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Bergomi: "Adesso lascio andare le lacrime e cresce il senso di appartenenza all'Inter. Ma c'è una cosa che rimpiango. Ora servono due acquisti"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Gazzetta dello Sport

Ieri Beppe Bergomi, nato a Milano il 22 dicembre 1963, ha spento 62 candeline. Lo Zio parla di sé stesso e di Inter in un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.

Qual è il regalo più bello che le ha fatto la vita, escludendo il calcio e la famiglia?
"Ho capito di dover restituire qualcosa della fortuna avuta quando ho incontrato sulla mia strada un uomo come Romano Parnigoni: è il fondatore, scomparso anni fa, dei “Bindun”, un gruppo di solidarietà interista nato nel 1982. In milanese significa “girovaghi” e infatti non ci siamo più fermati".

Se potesse tornare indietro e dare un consiglio al Beppe 17enne che sta per esordire nell’Inter?
"Gli direi che quell’età non torna... Magari avrei potuto viverla in una maniera diversa e spensierata, ma non sento alcun rimpianto: sono diventato subito professionista, la mia esistenza è stata scandita dal calcio e mi è piaciuto così. E ora che l’età cresce, mi emoziono più facilmente per tutto: basta un bel gol o una partita folle come Inter-Barça. Ho sempre tenuto tutto dentro, e nella vita mi ha penalizzato: ora invece lascio andare anche le lacrime".

C’è un momento in cui si è accorto di “essere l’Inter” e non di giocare per l’Inter?
"Da subito. Da quando mi hanno dato il primo borsone nelle giovanili con dentro una maglia di lana con righe grandi, nere e azzurre, che ricordavano la grande Inter: fu una folgorazione. Ancora adesso, quando qualcuno davanti a me insinua qualcosa, io rispondo così: “Ricordatevi chi sono io, io sono l’Inter”. Più vado su con l’età, e più questo sentimento di appartenenza è forte, anche se come commentatore resto professionale e distaccato. Il punto è che ricordo davvero tutto della mia vita nerazzurra: in una delle chat coi miei ex compagni, dal nome “Inter Trap”, Paolo Stringara mi ha da poco sfidato a riconoscere tutti quelli che comparivano in una nostra foto in un torneo del 1978 a Rimini: avevo 15 anni, ne ho sbagliato solo uno".

L’Inter le ha dato tantissimo, ma cosa le ha tolto?
"Quando ho smesso stavo ancora molto bene, ma allora mi fecero capire che dovevo andarmene... È vero che ho iniziato a lavorare subito in tv, ma non mi è stata data la possibilità di iniziare ad allenare nel settore giovanile del club del mio cuore, come è stato concesso a tanti".

C’è una scelta, un sacrificio, fatto per l’Inter che le ha dato particolarmente orgoglio?
"Avevo 20 anni, Trapattoni dalla Juve mi chiese di andare là e, quando gli dissi che non me la sentivo, mi rispose “fai bene”. In un’altra epoca, negativa, avevo ricevuto dei sondaggi di Roma e Lazio, e Bagnoli mi disse in milanese: “Ti te stè chi”, “tu resti qua”. Quando passi tanto tempo in una squadra che vince poco, allora guadagni rispetto e amore".

La sua Inter vincerà lo scudetto? E l’Italia andrà al Mondiale?
"L’Inter può farcela, ma non è la squadra più forte del campionato: è ed è stata solo la più brava, quella che gioca meglio. Certo, servirebbe un acquisto a destra e un giocatore di fisico in mezzo per avere più certezze. Sul Mondiale dico di sì, andremo: la pressione sarà enorme, ma riusciremo a gestirla".


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