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Gratitudine, merce rara

di Fabio Costantino

Nelle ultime ore, o meglio, negli ultimi giorni, in redazione ci sono arrivate moltissime e-mail a commento del momento negativo dell’Inter, tradotto in due pesanti sconfitte sia nel punteggio, sia dal punto di vista del percorso stagionale. Inutile nascondere che la maggior parte di esse, alcune pubblicate sul sito, attaccavano pesantemente la società, i giocatori e Leonardo, anche in modo piuttosto severo. Ci può stare, considerato il trasporto emotivo che ha spinto i nostri lettori a comunicarci il proprio punto di vista e l’assioma che ci vede rispettosi di qualsiasi parere a prescindere. Ognuno ha infatti il diritto di vederla come crede e partendo da questo presupposto anch’io voglio esprimere la mia opinione a riguardo. Non nego di essere molto dispiaciuto per l’esito di queste due ‘finali’. Sarebbe ipocrita sostenere il contrario. Ma allo stesso tempo sono infastidito da chi prender di mira esageratamente coloro i quali solo fino a poco tempo prima erano indiscussi beniamini.

Ero allo stadio martedì sera e a un quarto d’ora dalla fine ho visto la gente che lasciava il proprio posto fischiando e inveendo contro Leonardo e i giocatori. Questa scena mi ha lasciato un forte amaro in bocca, calmierato poi dalla replica della Curva Nord, che ha fischiato i contestatori (trainando con sé una buona fetta di pubblico) e a fine partita ha applaudito per l’impegno i propri giocatori. Un episodio tipicamente britannico, preso in prestito dalla nostra tifoseria più accesa. In quel momento, lo ammetto, mi sono sentito più leggero, deluso sì, ma convinto che il mio punto di vista era condiviso: è assurdo insultare questi ragazzi, nonostante due pesanti batoste, dopo le infinite gioie che ci hanno saputo regalare. Non dimentichiamoci che sono praticamente gli stessi che hanno concluso a Madrid nel maggio scorso un autentico capolavoro, che ci ha inorgoglito come mai era accaduto. Adesso questi giocatori, pochi mesi dopo, sarebbero bolliti? Improvvisamente sarebbero diventati dei brocchi? Avrebbero disimparato a giocare dopo aver conquistato tutto e terrorizzato l’Europa e il Mondo? Siamo ai limiti del paradosso. Premetto che dopo un Mondiale accadono sempre cose strane che stravolgono i reali valori delle squadre e che, pur non volendo, anche i cicli più belli, come nascono, prima o poi finiscono. Ma al di là del luogo comune, è ovvio che l’Inter quest’anno abbia dovuto affrontare innumerevoli difficoltà, molti dei campioni si sono dovuti confrontare con pesanti infortuni e hanno dovuto rincorrere sé stessi e una condiziona accettabile per mesi.

Nonostante ciò, pur venendo da un periodo nero, hanno avuto la forza di rialzarsi per concretizzare una rimonta che solo a dicembre sembrava fantascienza. E sono arrivati a un centimetro dal realizzarla. Meriterebbero solo un plauso, per il presente ma soprattutto per il recente passato, che non merita assolutamente di essere archiviato in malo modo. Invece le lacrime di gioia, gli abbracci, l’esaltazione di Roma, Siena e Madrid oggi lascia spazio alle accuse, alle offese, agli scherni. Il tutto, rivolto alle stesse persone. Non dimentichiamoci le soddisfazioni e i momenti indimenticabili che questi giocatori oggi ‘bolliti’ ci hanno regalato fino a una decina di giorni fa e riflettiamo bene prima di accusarli di essere finiti o poco attaccati alla maglia. Sono pagati profumatamente, è vero, ma per giocare, non per vincere. Nessuno riceve uno stipendio per vincere, bensì per provarci. E questa gente c’è riuscita.

Capitolo società: il discorso è lo stesso. Adesso è facile sostenere che non abbia investito sul mercato, che abbia puntato su giocatori logori e appagati (vi sembrano appagati calciatori che recuperano così tanti punti al Milan capolista dopo essere saliti sul tetto del mondo?), che pensi solo al Fair Play Finanziario e così via. È vero che in estate non si è investito, è vero che la scelta Benitez non ha pagato, ma è altrettanto vero che a gennaio sono arrivati giocatori importanti, in primis Pazzini e Ranocchia, autentici campioni. Per chi ha la memoria corta, aggiungerei, questa società ha costruito negli anni, anche con sacrifici economici, il gruppo che la scorsa stagione ha vinto tutto e, ribadisco, ha reso orgogliosi tutti i tifosi nerazzurri, anche i più scettici. C’è voluto del tempo, anche tanti errori, ma la strada imboccata era quella giusta e la fiducia ha portato dei frutti dorati. Adesso il club di Corso Vittorio Emanuele (facile sintetizzarlo con il nome di Moratti) pensa al bilancio, ma anche a costruire il futuro dell’Inter, pur non perdendo di vista il presente. Pensate che la scelta di affidare la squadra a Leonardo sia nata per demolire definitivamente questa stagione? O forse per restituire entusiasmo ai giocatori e all’ambiente? Dieci giorni fa la decisione di Moratti sembrava illuminante, oggi invece sarebbe una cazzata? Mah, il vento cambia direzione troppo in fretta per i miei gusti.

Restando in tema Leonardo, sono il primo a sostenere che dal punto di vista professionale non abbia l’esperienza necessaria per definirsi un allenatore a 360 gradi. Più volte, quando era necessario prendere una decisione a partita in corso, ha lasciato a desiderare e la squadra ha sofferto. Anche certe scelte sul modulo non mi hanno convinto, ma fa parte del gioco. Lui ama il calcio offensivo e non rinnegherebbe mai la sua vocazione, per questo fatica a curare la fase difensiva e in campo si vede. Leo stesso ha definito questo anno e mezzo in panchina una grande esperienza e sono certo che se decidesse di proseguire questa carriera, grazie alle sue doti umane, diventerà un ottimo tecnico. La realtà però lo mette in ombra, com’è giusto che sia: i risultati sono la verità assoluta, ahinoi. Tengo a sottolineare che è ingiusto puntare il dito contro quest’uomo, che ha commesso solo ‘l’errore’ di accettare una sfida umana e professionale, con la consapevolezza di attirare a sé gli insulti del popolo rossonero che solo qualche mese fa lo amava incondizionatamente. Quanti tecnici avrebbero accettato un incarico come questo? Quanti sarebbero andati contro il proprio passato? Non so dirlo, ma credo che pochi avrebbero compiuto un passo così delicato solo per il gusto di rimettersi in gioco. Leo merita rispetto solo per questo, non certo l’astio che oggi il popolo milanista prova nei suoi confronti, tradotto in insulti pesanti come mercenario, Giuda, traditore se non di peggio.

Il brasiliano ha solo accettato una sfida professionale, nulla più. Però per certa gente è un motivo sufficiente per massacrarlo di improperi, cancellando in un attimo 13 anni di assiduo impegno e sacrificio per la causa rossonera. Va aggiunto, e non è poca roba, che il brasiliano è stato idealmente preso a calci da chi lo ha voluto sulla panchina del Milan, salvo poi, tra un bunga bunga e una crociata contro la magistratura, delegittimarlo dopo un terzo posto che ha del miracoloso. Non commento certi atteggiamenti, si commentano da soli. Atteggiamenti che non mi stupiscono, dal momento che provengono da una tifoseria che, frustrata per l’andamento della propria squadra, a fine stagione ha calpestato e infangato una bandiera come Paolo Maldini, ignorando oltre 20 anni di fedelissima e proficua militanza in rossonero; e da una società che si vanta di avere stile solo quando le fa comodo. Ecco, vorrei che i nostri tifosi non si abbassassero a tal punto da imitare altrui comportamenti, sputando veleno sui propri beniamini e cancellando le soddisfazioni che loro stessi hanno regalato negli ultimi tempi. Lo spero, ma non sono certo che succederà. Dopotutto, la gratitudine, in questo mondo, è merce rara.
 


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