Arbitri ma non solo. Sono quattro le questioni che ora richiedono autocritica
No al vittimismo. In quella che è da annoverare come la stagione più assurda della recente storia nerazzurra, paragonabile solo a quella ‘98/’99 con ben quattro allenatori alla guida della squadra, quella relativa ai danni patiti per mano della classe arbitrale è solo una fetta della torta dal retrogusto amarissimo che i tifosi stanno masticando. Le motivazioni per una situazione del genere, che oggi vale il sesto posto come il piazzamento finale della scorsa stagione, sono tante e tutte egualmente determinanti. Giusto dunque, dopo il dossier sui torti arbitrali, sottolineare anche le concause che hanno portato a una condizione deficitaria che lascia sperare ben poco da qui al termine della stagione.
MERCATO – Facile parlare con il senno di poi, ma è chiaro sotto tutti i punti di vista che il mercato estivo, così come quello invernale di riparazione, non abbiano sortito gli effetti sperati. Apparentemente la rosa messa a disposizione di Stramaccioni a luglio/agosto era di buon livello, per quanto inadatta alle esigenze tattiche dell’allenatore (senza esterni, niente 4-2-3-1). Spiccavano però due enormi lacune: le assenze di un vice-Milito e di un centrocampista ‘geometra’, che sapesse dettare i ritmi per i compagni. Due figure che nel tempo sono mancate tremendamente e a gennaio solo un gap, quello del regista (Kovacic), è stato colmato per quanto con l’arrivo di un giovane ancora da valorizzare. La mancanza di un attaccante centrale si è sentita soprattutto nel momento in cui, a inizio febbraio, il ginocchio di Milito ha fatto crack e in rosa non c’era nessuno in grado di sostituirlo adeguatamente, con ovvie nefaste conseguenze. Troppi, inoltre, quei giocatori in rosa che nel momento del bisogno si sono rivelati incompleti tecnicamente e caratterialmente e sui quali a fine stagione andrebbero fatte le dovute valutazioni.
INFORTUNI – Di conseguenza, si passa all’altro motivo determinante di questa crisi: gli infortuni. Sovente l’Inter ha patito assenze importanti nelle stagioni precedenti, ma mai come quest’anno la sfortuna ha preso di mira la rosa nerazzurra. Quelle di Palacio e Cassano sono solo le ultime due disgrazie occorse alla squadra (infortuni muscolari praticamente identici nel giro di quattro giorni), ma già in precedenza la moria è stata plateale. Al di là dei vari Chivu, Stankovic e Samuel, ai box a lungo per problemi che faticavano a risolversi, va registrata anche la fine anticipata della stagione di Milito, Mudingayi e Obi. Autentiche mazzate che hanno compromesso la stabilità del gruppo e che, in parte, hanno messo sotto accusa lo staff tecnico dell’Inter, che evidentemente, almeno per i problemi muscolari che a turno un po’ tutti hanno patito, ha le sue enormi responsabilità. Di fatto, dal 3 novembre 2012 Stramaccioni non ha mai più avuto la rosa al completo e le assenze, dopo aver falcidiato la difesa, hanno demolito il reparto offensivo, oggi ridotto al solo Rocchi (la quinta punta di partenza).
SCELTE TATTICHE – Probabilmente è il meno colpevole di questa situazione, ma anche Stramaccioni ha le sue responsabilità. Da esordiente gli sono stati perdonati alcuni errori, ma non si può certo negare che diverse sue valutazioni nella scelta degli uomini e nella loro disposizione in campo siano costate molti punti. Su questi svarioni ha pesato senza dubbio l’impossibilità di disporre di gran parte dei giocatori funzionali al suo progetto tattico, che settimanalmente perdeva pedine senza ricambi all’altezza. Inoltre, i continui cambi di modulo, per quanto necessari, non hanno giovato all’organizzazione della squadra che spesso si è trovata spiazzata dal camaleontismo dell’allenatore. La striscia di 10 vittorie consecutive, conclusasi a inizio novembre, ha illuso tutto l’ambiente creando aspettative esagerate. Mai però Stramaccioni si sarebbe atteso un crollo così verticale, dovuto a fattori esterni ma anche ai tanti, troppi primi tempi concessi agli avversari per decisioni tecnico-tattiche fuori luogo e pagate a caro prezzo.
LACUNE DIRIGENZIALI – Dall’allenatore alla società. Al di là degli errori in sede di mercato, con mancati arrivi funzionali alle esigenze di Stramaccioni e con l’ingaggio di giocatori rivelatisi inadatti a esse, uno dei veri problemi in casa Inter è sempre l’assenza di un personaggio forte che rappresenti il club nella buona e nella cattiva sorte davanti a telecamere e taccuini. È assurdo che sia Moratti ogni volta a dover commentare quanto avviene nella sua squadra, cercando, lui che è il tifoso numero uno, di essere sempre politically correct per non alterare determinati equilibri. Il presidente da tempo ha auspicato l’ingresso in società di un volto che potesse farle da scudo, come abitudine di Mourinho, nei momenti difficili. Figura che, ad oggi, non c’è perché i vari Fassone, Branca e Ausilio raramente si concedono ai media per difendere la propria società. Vige il silenzio anche quando bisognerebbe urlare e all’esterno in troppi se ne approfittano. Poi capita che, come dopo Inter-Atalanta, Moratti esploda e scateni un tourbillon di commenti negativi nei suoi confronti, il tutto senza filtraggio. Se devono essere lui e Stramacccioni (se non addirittura Bonolis!) a mettere la faccia di volta in volta, significa che qualcosa non funziona.
ARBITRAGGI – Infine, il fattore esterno per eccellenza, quello che nel contesto creato dalle cause sopra citate ha un peso specifico terrificante: l’atteggiamento degli arbitri. A prescindere dalle motivazioni dello stesso, su cui si potrebbe discutere per ore senza mai arrivare a una verità assoluta, è lapalissiano che in questa stagione l’Inter., tra le grandi (storicamente parlando), sia stata letteralmente malmenata dalla classe arbitrale. Tanti, troppi gli episodi contrari, tutti nati dopo la splendida vittoria del J-Stadium, anch’essa macchiata da un arbitraggio vergognoso. Da allora i nerazzurri hanno avuto solo modo di lamentarsi per il trattamento riservato loro dal direttore di gara di turno, proseguito poi in maniera crudele anche sul fronte squalifiche che, unite agli infortuni, hanno acuito gli scompensi nella rosa di Stramaccioni. L’allenatore dopo il successo nella Torino granata ha condannato il termine ‘provinciale’ attribuito al gioco della sua squadra. Eppure, spiace sottolinearlo, troppe volte gli arbitri hanno condannato l’Inter sul campo come se fosse l’ultima delle neopromosse. Da questo punto di vista i conti non tornano ed è giusto sottolinearlo, pur sapendo che non cambierebbe nulla e che, comunque, le proteste debbano essere accompagnate da autocritica. Altrimenti non si può cercare di migliorare sin dalla prossima stagione.