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Materazzi: "Mou un amico, calo Inter dovuto al suo vuoto. Zidane e finale..."

di Daniele Alfieri

"Amo il Brasile, sono stato lì per la finale del Mondiale. In dieci giorni ho visto la passione che si respira per il calcio. A Copacabana e a Ipanema si vedono tanti campi sulla spiaggia, un sogno per qualunque ragazzino. Sono amico di Ronie, credo che sia stato il miglior giocatore con cui abbia mai giocato, non lo dico perché è mio amico, ma perché le cose che faceva lui forse poteva farle solo Maradona, forse Messi...". Marco Materazzi si confessa ai microfoni di 'Esporte Espetacular', in onda su Radio Globo. Tanti gli argomenti affrontati dall'ex numero 23 nerazzurro, dalla testata di Zidane nella finale del Mondiale vinto con l'Italia, al suo rapporto con Ronaldo e Julio Cesar, amici fraterni così come Mourinho, lo Special One con cui è salito insieme all'Inter sul tetto d'Europa.

RONALDO - "Perché lo considero il più forte? Ronie era un giocatore che poteva vincere le partite da solo. Assolutamente. Mi ricordo il Mondiale del 2002, fece otto gol e vinse la Coppa, non dico da solo ma quasi. Soltanto i problemi fisici che ha avuto non gli hanno permesso di vincere tre Mondiali come Pelé. Perché nel Mondiale in Francia se si fosse sentito bene la musica sarebbe stata un'altra".

RIO E JULIO CESAR - "Amo il Brasile, non vedo l'ora di tornarci. Ero in vacanza con la mia famiglia e mi è piaciuto tantissimo, anche perché sono stato nella città di Julio Cesar, per me un fratello, una persona con cui ho condiviso tante vittorie. Ripeto, non vedo l'ora di tornare in Brasile. È un posto fantastico e allegro. E la cosa più bella è che è sempre sorridente".

ZIDANE - "Non siamo amici. Ma non nutro rancore né odio per lui. Al contrario ho rispetto per un grande campione, un collega, perché anche lui è un campione del mondo, come me. Sono cose che accadono su ogni campo, in ogni oratorio, come si dice in Italia, in ogni favela. La cosa più importante è che ho vinto la Coppa".

FINALE MONDIALE - "La prima cosa che mi viene in mente è il momento in cui ho sollevato la coppa. È stato il più bel momento della mia carriera. Quando pensi che nel tuo Paese, sebbene piccolo ma con una grande tradizione calcistica, soltanto un'ottantina di persone possono dire: "Ho vinto il Mondiale con l'Italia". Questo è il più grande motivo d'orgoglio che un calciatore possa avere. Ma io non mi sento un eroe. Sono una persona normale, semplice. Forse la cosa più bella è proprio questa: restare semplici per diventare grandi".

MOURINHO - "José mi ha concesso, pur avendo allora io 37 anni, di vincere tutto quello che si può vincere. Quando vuoi crescere e imparare e incontri persone sincere, che ti dicono le cose in faccia, puoi anche non arrivare in alto, però conquisti un amico. Così in quei due anni ho guadagnato un amico, che è José, e quando quella persona va via ti lascia un vuoto, un vuoto che l'anno dopo ha fatto sì che la squadra calasse in rendimento".


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