Benitez: "Moratti un signore, ma troppo emotivo. Avevamo un piano: tre top-player più i giovani. Coutinho e la vecchia guardia? Vi spiego"
Fonte: Gazzetta dello Sport
"Nel calcio è importante divertirsi, ma è fondamentale vincere. Con Ancelotti e Allegri, di recente, abbiamo concordato su questo: diciamo che la pensiamo alla stessa maniera". Torna a parlare di calcio italiano Rafa Benitez, e lo fa alla Gazzetta dello Sport. Ampi richiami anche al passato interista per il tecnico spagnolo del Newcastle.
Ma Sarri non ha ancora vinto...
"Dettagli. In Premier il suo Chelsea sta facendo bene mostrando il bello del suo calcio: Sarri ha grandi meriti. Ma ha pure trovato un’ottima base: il lavoro di Conte negli anni precedenti. Il Chelsea di Conte esprimeva un calcio più meccanico ma giocava bene. Ora con Sarri i Blues palleggiano di più. E divertono".
E Guardiola in tutto ciò?
"Ha calciatori fortissimi e tutto per primeggiare. Pure lui è cambiato, ora il suo gioco è più verticale. S’è adeguato alla Premier: qui è tutto più veloce, serve più forza. Il tiqui taca si è evoluto".
E Mou come lo vede?
"Ha vinto tanto, ha sempre avuto il meglio. Come discuterlo?".
Con Moratti qualcosa andò storto.
"Alla fine insieme abbiamo vinto due titoli (Supercoppa Italiana e Mondiale per club, ndr) ed è la priorità per chi fa questo lavoro: vincere con i giocatori che abbiamo a disposizione. Moratti resta un signore, innamorato della sua Inter anche se forse un po’ troppo emotivo".
In che senso?
"Per i suoi giocatori dava tutto, poi bastava un risultato storto e s’innervosiva. Arrivammo a Brema già promossi in Champions e decisi di schierare i giovani per risparmiare i titolari in vista del Mondiale per club. Lo avvisai e fu d’accordo. Ma perdemmo e si lamentò con la stampa".
Soprattutto non le diede i rinforzi per svoltare dopo il Triplete.
"C’era il problema del fair play finanziario, ma lo seppi a mercato chiuso. Peccato perché con Branca, Ausilio e il presidente avevamo stilato un bel programma triennale".
Quale?
"Puntare su tre giocatori di peso. Poi si era concordato di acquistare tre italiani con meno di 25 anni e altri tre under 21 di prospettiva importante".
Qual era il criterio?
"Avevamo visto i dati della stagione precedente. In rosa c’erano 15 giocatori con più di 30 anni e un’alta percentuale di infortuni. Per aprire un nuovo ciclo era fondamentale puntare gradualmente sui giovani".
Tra cui Coutinho.
"Lo lanciai subito. Fu un bel colpo di mercato, si vedeva che aveva i numeri. Se un calciatore ha qualità deve giocare: non bisogna guardare la sua carta d’identità".
Molti dicono che lei andò via perché vinse la vecchia guardia.
"Non è vero. Ebbi l’appoggio del nucleo storico: Zanetti, Cordoba, Milito, Walter Samuel, Cambiasso e dello stesso Eto’o che con me fece 18 gol. Peccato non aver avuto il tempo per andare oltre le due vittorie nelle coppe. Diciamo che forse papà Moratti non se l’è sentita di staccarsi dai suoi pupilli. Ma ormai è andata in quella maniera. L’importante è che ora l’Inter sia tornata competitiva".
Cosa le manca per vincere?
"Che la Juve sbagli qualcosa. Ora sono una super-potenza: è molto più difficile scalzarli".
Le piace il lavoro di Mancini in Nazionale?
"Intorno a Bonucci e Chiellini sta nascendo un bel gruppo. A me piace molto Verratti, con Insigne e Jorginho può aiutare i giovani a crescere in fretta".
Tornerebbe ad allenare in Italia?
"Ho ancora voglia di lottare per vincere dei titoli e alzare trofei, di competere ai massimi livelli. E la Serie A italiana è uno dei campionati piu importanti del mondo. Inoltre ho il vantaggio di parlare la lingua, di conoscere e ammirare la cultura italiana: questo aiuta. Quindi non si sa mai in futuro cosa potrà accadere".
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