Manie di protagonismo, ignavia e confusione: la squadra arbitrale riscrive le regole. E falsa Napoli-Inter
Quando si pensa che abbiano toccato il fondo, iniziano a scavare. Che Napoli-Inter fosse una partita impegnativa dal punto di vista arbitrale era inequivocabile, quindi la scelta della squadra da inviare al Maradona, esclusi i due direttori di gara che per motivazione personale non vogliono più occuparsi della squadra campana (riflettiamoci...), doveva essere perfetta. E il designatore Gianluca Rocchi ha optato per Maurizio Mariani, reduce dal Mondiale Sub-20, curiosamente lo stesso arbitro di Inter-Napoli della scorsa stagione e dei famosi 'retropensieri' di Antonio Conte. Ma, udite udite, il consulente informatico romano non è stato la primadonna dell'ennesimo scempio della sua categoria. Il 'grande eroe', contro ogni pronostico, aspettativa e protocollo, è stato Daniele Bindoni, assistente numero uno, anche lui inviato in Cile per la competizione giovanile.
Quello che è accaduto lo sanno ormai tutti: alla mezz'ora di gioco Giovanni Di Lorenzo entra in area, si accorge dell'arrivo alle sue spalle di Henrikh Mkhitaryan e allarga furbescamente la gamba per farsi colpire, rendendo inutile il tentativo di frenata dell'armeno che non ha mai cercato l'intervento. Dopo di che, il capitano del Napoli resta a terra come se fosse stato tamponato in auto e volesse accreditare la propria posizione agli occhi del perito assicurativo. Una sceneggiata più palese di quella dell'avversario, costretto realmente a uscire per infortunio. Infortunio, muscolare, provocato proprio dalla 'giocata' di Di Lorenzo. Mariani vede tutto, è ben posizionato e lascia proseguire. Poi, mentre l'Inter riparte in contropiede, trascorsi 7 secondi dall'episodio fa dietrofront e indica il dischetto. Cosa? In che senso? Lo avrà avvisato Marini al VAR? Allora perché ci si ferma per circa altri 4 minuti per un check? No, il VAR non ha proferito verbo, ha avvalorato la decisione di Mariani o, quanto meno, la sta ancora valutando. A fermare tutti è stato il sopra citato Bindoni, che preso da un raptus di protagonismo, pur essendo lontano una trentina di metri dall'azione, è convinto che ci sia un fallo da rigore e sbugiarda' l'arbitro per il quale, meglio posizionato, non c'è nulla.
A questo punto, insinuato il dubbio nella sua testa, Mariani ferma il contropiede dell'Inter violando il protocollo, perché questa decisione può avvenire solo se è il VAR a suggerirlo. Invece, forse perché stanco del ruolo sempre più marginale imposto dai regolamenti agli assistenti, Bindoni decide di diventare protagonista e impone la sua legge, roba mai successa da quando è stato introdotto il Virtual Assistant Referee. Ok, no problem, a Lissone faranno rapidamente rientrare il caso sculacciando il guardalinee per l'eccesso di confidenza e rimetteranno tutto al posto. Invece no, Marini decide di non decidere pur avendo davanti agli occhi le immagini evidenti della furbata di Di Lorenzo e pur sapendo che il suo boss da tempo ha chiesto di non assegnare 'rigorini'. Circa quattro minuti di check inutile, in cui viene mantenuta la scelta di campo. Sì, ma la scelta di chi? Non dell'arbitro, che ha visto diversamente, ma dell'assistente. Fermi tutti, non ha senso. Chi ha l'ultima parola è Mariani, che però aveva già deciso di non assegnare il rigore e neanche viene mandato al monitor per valutare ragione o torto. Com'è possibile che un rigore del genere venga assegnato dal guardalinee? Un cortocircuito bello e buono, ancora una volta in una partita dell'Inter viene revisionato il protocollo. E sempre a danno dei nerazzurri.
In tal senso, torna alla mente Inter-Udinese del dicembre 2017, quando venne assegnato un rigore decisivo ai friulani per un fallo di mano di Davide Santon dopo che il pallone, prima del cross di Silvan Widmer, era stato erroneamente giudicato fuori. In quel caso, l'arbitro fischiò interrompendo il gioco e assegnando rimessa ai nerazzurri, salvo poi essere corretto dal VAR. Peccato che il protocollo vietasse una retromarcia quando il direttore di gara era intervenuto a palla in gioco. La prima grave violazione delle nuove regole in Serie A. E chi era l'arbitro nella fattispecie? Ironia della sorte, proprio Mariani, che evidentemente con l'Inter non è molto fortunato perché gli assegnano colleghi non all'altezza, acuendone i limiti personali piuttosto evidenti. Perché ieri, al Maradona, al di là dell'episodio che indirizza la partita, la gestione della stessa è stata assolutamente insufficiente, con cartellini sventolati senza logica, e giocatore graziati dopo interventi molto duri (Billy Gilmour doveva essere sotto la doccia prima del duplice fischio).
Napoli-Inter era una partita molto importante, pur essendo solo l'ottava giornata di campionato. La squadra arbitrale tutto doveva fare tranne mettere la firma sull'andamento della stessa, giacché è noto che il miglior arbitro è quello che non si nota. Invece un assistente attirato dall'individualismo (che però non si accorge del mani da rigore di Alessandro Buongiorno), un VAR ignavo e un arbitro in confusione, andando contromano, hanno spostato gli equilibri più di quanto avrebbero dovuto fare i calciatori. E ha poco senso sostenere che poi il Napoli abbia vinto 3-1, quindi 'zitti e a nanna', perché dopo quel rigore piovuto dal cielo la squadra di casa si è trovata nelle condizioni ideali per recitare l'unico copione preparato, costringendo gli avversari a una faticosa rincorsa. Poi le responsabilità vanno attribuite anche ai calciatori, ci mancherebbe, ma è chiaro che la regolarità della gara sia stata violata da quel cortocircuito arbitrale. Punti pesanti assegnati da chi dovrebbe garantire il rispetto delle regole. E se alla fine della fiera lo Scudetto verrà deciso per un solo punto, come accaduto la scorsa stagione, il pensiero inevitabilmente tornerà su episodi del genere, che tolgono credibilità a una Serie A gestita in modo maccheronico dai propri vertici, più preoccupati a esportare il prodotto all'estero che a valorizzarlo entro i confini. E i retropensieri abbondano...