Bastoni: "Gasperini fondamentale, Conte mi ha consacrato. I momenti no? Bisogna essere bravi a reagire"
Fonte: Gazzetta dello Sport
La Gazzetta dello Sport oggi propone un'anteprima del libro 'Non è solo fatica, è amore', edito da San Paolo, scritto da Monsignor Dario Viganò e Valerio Cassetta. Tra i protagonisti, anche l'interista Alessandro Bastoni che ripercorre i suoi inizi nell'oratorio, tra gioie e delusioni.
Alessandro, il suo percorso è partito in un oratorio.
"È iniziato per gioco e per passione. Ero un bambino molto timido, introverso. Poi sono cambiato con il tempo. Forse facevo fatica anche a relazionarmi con gli altri miei coetanei, ma giocando lì si è azzerato ogni tipo di pregiudizio e di problematica. Erano bei tempi. E oggi sono convinto che se sono diventato così lo devo sicuramente a quell’inizio, all’oratorio, inteso come luogo, ma anche come comunità di persone, dagli animatori ai compagni, che mi hanno aiutato a crescere con sani valori. Sarò per sempre grato a loro".
Nella sua carriera ha avuto diversi allenatori. Ce n’è uno in particolare che le ha lasciato il segno?
"Fare il nome di un solo allenatore sarebbe ingeneroso nei confronti di tutti i tecnici che mi hanno allenato. Ognuno mi ha lasciato qualcosa di importante, un segno, un valore che porterò sempre con me. Poi chiaramente nel grande palcoscenico della Serie A, Gasperini è stato fondamentale per me. Perché? Uno che ti chiama in prima squadra quando hai 16 anni te lo ricordi. E all’epoca giocavo nell’Atalanta che puntava già all’Europa. Gli riconosco il coraggio di aver puntato su un giovane e il merito di averci creduto, forse ancor prima di me. Sapendo che c’è qualcuno che crede in te è più facile poter ripagare la fiducia".
Con Antonio Conte invece come è andata?
"Con lui è arrivata la consacrazione, coincisa con l’arrivo all’Inter. È come se avessi fatto un salto di qualità. Conte è un trascinatore, un motivatore, che fa delle richieste precise ai suoi giocatori cercando di trasferire una mentalità vincente. Gli devo tanto".
Successi, gratificazioni e luci della ribalta. Ha mai attraversato un momento no?
"Eccome. La mia vita è sempre stata fatta di sacrifici, condivisi dalla mia famiglia che mi ha sempre assecondato. Senza una base familiare solida, si fa fatica a raggiungere certi risultati. Poi anche mio padre è stato calciatore. Dice ancora oggi di essere stato più forte di me, riconoscendo che non aveva la mia testa. Mi ha consigliato, mi ha sostenuto. Posso dire con gioia di aver un grande rapporto con lui. Anche con mamma ho un bel rapporto. La sento sempre vicina. Da piccolo le giornate erano toste. Andavo a scuola presto e tornavo a casa solo la sera tardi dopo l’allenamento. Una bella fatica. Momenti no? Possono capitare dei momenti negativi, un problema imprevisto o un infortunio. Bisogna essere bravi a reagire, bisogna trovare la forza dentro se stessi e aggrapparsi alla fede. Per raggiungere un obiettivo occorre lavorare duramente. Non sempre ci si riesce, ma è importante provarci".
Senti la responsabilità di essere un modello per i più giovani?
"Fa sicuramente piacere. Anche io da bambino ammiravo i calciatori all’epoca in attività. Non sempre gli atleti hanno dei comportamenti esemplari, ma è importante che lancino dei messaggi positivi. Ai ragazzi di oggi posso dire di impegnarsi, di divertirsi ma di avere sempre un piano B, un’alternativa da percorrere e di non rinunciare a studiare. La formazione è fondamentale".
Lo dirà anche a sua figlia, Azzurra Agnese? E perché si chiama così?
"La mia migliore amica si chiamava così e ho voluto omaggiarla È stata mia compagna di scuola, dall’asilo fino alla seconda superiore, poi purtroppo morì. La notizia della sua morte mi sconvolse. Ero in Norvegia, con la Nazionale U16. Mi arrivò un messaggio di mio padre dandomi il triste annuncio. Eravamo legatissimi. Un momento terribile. Per me è come se non fosse mai andata via. Prima di andare a letto penso a lei, prego, cerco di parlarle. Cose del genere ti fanno capire davvero quali sono le cose importanti della vita, quelle essenziali, che contano realmente".