L'ultima coda di Calciopoli, più amara della lezione dell'Ajax
Il numero delle sentenze – o dei provvedimenti – post Calciopoli sfavorevoli alla Juve, ha quasi raggiunto il numero degli scudetti che si autoattribuiscono.
Così, nell’attesa fiduciosa che si giunga al punto di non-ritorno nel quale giungeranno alla autoattribuzione pure delle Coppe dei Campioni, rimaniamo oggi nella fiduciosa attesa degli esimi giuristi di turno che si prodigheranno nelle becere discussioni sull’interismo di Guido Rossi o sulle presunte condotte comuni dell’epoca o, addirittura, su presunte prescrizioni che, nella storia giudiziaria del calcio italiano, hanno riguardato - vedi tu - solo la Juventus.
Ce ne faremo una ragione, e pure una risata. Almeno noi. Non conosciamo invece le reazioni altrui e nemmeno ce ne importa, purchè non si insozzino siti, social e media di fregnacce e menzogne da offrire in pasto alla folla.
In ogni caso, non siamo qui per commentare il trentatreesimo o trentaquattresimo provvedimento sfavorevole, né per replicare seriamente ai soloni di cui sopra. Siamo qui semplicemente per sottolineare, una volta di più, che non se ne sentiva veramente il bisogno.
Non ne aveva bisogno il calcio italiano afflitto da ben altre questioni, non ne aveva bisogno neppure l’Inter che, di sentenze a favore, ne ha incassate assai.
Evidentemente, la sola esigenza era (e rimane) quella della Juventus che mostra, oltre a quella per il Triplete, una seconda patologica ossessione, ben più subdola però.
Perché - badate - se gli incubi per il Triplete paiono tutto sommato normali e coinvolgenti il solo ambito sportivo, l’ossessione per gli scudetti revocati pare mettere radici ben più profonde, in acque ben più torbide che poco o niente hanno a che fare con l’ambito sportivo e molto, invece, con quello dei principi. Che sono quelli sportivi, quelli giuridici, quelli della lealtà e del rispetto delle pronunce.
Se la Juventus ed il suo popolo hanno sviluppato una vera e propria ossessione per la Champions e per il Triplete dell’Inter, il dato è - tutto sommato - normale e pure piacevolmente fisiologico. Se la Juventus ed il suo popolo hanno invece sviluppato una vera e propria ossessione per titoli revocati da ogni giudice e da ogni provvedimento, perché vinti barando, il fatto diventa patologico, finanche preoccupante.
Lo è nella misura in cui lascia trasparire la totale mancanza di cultura del rispetto delle decisione o delle autorità, la totale violazione dei principi di lelatà e correttezza, il disprezzo per gli avversari e pure una buona dose di autolesionismo se è vero che Lucianone Moggi è ancora, per molti, un vessillo.
Si tratta di una specie di distacco morale dalle regole ed dai valori che riverbera inevitabilmente i propri effetti dovunque. È così che le decine di ricorsi post Calciopoli diventano decine di proteste in campo su ogni singola palla. Diventano gesti offensivi, come a Madrid oppure dichiarazioni offensive e ridicole come nel post Madrid. Diventano arroganza e maleducazione come i bavagli che Allegri vorrebbe mettere a chi la pensa in altro modo.
Diventano tutto, tranne che sport. E siccome di questo sport ce ne frega ancora, della ennesima pronuncia che li boccia avremmo fatto a meno.
Ce ne faremo una ragione, e pure una risata. Almeno noi.
Giancarlo De Cata