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Inter-Venezia: i lagunari, Serenissimi; i nerazzurri molto di più!

di Redazione FcInterNews.it

Giovanni Stroppa - in versione Marco Polo dei giorni nostri - era convinto di poter scoprire un nuovo Catai (l'attuale Cina settentrionale) anche nell'entroterra ad occidente della città lagunare. Forse perché il tecnico dei veneziani si credeva proprio assurto al ruolo di doge (pallonaro) di una Repubblica Serenissima che sul perfetto connubio tra "Stato da Tera" e "Stato da Mar" aveva costruito le sue ultramillenarie fortune. Checché - sull'estensione temporale di quel periodo illuminato - ne avessero 'strologato' i libri di storia solo fino a qualche decennio fa. Una controversia a dir poco immonda per i cultori della materia sulla quale - appena 5 anni orsono - era finalmente arrivata una pronuncia 'definitiva' da parte dell'esimio storico Alessandro Barbero.

Per tornare però alla Coppa Italia, in cuor suo Stroppa aveva nutrito la speranza di sfangarla ai rigori anche negli ottavi di finale, come peraltro gli era già riuscito nel turno precedente ai danni di un'altra squadra di A, il Verona. E per circa il primo quarto di gara la piega che stava prendendo la sfida copetera milanese sembrava essere proprio quella agognata dai veneziani. Con la complicità dell'iniziale abulìa nerazzurra che era andata a sommarsi alla pur sterile intraprendenza lagunare. Poi, però, è come se si fosse scatenato un improvviso nubifragio per il quale non sarebbe bastato un MOSE a contenere 'l'acqua granda' nerazzurra. Né ci sarebbe stato alcun Mosè contemporaneo capace di separare le supposte seconde linee dai titolari dell'Inter: nel senso di trovarle pressoché indistinguibili, che è sempre più cautelativo di (auto)giudicarle "ingiocabili"... Cosicché si è profilato un terzetto di baldi 'Mori' transalpini (Diouf, M.Thuram e Bonny), diversamente napoleonici, che - provvisti di non comuni attitudini balistiche e 'cerebrali' - hanno messo presto fine alle scorribande milanesi tentate dalla fin lì 'Serenissima' compagine lagunare... A dare ulteriore manforte alle già soverchianti forze franco-nerazzurre ha contribuito pure un 'religioso' nostrano, tale Pio Esposito. Costui - in un'ardita trasposizione storico-pallonara della campagna d'Italia napoleonica evocata dallo scrivente - piace pensare potesse essere 'sfuggito alla furia iconoclasta' di quegli eserciti napoleonici, fino a diventare una sorta di loro "collaborazionista". Vatti allora a fidare di certi preti! Per quanto all'utenza nerazzurra il 'religioso' Francesco Pio piaccia proprio così com'è: uno scavezzacollo talentuoso tutt'altro che nordico - ogni riferimento al vichingo di Malmoe è puramente voluto... - che non guarda proprio in faccia a nessuno! E fa parte del gioco mediatico se poi i capitolini del Corsport si sono fatti ammaliare - per la loro principale apertura di giovedì 4 dicembre - da un'assonanza tanto graffitara quanto evocativa: "Pio c'è". A stonare, semmai, è stato quel sottostante titolo sul "Napoli ovunque": giusto per solleticare la pancia alla loro utenza partenopea. Una prima pagina, per così dire, un po' troppo ecumenica...

Chiusa la fantasiosa parentesi storiografica e rimandata l'analisi di eventuali aspetti ed evoluzioni tecnico-tattiche a test più probanti, non è certo passato inosservato il trattamento mediatico che le reti Mediaset - titolari dei diritti TV della Coppa Italia - hanno dedicato all'ottavo di finale giocato a San Siro. Non c'è stato servizio sulla partita - trasmesso dai vari canali di quell'emittente - in cui non ci si sia fatto premura di introdurlo con una specifica precisazione. Quella - come se i telespettatori già non lo sapessero - che l'Inter è stata l'unica squadra di A iscritta agli ottavi ad aver incrociato un club di una divisione inferiore: il Venezia di Stroppa che milita in Serie B. Come se gli errori dal dischetto degli scaligeri li avessero architettati i nerazzurri: e con la sola imposizione delle mani... Per tacere poi dello zelo ulteriore palesato in uno dei servizi trasmesso nel TG sportivo di giovedì allorché si evidenziava come i lagunari avessero schierato financo il loro terzo portiere... Miserie professionali che solo in quegli studi TV trovano spesso asilo.

Nessuno, invece, ha detto o scritto alcunché su una vergognosa sperequazione tra Juve ed Inter circa i rispettivi calendari di Serie A e Coppa Italia. Tranne Alessandro Cavasinni che, in rete, vi ha fatto un cenno garbato, giusto per riconoscere a Chivu il fatto che non vi sia appellato come eventuale alibi. Certo non poteva non dare nell'occhio il rilievo che i bianconeri godranno di 2 giorni di riposo in più rispetto ai nerazzurri (5 contro 3) tra il 13o ed il 14o turno di campionato. Con la Juve in campo martedì in Coppa Italia e domenica, con comodo, in Serie A. A differenza dell'Inter impegnata mercoledì col Venezia e già sabato in campionato contro il Como. Con tanti "webeti" (Mentana dixit) che ancora cianciano, indefessi, di Marotta League. Ecco perché si resta straconvinti che questa altro non sia che una tecnica di distrazione di massa, nata solo per default. Tranne le sacche tifose di ortodossìa antinerazzurra - ove ancora resiste - qualcuno forse ricorda qualche nominativo di spicco dei 750 e passa staff dirigenziali cambiati dalla società bianconera nelle ultime stagioni? No, perché l'ultimo a resistere in carica a lungo in quelle lande era stato proprio Beppe Marotta. Motivo per cui - per esclusione, per impostazione predefinita, per default, appunto - hanno cominciato ad appiccicare al dirigente varesino quell'etichetta tanto detestabile quanto mistificatoria. Anche e soprattutto perché, nel frattempo, Beppe Marotta è passato a "tramare ed ordire" (sic!) proprio a beneficio dell'acerrima rivale meneghina. Un'eminenza talmente grigia da tirarsi la zappa sui piedi con dei calendari masochisticamente disomogenei (eufemismo!)...

Per fortuna - più ancora dei rivali lagunari appena strabattuti in Coppa che, invece, lo sono proprio per vocazione millenaria - i componenti della rosa nerazzurra sono tutti serenissimi. Ivi compresi il redivivo Frattesi ed anche Luis Henrique che ha dato almeno qualche confortante segnale di esistenza in vita.

Orlando Pan


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