Lautaro, vento contrario da chi ha poca memoria: ritrovarsi i Lukaku è un attimo
La vulgata, oggi, spira in un vento contrario. Ahi, quel portafoglio pieno, se influenza i giudizi. Non significa solo che devi impegnarti al massimo. Significa che i numeri devono tornare, punto, come fosse ragioneria. Guadagni tanto, devi segnare tanto. Senza soste. Senza analisi.
Capita quindi, seguendo la scia, che sui social i commenti anti-Lautaro prendano piede, magari proprio sulla sua pagina Instagram, dove orgogliosamente il capitano dell'Inter pubblica foto che lo ritraggono con la casacca argentina d'allenamento. Quale affronto: sei lì con la nazionale e non ad Appiano Gentile. Non hai segnato contro Arsenal e Napoli, stai facendo fatica. Ergo, dovresti essere qui in Italia a prepararti per il Verona.
Ma se Lautaro Martinez non fosse quell'orgoglioso campione che è, visceralmente legato alla sua terra come lo è all'Inter, non lo avremmo visto come è accaduto di vederlo in questi anni. Avrebbe mollato, chissà, al primo anno dopo aver giocato da titolare la prima di campionato col Sassuolo e poi nulla più, bloccato dalle paure di Spalletti ad esibire la coppia Lautaro-Icardi per non sbilanciare il resto della squadra.
Se non fosse stato così, seguiamo la sua sottolineatura in risposta all'utente di cui sopra su Instagram, ben prima del Mondiale in Qatar avremmo avuto un vuoto in attacco. Si sarebbe preso una pausa in infermeria, nello stesso periodo in cui Lukaku è rimasto a lungo fermo per infortunio.
Torniamo all'oggi. Non sta segnando come l'anno scorso? Un dato di fatto, sì. Sta faticando. Non si ferma, nella pratica, da diversi anni e sta pagando il conto, sebbene i numeri non siano così pessimi come taluni dipingono. Sei gol in quattordici partite, in proiezione, vogliono dire toccare i venti anche solo ripetendo il numero di presenze della passata stagione, in cui al prolungato sprint durato fino a metà percorso fece seguito una seconda parte più in sordina.
L'auspicio dev'essere, per il tifoso nerazzurro, che i tempi si ribaltino: avvio in lenta ripresa e sgasata a crescere, fino a quando non arriverà il periodo in cui le partite conteranno di più, i punti peseranno il doppio, quello in cui si spera di poter alzare nuovi trofei.
Ma non è nemmeno questione di auspici o di numeri. Al capitano, al calciatore, si deve chiedere che dia il massimo. I numeri sono conseguenza di lavoro e talento, ma il calcio non è notoriamente scienza esatta e persino Haaland vive i momenti no (una rete nelle ultime quattro) per non parlare della sua suadra (quattro sconfitte consecutive del City).
E che si fa? Si lancia a mare il progetto Guardiola? Non lo farebbe nessuno sano di mente. Nemmeno traslato al mondo Inter. Lecito è domandarsi se in quei due pareggi uniti alle otto vittorie che hanno caratterizzato le ultime dieci partite non ci possano essere dei rimpianti, ancor più con la Juve che non col Napoli.
Lo è meno gettarsi addosso a chi la leadership nella squadra la esprime non soltanto muovendo la rete, ma con un quotidiano comportamento. Badiamo bene a dare addosso ai Lautaro. E' un attimo ritrovarci i Lukaku o gli Icardi.