Conte sfida il suo passato e perde al primo round. Juve come Federer, Inter al primo vero scontro con la realtà
Svenarsi in mezzo al campo, dare il meglio di sé davanti al proprio pubblico, sbagliare pochissimo... E perdere, trovandosi costretti a riconoscere la supremazia dell'avversario. Come successo a Barcellona, al Meazza l'Inter di Antonio Conte si arrende dinnanzi alla forza della Juventus: squadra tosta, dura a morire e quadrata come i tedeschi. L'azione che si conclude con il gol decisivo di Gonzalo Higuain viene condotta dai bianconeri, senza sbagliare mai un tocco, intessendo una ragnatela di 24 passaggi. Fino a quando il giovane Bastoni crede di avere un anticipo che non ha, lasciandosi alle spalle il Pipita; Asamoah non ha i tempi di gioco per chiudere in diagonale, l'attaccante della Vecchia Signora va a segno e chiude i conti.
In ottica scudetto, questa sconfitta pesa tantissimo: vale, praticamente, sei punti. Il Napoli due anni fa terminò il campionato a -5 dalla Juve: se avesse vinto (e non perso) lo scontro diretto al San Paolo (deciso sempre da Higuain), la squadra azzurra avrebbe chiuso il torneo di Serie A con un punto di vantaggio sul club degli Agnelli. L'impressione che questa Inter ha dato, comunque sia, è che manca ancora molto tempo (oltre che tante sessioni di mercato) per poter arrivare a spodestare dal trono d'Italia i bianconeri. Che hanno una mentalità straordinaria, e che riescono a trasformare in cose semplici abilità in realtà assai difficili. Il siluro di Paulo Dybala, che passa tra le gambe di Skriniar e trafigge il forse mal posizionato Handanovic, è il biglietto da visita con cui la squadra di Sarri si presenta alla Scala del Calcio. I padroni di casa giocano servendosi del cuore e della propria ingenua spregiudicatezza, ma devono far fronte a un rivale di caratura internazionale. La Juve è il Federer della Serie A: giocare contro i bianconeri vuol dire essere consci di sfidare un gigante. Che sul terreno di gioco non si rifiuta di rimarcare il suo spessore.
I nerazzurri beneficiano dell'ingenuità di Matthjis de Ligt per siglare l'1-1 provvisorio su calcio di rigore: decisivo dal dischetto il freddo Lautaro Martinez, chirurgico dagli undici metri ma immaturo nella ripresa quando non serve D'Ambrosio al limite dell'area piccola. Devono migliorare, alcuni singoli dei meneghini, nella gestione di vari momenti topici della gara. Il Derby d'Italia acquisisce ancor più fascino con la presenza in campo di Cristiano Ronaldo, che si accende a lampi ma riesce a rivelarsi comunque protagonista: prima centra la traversa, poi segna. Ma Dybala (che lo serve) è con il piede destro in posizione di offside e la rete del portoghese viene annullata. L'atteggiamento dell'Inter è buono, ma sembra che da un momento all'altro possa avverarsi un blackout. E quando Sensi abbandona il campo (troppo presto, per un problema all'inguine), la luce si spegne definitivamente. Vecino non dà qualità, Barella sbaglia in alcune scelte da ultimo uomo della seconda linea e la costruzione dal basso (come al solito) conduce a qualche eccesso di troppo.
"Antonio Conte salta con noi", intona qualche ispirato sostenitore ospite. A San Siro si sfiorano i 6,7 milioni di euro d'incasso: è record per il calcio italiano. Ma è anche la partita in cui l'Inter, per la prima volta in campionato nel suo nuovo corso, impatta con la nuda realtà: prima di porsi determinati obiettivi, occorre lavorare ancora tanto. Per tentare, con umiltà, di colmare le evidenti discrepanze di valori tecnici con le squadre europee di prima fascia.
VIDEO - AMARCORD INTER - 07/10/2012: SAMUEL E TANTO CUORE, IL DERBY E' NERAZZURRO