Moratti medita: scarso guadagno dalla vendita dell'Inter, ma addio agli esborsi
Cosa tormenta davvero Massimo Moratti? Cosa porta il presidente dell’Inter a prendere ancora tempo davanti alla proposta succulenta di Erick Thohir, pronto a entrare in società e magari a subentrargli nel ruolo di azionista di maggioranza? La Gazzetta dello Sport ha provato a capire cosa fa tribolare il presidente nerazzurro. Scoprendo che, sostanzialmente, da una parte c’è un’incognita: il dover cedere una società che rappresenta per Moratti e la famiglia il bene più prezioso, dopo 18 anni di lunga e gloriosa presidenza, oltretutto per una somma pressoché risibile. Ma dall’altro, c’è la possibilità di liberarsi dall’ombra minacciosa delle banche e soprattutto evitare finalmente di svenarsi per un giocattolo che non si autoalimenta. Una manna, specie considerati i tempi di crisi.
L’Inter, alle prese con un passivo sempre più pesante e fuori dal giro europeo, è stata valutata 360 milioni di euro, cifra pressoché uguale all’intero ammontare dei debiti al netto dei crediti. Il che, spiega Marco Iaria, porta chiunque voglia rilevare il club di Corso Vittorio Emanuele a chiedere come prima condizione il rientro dall’operazione debitoria. E ovviamente, il discorso tocca anche Erick Thohir, che vuole impegnarsi per estinguere i debiti con banche e fornitori che gravano per oltre 200 milioni di euro. In seconda battuta, Thohir, esaminate le prospettive economiche del breve-medio periodo, sa bene che se un giorno subentrerà a Moratti alla guida del club, dovrà fare quello che ha fatto Moratti stesso dal 1995, ovvero iniettare denaro nelle casse societarie per la copertura delle perdite e le scadenze, partendo dal rosso di 70-80 milioni del bilancio 2013. Solo in caso di ritorno in Champions League, la situazione potrebbe migliorare in maniera sensibile.
Insomma, Thohir ha capito che almeno per la prossima stagione bisognerà procedere a ricapitalizzazioni o versamenti in conto capitale per svariate decine di milioni. E qui arriviamo al nocciolo della questione: non tanto la quota da consegnare al tycoon indonesiano, quanto la destinazione della somma che questi verserà per diventare il proprietario. E viste le somme da destinare a rientro da indebitamento e iniezione da capitali, la fetta per l’attuale proprietario rischia di essere molto bassa, nell’ordine delle decine di milioni. Pochi rispetto al miliardo e 200 milioni spesi per l’Inter.
Ma c’è comunque il lato positivo della faccenda, almeno dal punto di vista del presidente: che finalmente non dovrebbe più fare conto sulle sue finanze private, sotto forma di versamenti e garanzie su alcuni debiti. E nonostante sin qui il patron abbia tenuto sganciati i conti dell’holding di famiglia da quelli della squadra, è innegabile che la Saras ha sin qui foraggiato il mecenatismo calcistico. Ma con il settore in crisi, la tentazione di mollare l’Inter è forte. Come quello di un’uscita poco remunerativa.