Inter, i 6 motivi per cui il 3-1 contro la Sampdoria può rappresentare la vera svolta della stagione
"Per questi ragazzi darò tutto, perché loro danno tutto per me". Parole proferite da Antonio Conte, tecnico dell'Internazionale, a margine della sesta gara consecutiva vinta in Serie A dai nerazzurri. È (quasi) record: all'esordio in stagione, solo Helenio Herrera nell'annata sportiva 1966/67 fece meglio, con sette successi di fila. Domenica prossima, la sfida alla Juventus: imporsi significherebbe allungare a +5 con lo scontro diretto a proprio favore. Troppo presto, in ogni caso, per pensarci: mercoledì è in programma la trasferta del Camp Nou; una partita non impossibile da giocare, viste le debolezze palesate in fase difensiva dal Barcellona contro il Getafe (e le numerose assenze tra le fila dei catalani, su tutte quella del numero dieci). Sul campo della Sampdoria, nonostante le ostilità, la Beneamata vince e convince. Due a zero all'intervallo. In inferiorità numerica per tutta la seconda frazione di gioco (ingenuità di Alexis Sanchez), i meneghini prima subiscono gol ma poi trovano la forza per calare il tris e chiudere i conti. "Un inizio di ripresa che avrebbe abbattuto un elefante, ma non noi". Conte dixit.
"Avevamo troppa paura dell'Inter, ci siamo tirati la palla addosso". Questa la disamina dell'allenatore blucerchiato Eusebio Di Francesco. Pover'uomo: per lui è stata architettata una campagna acquisti nociva; fotografia del mercato estivo, l'innesto del garibaldino Jeison Murillo per rimpiazzare l'elegante ed efficace Joachim Andersen. I doriani, in effetti, contro i meneghini non dimostrano di avere le idee chiare in fase d'impostazione. Gli ospiti, dal rinvio di Handanovic, impiegano sei o sette secondi per arrivare a giostrare il pallone nella trequarti avversaria. Divario tecnico abissale: si nota fin dai primi istanti che da una parte c'è la capolista, dall'altra una squadra che quest'anno rischia grosso, considerato che molte matricole (neopromosse comprese) esibiscono il proprio calcio con orgoglio e conquistano punti pesanti anche su campi importanti.
Alexis Sanchez si sblocca, al suo debutto dal 1' in nerazzurro, prima deviando con il fondoschiena una conclusione di Stefano Sensi in rete e poi raccogliendo l'assist dello stesso ex Sassuolo per effettuare il più facile dei tap-in. Al 1' del secondo tempo, la sciocchezza abissale: il cileno è già ammonito e simula nell'area di rigore dei genovesi. Doppio giallo, Inter in dieci. Ma alla squadra del generale Antonio queste situazioni non fanno (più) paura: il risultato viene gestito in maniera perfetta, addirittura con meno sofferenza rispetto all'1-0 casalingo ottenuto contro la Lazio. Iconica l'esultanza di Roberto Gagliardini: un giocatore senza mezzi termini calato e per certi versi anche mortificato sotto la guida Spalletti, che adesso rivede la luce. Ha visione di gioco, capacità tecniche, fisicità, senso dell'inserimento incorporato. A Marassi si traveste da Gerrard. E dopo aver segnato gioisce come un bambino.
La tattica mediatica degli juventini è sempre la stessa: mettere pressione agli avversari tramite dichiarazioni dal doppio risvolto. Se, come in questo caso, il rispolverato portiere bianconero Gianluigi Buffon afferma che l'Inter sia da Scudetto, specificando che "Conte e Marotta ci tengono", i giocatori nerazzurri per forza di cose sentiranno più responsabilità sulle proprie spalle. Anche soltanto un briciolo, eppure significativo. Negli ultimi anni i tesserati della Vecchia Signora hanno viaggiato su questa carreggiata: "i nostri rivali sono molto forti e hanno una squadra attrezzata per vincere il campionato", il morale della favola. Esternare queste frasi a una settimana di distanza dall'incontro del Meazza sa di provocazione. Vedremo, domenica prossima, chi preferirà i fatti alle parole.
Detto ciò, ecco quali sono (in sintesi) i 6 motivi per cui la sesta vittoria stagionale dell'Inter può rappresentare una vera svolta:
1. La squadra è matura: mentalità vincente, sempre e comunque. Cascasse il mondo, io non posso perdere. E infatti, tenendo fisso in mente questo dogma, l'Inter fino ad ora non ha mai perso. Qualche volta è stata aiutata dagli episodi, ma la fortuna sostiene gli audaci.
2. C'è consapevolezza dei propri mezzi: l'Inter, anche quando accarezza il baratro (inizio ripresa docet), conosce le sue potenzialità e sa quanto deve sforzarsi per ottenere il risultato massimo. A volte, come qualcuno negli ultimi otto anni ha insegnato, si può vincere anche limitandosi a controllare un sottile vantaggio.
3. Ennesima (e significativa) risposta alla Juventus: per la terza volta di seguito, i nerazzurri giocano più tardi rispetto ai campioni d'Italia in carica. E replicano ancora, a suon di vittorie, consolidando sempre più il loro primato. La squadra di Conte stringe forte a sé quel "+2" che a fine campionato può contare qualcosa.
4. Bastoni ha dimostrato di essere un'alternativa valida: fuori Godin, dentro il giovane Alessandro. Che parte balbettando (fallo ingenuo su Rigoni che gli costa il giallo), ma poi si scioglie e non sbaglia più un anticipo. "Non è solo il futuro, ma anche il presente". Il suo tecnico l'ha elogiato nel modo migliore. Perfetta gestione dei singoli, magistrale gestione della comunicazione.
5. Si è sbloccato Alexis Sanchez: con un gol e mezzo, il cileno si è subito preso la squadra sulle spalle. Significativa una scena, alla quale si è assistito subito dopo il 2-0: l'ex Arsenal si volta verso i suoi compagni, li invita alla calma ed a continuare a dare il meglio di sé. Leadership consolidata, forza mentale da campione. Peccato per la doppia ammonizione.
6. La svolta arriva in un momento cruciale: rilanciarsi in vetta alla classifica, in questo modo, può significare tantissimo. Era importante tornare a casa con il bottino pieno inaugurando così una settimana ricca di impegni. Né facili, né difficili: la parola giusta è "stimolanti".
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