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Malagò: "Dopo questa crisi, anche il calcio cambierà. Serie A in bilico? A oggi non si possono avere risposte"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Gazzetta dello Sport

Il calcio, ma non solo. Giovanni Malagò, alla Gazzetta dello Sport, parla dello stop allo sport italiano. Un male necessario in questo momento di crisi totale.

Si è rivelata una strategia vincente dopo le furiose polemiche della domenica.
"Ma non è stata una scelta calata dall’alto. E non era una scelta fatta solo per il calcio. Dopo il Decreto di Conte sono arrivate le ordinanze delle regioni".

Quanto stiamo vivendo servirà a tutto il mondo del calcio per cambiare?
"Certo che cambierà. Questa cosa provocherà nella coscienza delle persone una convinzione: ci sono cose più importanti del calcio".

Intanto il campionato di Serie A rischia di non finire.
"Si deve procedere per gradi. In questo momento non si possono dare delle risposte, sicuri di quello che accadrà fra qualche settimana".

Nel decreto viene salvaguardata la possibilità di allenarsi per gli atleti di vertice. E su questo però l’Associazione calciatori ha posto il problema: come si fa a rispettare la distanza interpersonale di un metro in uno sport di contatto con il calcio?
"Come faranno, per fare un esempio, rugbisti e judoka in questo periodo. Troveranno dei modi per allenarsi, dall’attività aerobica al lavoro tecnico, il tutto con la presenza quotidiana del medico sociale".

Mentre parliamo si succedono punti interrogativi sui calendari calcistici. Ma è proprio un tabù l’idea di rinviare gli Europei?
"Non intervengo certo nelle decisioni che spettano alle federazioni internazionali e tantomeno quelle di un singolo sport. Posso solo dire che credo si stia cercando di prendere del tempo. E anch’io faccio il tifo perché le cose possano cambiare in meglio".

Lo sport italiano, come tutti i settori del Paese, è in ginocchio. Lunedì avete chiesto aiuto al governo per tutto lo sport, professionistico e non.
"Ci sono centomila società sportive in Italia, centomila società, che hanno dei costi fissi, la segreteria, l’affitto dell’impianto... Se non teniamo in vita tutto questo, quando potremo ripartire lo sport italiano sarà spacciato. Ma il governo percepisce l’importanza del nostro comparto".


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