un’impresa che in Italia non era riuscita a nessuno. Nessuno.
Triplete in Italia non sapevamo nemmeno cosa volesse dire, solo noi ci siamo riusciti: che onore.
L’Inter è una squadra che ti dà tanto orgoglio, Filippo, anche in momenti negativi come questo. “Piuttosto che cambiare squadra cambio scuola”: ho apprezzato queste tue parole: questo è lo spirito interista, lo spirito giusto. Non perderlo mai, avere questo spirito per un interista è fondamentale, o si rischia di diventare pazzi. Per anni io e i miei coetanei abbiamo subito di tutto, ma poi ci siamo rifatti.
Tu e i tuoi coetanei, invece, avete avuto una gran fortuna a vivere tutti i nostri recenti trionfi. Quindi non lamentarti per una serie negativa di quattro sconfitte in cinque partite. Ormai io la prendo con filosofia: capita. Sono niente in confronto a quello che abbiamo passato prima del 2006. Credimi.
Con l’Inter non si molla mai, lo avrai capito. E qualunque cosa ci possa succedere tu infischiatene di quello che ti dicono, il nostro orgoglio e il nostro amore per quella maglia sono smisurati, quindi: a testa alta, sempre.