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Beccalossi: "L'Inter fa grandi cose da quattro anni. I nuovi si ambientano subito, questo significa..."

di Christian Liotta

Evaristo Beccalossi si racconta. E lo fa tramite un libro, dal titolo 'La mia vita da numero 10', scritto con la giornalista Eleonora Rossi, nel quale il Becca racconta tanti aneddoti del suo vissuto calcistico e non solo. Intervistato dal Corriere della Sera - Milano, Beccalossi medita quando gli viene chiesto se gli piacerebbe giocare nel calcio di oggi: "Allora l’auto grossa non era indispensabile, non era uno status symbol. Ottantamila persone che a San Siro chiamano il tuo nome per me era tutto. Non vivo per l’apparenza. Ringrazio che sono riuscito a essere protagonista allora. Giocare oggi? Oggi sono atleti più completi".

Lei a che squadra teneva?
"A nessuna. Da bambino andavo a vedere il Brescia, con mio padre. L’Inter è nel mio cuore ma non sono tifoso di nessuna squadra. Davvero".

Dei suoi compagni con chi ha legato di più?
"Con Oriali perché eravamo più simili e con Spillo Altobelli. Con lui eravamo molto diversi, ma c’era qualcosa di magico che ci teneva uniti".

Lei che è capo delegazione della Nazionale di calcio Under 19 e Under 20 ha criticato spesso l’eccesso di giocatori stranieri in Italia. Come si risolve?
"Si dice sempre che è il momento di puntare sugli italiani. Ma, anche se io ho imparato molto dagli stranieri, bisogna dare più fiducia ai nostri giovani. Oggi quando arrivano nella Primavera sono già pronti. Bisognerebbe cambiare le regole e reintrodurre un tetto agli stranieri».

Lei ricorda San Siro con le gradinate dei popolari con il pubblico che sedeva sui cuscinetti di gommapiuma (che venivano tirati in campo per protesta), io posso aggiungere il freddo cane, la nebbia e la pioggia. Lo stadio di oggi è, al confronto, un salotto. C’è bisogno di farne un altro?
"San Siro è la Scala del calcio, ma i tempi si evolvono. All’estero ci sono stadi che sono come teatri. Non c’è paragone".

Cosa pensa della sentenza della Corte di giustizia europea sulla Superlega?
"Io sono per le innovazioni. Ai miei tempi c’erano i presidenti-mecenati, Agnelli, Moratti, Berlusconi. Oggi non è più così e bisogna cogliere tutte le opportunità".

Chiusura sul pari di Genova. 
"Può capitare. L’Inter sta facendo grandi cose da quattro anni. In più, rispetto al passato, i nuovi arrivati si ambientano subito, sembra che giochino da anni nell’Inter, segno di una organizzazione societaria ottima".

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