.

Pandev e Bonucci, due lezioni per il futuro

di Fabio Costantino

Qui è il caso di mettersi d'accordo prima di esporsi pubblicamente. Solo qualche giorno fa Moratti ha detto candidamente che le necessità di Mourinho di avere una nuova punta non corrispondevano alle sue. Quindi, la squadra va bene così e non arriva nessuno a gennaio, con buona pace dell'allenatore. Eto'o starà via per un mese? Pazienza, ci sono sempre Balotelli e Milito. SuperMario è a rischio squalifica perché diffidato? Non importa, vorrà dire che farà attenzione a non mettere il piede. Caso chiuso, dunque, è finito il tempo degli investimenti e dell'arricchimento di giocatori e rosa nerazzurra oltre misura.

Invece no, è in arrivo da Roma (o meglio, dalla Macedonia, da uomo libero) Goran Pandev, uno dei grandi rammarichi della storia recente nerazzurra, lasciato andare via così in fretta per da rimpiangerlo negli anni successivi. Eppure nella Primavera, in coppia con Martins, aveva sempre fatto vedere buone cose... Ok, misteri del calcio e di un club non nuovo a incongruenze di mercato di questo genere (lo stesso Oriali ammette che fu un errore liberarsi dell'attaccante). Ma la vita, come il calcio, offre spesso una seconda chance e Pandev tornerà nuovamente a vestire la maglia dell'Inter, stavolta da giocatore affermato e con un lauto stipendio, quanto avrebbe sognato avvenisse già 5-6 anni fa. Un treno che sembrava essere scappato per sempre è tornato nella stessa stazione, quindi è il momento di salirci.

Per il macedone è una rivincita, stavolta ha dettato lui le condizioni per tornare. Nessuna garanzia tecnica, saggiamente non pretende un posto da titolare (ha davanti gente come Eto'o e Milito, ci mancherebbe...), ma il trattamento economico lo ha 'deciso' lui, costringendo la società nerazzurra a offrire una posta superiore alla concorrenza. La vittoria su Lotito ha fatto il resto, oltre ad aver rappresentato una sorta di premio alla buona volontà interista di rimediare al proprio errore passato. Un'operazione a costi minimi per ripristinare quanto interrotto nel 2004 e, magari, per imparare una volta per tutte la lezione: mai lasciar partire giovani che ispirano talento, preferendo a loro campioni affermati ai quali, spesso, manca il fuoco negli occhi, quello che solo la voglia di balzare a un livello successivo riesce a trasmetterti. Peccato che, comunque, la storia sia destinata a ripetersi, non per errori di valutazione nella gestione societaria, quanto per la fretta di dover vincere e continuare a farlo.

Mourinho lo ha detto, non si può puntare sui giovani all'Inter, il tempo è tiranno e non ti consente di programmare più di tanto. Per questo metterne in vetrina anche un paio a stagione rappresenterebbe già un successo, ma con gli altri che si fa? Non si possono tenere in eterno nella Primavera, i baby campioni alla lunga crescono e vogliono esplorare nuovi mondi. Se in casa non c'è posto, poi, si è costretti a mandarli a farsi le ossa altrove. Succederà così con Mattia Destro, forse con Joel Obi, ma occhio: mai cederli a titolo definitivo, poi si rischia di versare lacrime amare. Basta fare un salto indietro di qualche mese per trovarsi faccia a faccia con un esempio perfetto: Leonardo Bonucci, prodotto delle giovanili dell'Inter, oggi stella della difesa del Bari al fianco di Ranocchia, ma ceduto a titolo definitivo al Genoa nell'affare Motta-Milito.

Alzi la mano chi non si è pentito, in Corso Vittorio Emanuele, di aver avallato questa cessione oggi che Bonucci sta dimostrando di valere palcoscenici ben più blasonati del San Nicola (senza offesa). Riacquistarlo sarebbe l'ennesima ammissione di colpevolezza, che arriva dopo quella di Pandev (occhio, l'antifona vale anche per Andreolli, anche lui sulla strada di ritorno...). Anche questa è una lezione per il futuro, mai strappare completamente il cordone ombelicale, a meno di causa di forza maggiore.


Altre notizie
Domenica 15 dicembre