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Mourinho, Guardiola, Villas-Boas: perché dovrebbero salvarci?

di Fabio Costantino

La speranza è che contro il Bologna l’Inter abbia già toccato il fondo. Ma visto l’andazzo, temo che ancora si possa raschiare verso il basso perché, francamente, non riesco a intravedere alcuna valida motivazione che mi faccia ricredere. L’orgoglio dei giocatori? Beh, avrebbero dovuto tirarlo fuori già contro il Novara, evidentemente non è una molla sufficiente a offrire uno spettacolo decente. Il recupero di una condizione fisica accettabile? Era la scusa di qualche mese fa, oggi non regge perché tutti (salvo qualche caso specifico), per quanto a vuoto, hanno corso fino allo scadere della partita. Cambiare l’allenatore? In tutta franchezza, mi auguro che non si arrivi a tanto.

Replicare l’annus horribilis 1999 con una serie infinita di avvicendamenti in panchina sarebbe più autolesionistico che rimanere con le braccia conserte. C’è chi attribuisce molte responsabilità a Ranieri dello sfacelo di cui l’Inter è vittima/artefice. Io non mi unisco a questo coro. Il tecnico testaccino avrà commesso i suoi errori, ma chi ha memoria corta forse ha già rimosso il suo enorme contributo a elevare un gruppo in piena zona retrocessione a candidata per un posto Champions. Poi, francamente, se si vuole risolvere il problema all’italiana si taglia la testa al toro e si cambia guida tecnica. Ma spero che non accada, visto che Ranieri ha il diritto di concludere questo torneo e di provare a cambiare il trend. Nessuno, ne sono convinto, sostituendolo potrebbe fare di meglio da qui al termine della stagione, perché i giocatori a disposizione sarebbero questi.

Purtroppo è un dato di fatto, da quando è diventata realtà assodata la fine dell’esperienza interista dell’allenatore a giugno, gli stessi calciatori hanno perso anche inconsciamente la voglia di seguirlo. Perché darmi l’anima e cercare il placet da un tecnico che a giugno libererà la scrivania? Non è ai suoi occhi che devo  guadagnarmi la conferma. Ragionamento inconscio, ribadisco, che però si traduce in prestazioni inqualificabili sul rettangolo di gioco. C’è chi sostiene: Ranieri non è un motivatore e la squadra ne risente. Beh, dal terz’ultimo al quarto posto in 2 mesi è un bel risultato, evidentemente il mister qualche motivazione l’ha trasmessa. Ma al di là di questo, stiamo parlando di giocatori adulti e vaccinati, che di situazioni come queste ne hanno vissute tantissime. Hanno bisogno di chi dia loro il buffetto sulla guancia per dare il massimo? Serve un trainer/mental coach? Non scherziamo. E i giovani? Non basta la voglia di emergere per dare il massimo?

Certi discorsi sono aria fritta, che però alla fine intossicherà i polmoni del testaccino, ancora convinto di poter risollevare le sorti di un gruppo allo sbando. E poi, aggiungo, con questo materiale umano a disposizione chi potrebbe fare di meglio? La Curva Nord nella fase più acuta della protesta ha invocato il nome di Josè Mourinho. Non certo perché pretende un suo ritorno, bensì perché così vuole attaccare direttamente una società che, orfana del portoghese, non ha saputo proseguire nel percorso da lui tracciato. C’è chi invece auspica tremendamente che lo Special One faccia retromarcia e da Madrid torni a Milano, magari a giugno. Fantasie. Mourinho non tornerà, mettiamocelo in testa. Non perché non ami l’Inter, ma perché non lavorerebbe mai in una società che non possa garantirgli gli strumenti per lui necessari. Benitez, Gasperini e Ranieri possono testimoniarlo: di fronte al FPF, l’allenatore è uno spaventapasseri che non deve chiedere nulla e deve compiere prodigi per non rischiare il posto di lavoro. E qualcuno crede che con questa strategia votata al risparmio e al disordine Mou possa sedersi ancora sulla panchina nerazzurra?

Per avere lui, o un Guardiola, Villas-Boas e via dicendo, non serve un progetto, termine ormai svalutato, ma i ‘piccioli’. I soldi. Nessun allenatore vincente andrebbe a guidare una squadra messagli a disposizione da una dirigenza ‘sorda’ alle proprie richieste tecniche. E allora, se proprio dobbiamo cambiare, se proprio l’anno prossimo sarà lo spartiacque tra il passato e il futuro, puntiamo su un tecnico giovane e voglioso di emergere. Ma soprattutto ricco di carattere, che sappia mettere la faccia nei momenti di sole quanto in quelli bui. Non faccio nomi, il mio è un profilo di cui il mondo del calcio italiano non è certo avaro. Si pensi alla Juventus: dal settimo posto (il nostro destino di questa stagione?) ha ricostruito partendo da Conte, un ‘bianconero’, acquistando buoni giocatori (non certo fenomeni) da lui stesso richiesti. Nessuna pretesa, solo quei tasselli necessari alla propria idea tattica. Quello che Benitez, Gasperini e Ranieri avrebbero voluto ma non hanno ottenuto.

E, in conclusione, auspico che per la prossima stagione la dirigenza si arricchisca di un professionista che sappia fare da collante tra società e allenatore/giocatori. Stavolta però non mi limito al profilo, faccio proprio un nome: Oriali. Chi ha orecchie per intendere sa cosa deve fare.


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Domenica 15 dicembre