Bentornati a Gotham City. Conte, niente cambi e solo due presenti: di risposte non ce ne sono
È notte fonda per l’Inter di Antonio Conte. Altri due punti gettati al vento, altra prestazione da dimenticare: la squadra perde sé stessa fin dal primo minuti e, di botto, tutti i nodi son venuti al pettine. Il campo afoso e pieno di zanzare di Verona si trasforma presto in Gotham City, la città in cui ognuno è colpevole e basta poco per passare dal lato del torto. Lo sa bene Skriniar che dopo una manciata di secondi dal fischio d’inizio battezza il suo rientro dopo tre giornate di squalifica perdendosi Lazovic sulla fascia e concedendogli lo spazio e l’angolo giusto per insaccare un altrettanto colpevole Handanovic.
L'Inter è sotto shock ma riesce a riemergere dagli abissi, dopo un primo tempo orribile. Il Verona sembra arrendersi, ma qualcosa s'inceppa: l'Inter non riesce a dare il colpo del KO, Conte forse aspetta (ancora?) troppo a far rifiatare alcuni elementi della squadra in evidente debito d'ossigeno e, beffardo, arriva il gol che condanna l'Inter al quarto posto. Come dicevamo? Tutti colpevoli.
SOLI - Nei primi 45’, l’Inter si regge sulle fiammate di due giocatori. Alexis Sanchez e Romelu Lukaku sono l’unica scarica elettrica che percorre un’Inter fiacca, senza molte idee. Il centravanti belga è la boa attorno cui si avviluppano le speranze della squadra: fa a sportellate con Kumbulla, cerca la sponda per i compagni che faticano a giocare alla sua intensità. Nel frattempo, Juric viviseziona gli schemi di Conte, prima sovraccaricando il lato sinistro e poi sfruttando la posizione ibrida di Pessina, lasciato a ricevere fra le linee, alle spalle dei difensori.
Potrebbe essere il colpo del KO, perché a metà della prima frazione il Verona colleziona un paio di palle gol che fanno tremare Handanovic, ma l’Inter regge e veleggia verso la fine del primo tempo in un clima di tensione palpabile. I ragazzi di Conte, tuttavia, continuano a sentirsi soli: le solide connessioni del gioco di posizione sembrano essersi sfilacciate e l'ingranaggio centrale della perfetta macchina interista sembra essersi perso. Si rivede, timido, in qualche occasione, come quando un irriconoscibile Brozovic arriva al tiro da fuori area, dopo una bella costruzione laterale sulla catena Young-Sanchez-Lukaku. Poi, il nulla.
DUE FACCE - Di supereroi con il mantello non se ne sono visti, in quel di Verona. È uscito allo scoperto uno dei villain della città, Due Facce, con la maglia dell’Inter. Nella ripresa, la squadra di Conte si scrosta il torpore e va all’attacco con decisione. Lukaku è il centro di gravità della squadra e lo dimostra nell’azione del primo gol, con la sua sassata di destro che funge da assist involontario per Candreva. Poco dopo è una sgroppata dritto per dritto di Gagliardini a spaccare il Verona: palla sempre a Candreva che, cercando Lukaku, colpisce Dimarco, favorendo il più goffo degli autogol. Finita? Non ancora, perché l’Inter non riesce a mettere in ghiaccio la gara e si prepara per l’ultima trasformazione della serata.
Quando esce Lukaku per un sospetto problema all'adduttore, Sanchez continua il moto perpetuo che ha contraddistinto i primi 70' della sua gara. Insieme a Big Rom, è stata lui la chiave con cui l'Inter ha scardinato le certezze del Verona. Una prestazione fatta di piccole vittorie, sulle seconde palle o nei corpo a corpo con gli avversari, ma di una quantità pazzesca. Sanchez è stato il miglior complemento possibile per un Lukaku che altrimenti avrebbe predicato nel deserto. La Maravilla si è proposta anche a Lautaro quando il Dieci interista è riuscito a scappare palla al piede alla difesa dei padroni di casa. Ma il Toro, volenteroso e impreciso, ha chinato la testa e ha provato la gloria personale anziché azzardare un passaggio verso il cileno. Fine dei giochi, perché dopo quell'occasione sbagliata Veloso pizzica l'ennesimo errore stagionale dell'Inter a difesa schierata e condanna l'Inter ad un'altra serata amara.
RISPOSTE - Se al Bentegodi Conte cercava risposte, la caccia è ancora lunga. La squadra sembra avere un rigetto dei diktat del tecnico che tanto avevano fatto sognare i tifosi nei primi mesi di Serie A: la circolazione del pallone è lenta e farraginosa, gli interpreti che si esaltavano nelle situazioni di gioco disegnate dal tecnico salentino faticano a ritrovarcisi. Avere sempre gli uomini contati a centrocampo e sugli esterni certamente non aiuta, ma tant’è: tutte le squadre stanno affrontando gli stessi problemi e nelle ultime gare l’Inter ha avuto a che fare con avversari cui poteva giocarsi meglio le sue chance.
Quel che fa più male sono i venti punti persi da situazione di vantaggio. Un’enormità, solo Brescia e Torino (due squadre invischiate nella zona retrocessione) hanno fatto peggio. Basti pensare che con la metà di questi punti gettati al vento, l’Inter sarebbe prima a pari punti con la Juventus. Un peccato enorme, che simboleggia quanto la strada verso il successo possa essere quella giusta. Serve perseveranza e la giusta intelligenza per scegliere le strade giuste ai bivi che inevitabilmente si stanno delineando all’orizzonte dell’Inter: capire chi può far parte di questa rosa, quali sono i giocatori cui chiedere di più o, ancora, se è il caso di studiare un piano B qualora la difesa a 3 continuasse a mostrare dei limiti evidenti e per quanto riguarda la tenuta fisica della rosa, che è sempre crollata sul più bello, e per quanto riguarda l’esaltazione dei singoli.
L'alba è ancora lontana, a Gotham City. Soprattutto quando non c’è un pipistrello armato fino ai denti pronto a salvarti. Al momento l’Inter non ha nulla a cui aggrapparsi, se non l’etica del lavoro del suo allenatore e l’unità di un gruppo che deve dare prova anche nelle avversità di poter concludere degnamente una stagione che, questo sì, era iniziata con tutt’altro auspicio.