Il dolce paradosso dell'italianizzazione made in China
Abbiamo assistito a troppi capovolgimenti sportivi e societari per cadere nel tranello dell’autoesaltazione collettiva dopo avere vinto cinque partite di fila.
Abbiamo esultato per troppi esordi dopo avere acquistato nuovi giocatori a suon di milioni di euro.
Oggi, però, l’aria che si respira è diversa, decisamente.
Perché le vittorie di fila paiono finalmente il frutto di un’idea collettiva di società e di squadra e perché il giovanotto che è appena arrivato - tanto per dirne una - è grande, forte ed italiano. Esattamente come Pioli. E non è un caso.
L’italianizzazione di una squadra che trae da fondi cinesi il proprio attuale benessere economico è infatti un gradino indispensabile per non depauperare in un minuto quanto di buono si sta facendo.
Non sono fessi i cinesi e lo dimostrano proprio con questo tipo di gestione.
I Pioli, i Gagliardini, i Candreva, gli Zanetti, ma pure chi in qualche modo è comunque parte integrante dell’Inter, come gli Icardi, sono tasselli serissimi di una rivoluzione socio-tecnico-tattica che nell’Inter degli anni 2000 non ha precedenti.
Il principio della italianizzazione, assieme a quello della fiducia in un mister che - se non si chiamasse Pioli - potrebbe tranquillamente chiamarsi Brambilla, è la base di tutto. In questo senso, il processo cinese si sta rivelando superbo.
Superbo dal punto di vista economico, superbo dal punto di vista manageriale, superbo da quello del marketing e da quello del posizionamento globale nel calcio italiano.
Cosa resta. Al netto di tutto, naturalmente, resta una squadra che ha ancora grossi limiti e che difficilmente raggiungerà un posto Champions. Ma non conta molto, oggi.
Conta molto di più, oggi, la prospettiva. Che non è a breve-medio termine, ma a lungo termine.
Conta che da oggi a due o tre o quattro anni, l’Inter potrebbe rientrare nel grande giro, con grandi investimenti e grandi giocatori.
Ed allora, fregatevene se dovesse arrivare qualche altra sconfitta. Sarà salutare per chi c’è, per chi - grazie al cielo - andrà e per chi arriverà.
La prospettiva è ad ampio respiro ed è rosea.
In fondo, non aspettavamo altro.
#Amala
Giancarlo De Cata