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Banega-Icardi. Ma anche Gabigol, Kondo e Zhang: le stelle di un dolce natale

di Christian Liotta

Perché va bene, contro il Genoa la squadra ha vinto ma non ha assolutamente convinto, i due gol sono arrivati in maniera fortuita e via cantando. Perché va bene, contro il Sassuolo l’Inter ha fatto vedere anche qualcosa di interessante senza soffrire oltremodo ma con tutta la tara necessaria da fare ad un avversario che aveva fuori mezza formazione titolare o giù di lì. Va bene questo, va bene quell’altro, va bene ogni scusante possibile… Ma se quella di ieri sera doveva essere la partita delle risposte definitive, allora l’Inter ha risposto convinta, decisa, entusiasta: sì, ci siamo. E in barba anche a chi non dice che una rondine non fa primavera: i nerazzurri avevano di fronte una delle squadre più in forma dell’intero campionato, la Lazio di Simone Inzaghi, ed è stata capace di schienarla con una prestazione lodevole. Anche in barba allo stesso tecnico Stefano Pioli che alla vigilia aveva detto di volere vincere senza badare troppo alla bellezza del gioco: l’Inter ieri si è concessa questo e anche quell’altro.

TANTI CORPI E UN’ANIMA – Vedere gare del genere, a voler esprimere lo spirito dei più ‘masochisti’, alimenta magari il rammarico di aver perso forse quattro mesi dietro beghe allucinanti consegnando poi al nuovo allenatore un compito improbo, quello di provare a capirci qualcosa in una situazione che sembrava un rebus irrisolvibile. Lui, però, non si è tirato indietro, e si è armato di tanta santissima pazienza per cominciare a ricostruire magari non dalle macerie ma da una casa costruita solo sulle fondamenta e senza nemmeno un angolo di muratura: ci sono stati degli scivoloni inevitabili anche se a volte imperdonabili, e anche quando la squadra ha iniziato bene o male a far vedere qualche piccolo segnale di ripresa, inevitabili saltavano all’occhio ancora certi erroracci. Francamente era difficile pensare che al cospetto di una Lazio che, derby a parte, arrivava a San Siro in un grande momento di forza, l’Inter potesse di colpo esplodere in una bomba d’energia capace di travolgere tutto e tutti. L’inizio dei biancocelesti spaventa, Ciro Immobile dopo un minuto chiama Samir Handanovic al grande intervento, ma poi l’Inter prende le misure, comincia a lavorare ai fianchi l’avversario, e nella ripresa la rete del vantaggio con la conclusione supersonica di Ever Banega e da lì in poi non si ferma più: altri due gol e un crescendo rossiniano nella prestazione che non può che far sperare che nella sera in cui passava l’ultimo treno utile per poter pensare ad un ritorno nella corsa all’Europa che conta l’Inter abbia finalmente preso il biglietto di prima classe. Dimostrando di avere idee, identità, soprattutto un’anima, come dirà Pioli nel dopo partita.

LA SERA DEI MIRACOLI – L’anima ritrovata di un gruppo si vede anche e soprattutto nelle esplosioni dei singoli, tutte insieme e tutte provenienti dai giocatori sin qui più discussi. Ever Banega, tanto per fare il primo nome (anche perché di Mauro Icardi che fa 2 gol con meno di 20 palle toccate forse è anche superfluo dire qualcosa): impatto difficile con la realtà italiana, ma vista anche la situazione contingente era difficile pensare che il Tanguito potesse davvero essere l’elemento in grado di togliere sempre le castagne dal fuoco. Già in odore di taglio, chiamato alla prova del fuoco, l’ex Siviglia disputa un primo tempo così così ma ad un certo punto in lui qualcosa scatta: vede Sergej Milinkovic-Savic cincischiare su un pallone abbordabile e come un condor si avventa a strapparglielo via, per poi caricare una cannonata che incendia le mani a Federico Marchetti. Il lampo che ti cambia di sicuro la serata, chissà, magari la stagione. Prendiamo poi Geoffrey Kondogbia: nella sera della sua potenziale ultima chance si ricorda di essere stato un giocatore da migliore undici di Champions League, e lo fa partendo dalle cose più semplici: aiuta in difesa, gestisce il pallone senza troppi fronzoli, per poi regalarsi anche numeri strappa-applausi e finire provando a fare male in attacco. E ancora, in ordine sparso: Danilo D’Ambrosio che non vogliamo scomodare paragoni importanti ma oggi sulla destra ha fatto il diavolo a quattro, Yuto Nagatomo che entra e si regala alcune giocate di spessore. E infine, Gabigol che nel suo cammeo di quattro minuti si prende l’ovazione per un grande recupero difensivo e per una rabona al secondo pallone toccato. Che gli è valsa un piccolo rimbrotto da parte del tecnico, ma è sintomatica di un ragazzo che ha voluto godere anch’egli di una serata sì, forse davvero miracolosa. Perché visti i preamboli, vedere un’Inter così sembra davvero un miracolo di Natale.

DRAGONE IN FESTA – E poi, c’è lui. Lui che quando è in tribuna ad osservare la sua Inter non tradisce mai. Zhang Jindong si è goduto appieno questa giornata, iniziata ad Appiano Gentile con un messaggio di incitamento a tutto il gruppo e proseguita a San Siro, dove in compagnia del figlio Steven ha assistito ad un bello spettacolo, bel regalo per il neo 25enne rampollo di famiglia. Lasciandosi anche andare ad un’esultanza da vero appassionato in occasione della prima rete di Mauro Icardi. Niente male, per un proprietario al quale troppo spesso si rimprovera, se non poco sentimento per un mondo come quello del calcio, almeno una distanza non solo geografica dal pianeta Inter. Come se non bastassero ancora la presenza costante del figlio, al quale chiede puntualmente report sullo stato di salute della squadra anche curandosi poco della sua di salute, o i suoi uomini di fiducia tra Appiano Gentile e Milano. E a proposito di Appiano Gentile: l’operazione di brand naming del centro sportivo rappresenta indubbiamente un salto nel futuro importante che porta benefici sul piano economico e dell’immagine internazionale, con buona pace di nostalgici (che faticano a capire che la memoria di Angelo Moratti e Giacinto Facchetti rimane intonsa) e ipercritici. La famiglia Zhang non è solo freddo business, è una famiglia che pare aver capito i valori dell’interismo e che pare vivere il calcio con la giusta passione. E agli interisti siamo certi che piace così.

NIENTE DEJA-VU – L’anno scorso, di questi tempi, l’Inter si leccava le ferite per un ko contro la Lazio che avrebbe scatenato l’implosione della banda di Roberto Mancini. Quest’anno, la situazione si capovolge: vittoria entusiasmante contro i biancocelesti e classifica che torna a sorridere. Ma guai a farsi prendere dalle illusioni e dalla facile euforia: come ha sottolineato anche Mauro Icardi dopo la partita, l’errore più grande, mai come quest’anno, sarebbe quello di mandare nuovamente tutto all’aria. Sarebbe un crimine specie adesso, con Pioli che pare avere trovato una buona medicina ricostituente. Arriva ora la sosta di Natale, come sempre benedetta o vituperata a seconda dei punti di vista; arriva soprattutto l’occasione di mettere definitivamente in ordine tutti i dati in mano al tecnico per affidargli la migliore squadra possibile. E ripartire nell’anno nuovo col piede giusto. Perché sul treno per l’Europa l’Inter è riuscita a risalire, ora bisogna fare il viaggio più lungo possibile. 


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