.

Il Muro crolla, l’Inter agguanta il proprio destino. Barella è un totem, Conte è un pilota. Esposito straripa

di Marco Lo Prato

Il rombo della nuova Inter. La vittoria contro il Borussia Dortmund alla terza giornata di Champions League è un climax ascendente, europeo: la squadra che ha faticato con lo Slavia Praga, non è riuscita nell’impresa al Camp Nou riesce finalmente a sprigionare la sua potenza e a portare a casa tre punti pesantissimi che rimettono in discussione gli equilibri del girone in cui il Barcellona prova la fuga e i nerazzurri si giocheranno le proprie chances di passaggio del turno fra due settimane, a Dortmund. Con una consapevolezza e uno spessore diverso, acquisito anche grazie alla notte di San Siro di ieri: Lautaro Martinez e Candreva firmano un risultato giusto per come la squadra ha saputo soffrire il possesso avversario senza mai rinunciare ad attaccare, colpendo nei momenti giusti (con il bonus sprecato del rigore di Lautaro) il Muro Giallo, creando delle crepe che l’hanno distrutto. Primo set, possesso Inter. 

IL VOLANTE - I pugni alzati con cui ha festeggiato il triplice fischio sono l’ennesima firma su di una prestazione eccellente da parte di Antonio Conte. L’allenatore dell’Inter ha messo in scacco Favre, nonostante nei primi minuti di gioco Lukaku e Lautaro non riuscissero a portare il pressing ai difensori del Borussia che scappavano sempre e creavano superiorità. Conte ha recepito le difficoltà della squadra e si è messo al volante, guidando ogni momento della partita. È un’altra dimostrazione di come l’assunto che ritiene che l’allenatore non influisca sui suoi giocatori sia una scemenza totale: Conte plasma il suo atteggiamento sui suoi calciatori e il modo in cui si fanno forza a vicenda, si spronano e si danno indicazioni durante la partita è simbolico dell’affinità che si è creata fra le mura di Appiano Gentile. E che resiste alle intemperie dei 90’, anche quando l’Inter soffre. C’è una consapevolezza diversa. 

TOTEM - È ovvio che quando la squadra raggiunge una vittoria importante e prestigiosa come quella con il Borussia, ci sono diverse individualità da premiare. In realtà tutti i giocatori impiegati hanno meritato ben oltre la sufficienza (con l’unico caso di Lukaku, in panne): de Vrij è semplicemente mostruoso nel suo gioco, un metronomo di passaggi al millimetro. Brozovic è una certezza per come predica calma, Skriniar e Godin hanno tenuto botta alle folate del Dortmund mentre Asamoah e Candreva sono stati motorini inesauribili sulle due fasce. Lautaro ha giocato un’altra partita totale, di una completezza necessaria all’Inter di Conte. Il gol in spaccata è un suo marchio di fabbrica, tanto che San Siro gli dedica una standing ovation (la seconda, dopo quella contro la Juventus) nonostante il rigore sbagliato. Ma se c’è da indicare un migliore in campo, il più continuo, l’essenza stessa del gioco di Conte, non si può che andare verso il centrocampista con la maglia 23: di Nicolò Barella a un certo punto si poteva pensare ce ne fossero due. Era ovunque, a cercare il pallone o a riportare ordine, con un passaggio semplice o un’azione solitaria che permetteva ai compagni di rifiatare. A loro, perché sembra quasi che lui non ne abbia bisogno. Mai un momento fuori dalla partita, mai un attimo di panico. Al netto di un giallo evitabile (come quello a Barcelona), Barella in questo momento è il punto focale dell’energia interista, la certezza che la spina non si staccherà mai del tutto. Conte lo sa e carica quanto più possibile. 

PREDESTINATO - E pensare che c’era chi voleva mandarlo al Mondiale U17, a spadroneggiare contro ragazzi della sua età. Le competizioni di categoria sono importanti, certo: ma Sebastiano Esposito è un giocatore da prima squadra, di quelli che sanno cosa fare. Prima palla, stop al volo ed elastico al difensore. Poi, controllo di petto e corpo a copro con due difensori (di cui uno, Hummels, campione del Mondo) e poi fallo da rigore procurato. È evidente come Esposito fosse stato preparato da Conte  a questo momento, negli ultimi mesi: il modo in cui lo ha protetto, l’ha aggregato alla prima squadra era emblematico. Voleva farlo già esordire contro il Sassuolo, non fosse che negli ultimi 20’ l’Inter ha perso la bussola. Ma Esposito è entrato contro il Dortmund quando il risultato era ancora in bilico, con l’intenzione di sparigliare ogni tipo di ordine prestabilito. La sensazione è che questo sia solo l’inizio e che di Esposito vedremo presto altri minuti. Che tutti si augurano possano essere di successo, sempre ricordandoci che è un ragazzo di 17 anni. Quindi va difeso, protetto, aspettato. Senza pretese. Si sa, tuttavia, che nelle notti di Champions League tutto è possibile - e sognare non costa nulla. Soprattutto se ti chiami Inter e hai appena rimesso il destino nelle tue mani. 


Altre notizie