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Jonathan a FcIN: "Nell'incertezza societaria, Conte blinda l'ambiente. Difesa a 3 o 4, cosa cambia per un esterno"

di Simone Togna

In Brasile, e più precisamente nell’Atletico Paranaense, c’è un giocatore che sta facendo benissimo, è uomo spogliatoio e continua a mostrare le proprie qualità. Un perno della squadra insomma. Quell’atleta è Jonathan Cícero Moreira, che in esclusiva per FcInterNews racconta l’evoluzione della propria carriera. Ma anche il suo passato a Milano: “La vita qui procede bene, anche se il coronavirus qui in Brasile è aumentato ultimamente: le persone devono uscire di casa, hanno bisogno di lavorare”.

Segue ancora l’Inter?
“Sì, da lontano. Riesco a vedere qualche partita, non tutte. So che ora i nerazzurri stanno giocando bene e sono primi in classifica. Non posso che essere contento”.

Giovedì Parma-Inter, le sue ex squadre in Italia. Dove si è trovato meglio e perché?
“A Parma sono stato bene, andare lì per me è stato importantissimo perché ho avuto più opportunità per giocare. E imparare la vostra lingua. Sa, nella squadra ducale militavano tantissimi italiani. Mentre quando ero arrivato all’Inter c’erano tantissimi brasiliani. Io stavo con loro e dialogavamo in portoghese. Ovviamente comunque entrambe le esperienze sono state importanti per me. A Parma ho giocato di più: lì ho fatto sì che l’Inter mi guardasse in modo diverso per riportarmi a Milano. E successe esattamente questo. Con i nerazzurri andò tutto benissimo nella stagione 2013-14, poi l’infortunio subito mi costrinse a rimanere fuori, e non potei più rientrare”.

Qual è il suo primo ricordo all’Inter? Quello più bello? E il più brutto?
“L’arrivo ad Appiano Gentile: rappresentava la realizzazione di un sogno, quello di giocare per l’Inter, una grandissima squadra europea. Lì ho trovato tantissimi giocatori vincenti, alcuni dei quali avevano conquistato il Triplete, questo è stato davvero importante. La cosa più bella fu quando i fischi si tramutarono in applausi. All’inizio era difficile per me. Indico come peggiore momento quei fischi dei tifosi nerazzurri a ogni errore commesso. Una volta dissi anche che se nevicava la colpa doveva essere mia (ride, ndr)”.

Sarebbe contento se i nerazzurri vincessero lo Scudetto?
“L’Inter è rimasta nel mio cuore. Sarei sicuramente felice se ciò accadesse. Andiamoci piano però per ora perché mancano ancora un po’ di partite. Qualora si arrivasse alla vittoria del Tricolore ne sarei davvero felicissimo. Ripeto: l’Inter è nel mio cuore. Come i tifosi, pensi che sento alcuni supporter nerazzurri ancora oggi sui social…”.

L’attuale situazione societaria è incerta, un po’ come ai suoi tempi. È difficile giocare in un contesto simile?
“Certamente, non si trovano sicurezze, non è semplice. Anche perché è più facile che succedano dei casini. Per la testa dei giocatori serve un allenatore che blindi l’ambiente. E mi sembra proprio che Conte stia facendo a tal proposito un bellissimo lavoro”.

Le piace Hakimi?
“È un giovane che può crescere ancora tanto. Per quello che ho visto sta andando bene, sono felice per lui e per la squadra che ha trovato un giocatore di queste qualità, con ampi margini di crescita: diventerà ancora più forte”.

L’Inter attuale gioca a tre. Che differenza c’è con la difesa a 4?
“Un esterno, quando si gioca a tre, è più vicino alla porta quando la propria squadra è in possesso di palla. In fase di non possesso c’è una linea di cinque. Ricordo gli insegnamenti di Mazzarri, con cui feci bene in quella posizione”.

Chiudiamo l’intervista con un messaggio, il suo agli interisti.
“Mando loro un abbraccio caloroso, sicuramente, forza ragazzi”.

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