Bastoni: "Pensavo di non valere l'Inter, ora sogno trofei e la fascia. Se si torna a giocare, siamo in corsa per tutto"
Fonte: Gazzetta dello Sport
Lunga intervista della Gazzetta dello Sport ad Alessandro Bastoni, con il giovane difensore nerazzurro che spazia su vari argomenti, dall'emergenza coronavirus all'impatto nel mondo Inter. Ecco alcuni passaggi.
Perché pensava di non essere all'altezza dell'Inter?
"Conte mi chiamò prima di arrivare in ritiro. Mi tenne al telefono 15 minuti, mi disse “di cosa ti preoccupi? Se sei all’Inter c’è un motivo, presto lo scoprirai. Sei qui perché ti ho voluto io”. Ero spaventato, avevo paura di non essere all’altezza del grande salto. Poi ho capito che non importava il cognome. E che i compagni erano tutti come me, con le mie stesse forze e le mie stesse debolezze".
L’esordio, a Genova.
"In settimana avevo avuto qualche sensazione... Conte non mi disse nulla, è la sua forza. Mi trattò come uno che giocava nell’Inter da 15 anni".
Emergenza coronavirus: si tornerà a giocare in questa stagione?
"Vorrei, è la mia e la nostra speranza, scendere in campo il prima possibile. Ma la priorità adesso è la salute di tutti".
Il suo prossimo traguardo è l'Europeo del prossimo anno?
"No, il traguardo me lo tengo per l’Inter: tengo a questo club, voglio vincere qui. E, se si torna a giocare, siamo ancora in corsa su diversi fronti per farlo già in questa stagione".
Il ricordo di Agnese.
"Era la mia migliore amica, l’ho persa nel 2015, dopo un incidente. Quando è successo non c’ero neppure, ero in Bulgaria con l’Under 17. Non avevo con me la famiglia, né gli amici, non ho mai compreso fino in fondo le mie sensazioni. Mi era crollato il mondo addosso. A me che a Piadena, paese di 3mila anime, ero per tutti il forte del gruppo. Sono ripartito, quell’esperienza mi ha cambiato, da lì ho trovato la forza per risalire. Ad Agnese sono dedicate le mie esultanze braccia al cielo, gesto che porto tatuato sulla spalla".
Di lei fino a poco tempo fa si parlava solo per sua valutazione: 31 milioni, mister plusvalenza la chiamavano...
"Non me sono mai preoccupato. Sa come è andato il mio trasferimento all’Inter? Il mio procuratore, Tinti, mi convoca all’autogrill a Parma. Scendo dall’auto, inizia a parlare, mi fa “ti vuole l’Int...”. Non l’ho fatto neppure finire, “sì sì, andiamo”. Dei 31 milioni ho saputo dopo".
Cosa non le piace, del calcio?
"Che si generalizzi: per la gente calciatore vuol dire ignorante, superficiale, caprone. E se è così è per colpa di qualche collega che fa più notizia di altri...".
Dove si vede tra 10 anni?
"All’Inter, con qualche trofeo in bacheca. E magari capitano".