.

Chivu: "Roma-Inter sarà battaglia, ma i giallorossi hanno un problema. Adoro Bastoni e ho visto come si allena Mkhitaryan. Quando Inzaghi fa turnover..."

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Gazzetta dello Sport

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Cristian Chivu, fino a qualche mese fa allenatore della Primavera nerazzurra, parla anche di Roma-Inter ormai alle porte, partita che lui vive da doppio ex.

Pronostico chiuso?
"No, perché di fronte ci sono due squadre con tante individualità che possono incidere nella singola partita. Ragionando in assoluto, però, l’Inter ha una identità di gioco precisa: la crescita del gruppo è stata eccezionale, sotto ogni punto di vista. Giocano quasi a specchio, ma in realtà è un’illusione. Juric ama le marcature a uomo. E allora dico: sarà proprio quella la chiave tattica della partita di domenica. Il risultato dipenderà da quello che la Roma riuscirà a fare marcando uomo su uomo ovunque. Il problema per i giallorossi è che solitamente proprio di fronte a squadre che giocano in questo modo l’Inter sa dare il meglio. Soprattutto per merito di quei due".

A chi si riferisce?
"A Thuram e Lautaro. Sono due maestri nei movimenti, nel farsi trovare liberi, nel dare un riferimento ai propri compagni sia nel gioco corto sia sulla palla in verticale. Dura, davvero dura bloccarli".

Una domanda da ex difensore: chi la stuzzica?
"Detto che per domenica prevedo una gran battaglia fisica in campo, in termini individuali adoro Bastoni: ho visto da vicino l’evoluzione del ragazzo, più passa il tempo più diventa un giocatore completo, in Nazionale gioca anche da centrale puro. Se quello può essere il ruolo del suo futuro? Io lo vedo più come braccetto. Perché in quella posizione può sfruttare meglio il suo piede nell’impostazione, in fase offensiva, con lui Inzaghi guadagna tanto perché crea superiorità sulla zona sinistra".

Si dice: Inter attrezzata per i due fronti, campionato e Champions. È d’accordo?
"Tre fronti, non due. Perché ci si dimentica sempre sbagliando della Coppa Italia e del valore di alzare un trofeo, qualsiasi trofeo. La risposta è sì, comunque. La società nerazzurra quest’anno ha costruito una squadra in grado di reggere fino in fondo, di arrivare a giocarsi tutto in qualsiasi competizione. Lo si capisce quando Inzaghi sceglie di volta in volta il turnover: il livello non si abbassa mai".

Lei da giocatore è riuscito a vincere per più stagioni consecutive. Qual è la vera grande difficoltà nel ripetersi?
"Nella motivazione. Ma accade soprattutto in club che storicamente non sono abituati ai cicli di vittorie: il Napoli della scorsa stagione è solo l’ultimo degli esempi, ce ne sono diversi. L’Inter in questo senso non corre grandi rischi, il club è abituato a gestire gli entusiasmi. E in ogni caso, credo che i due pareggi in campionato con Genoa e Monza siano stati comunque un segnale che la squadra ha recepito, sono serviti".

Da tecnico, qual è la dote più grande dell’Inter?
"Le sue rotazioni in campo, l’interscambiabilità dei giocatori. È una squadra evoluta, moderna, in costante crescita".

Avesse la bacchetta magica, quale giocatore porterebbe in una sua squadra tra quelli di Inter e Roma?
"Senza dubbio Mkhitaryan. Ho visto ad Appiano come si allena, la sua qualità, il modo di interagire con i compagni. Guardi, non è cosa comune nel calcio trovare giocatori che pensano di gruppo e non in termini individuali. Lui è davvero così. È intelligenza pura".


Show Player
Altre notizie