Mourinho: "Credo di essere migliore di 10-20 anni fa. Il clic è scattato al Porto, poi ho deciso di correre dei rischi nei top campionati"
Fonte: inews.co.uk
Insignito del premio "Innovazione nello sport" durante il 'Web Summit 2020' che si sta tenendo nel suo Portogallo, José Mourinho parla così del prestigioso curriculum vitae di allenatore che ha costruito nel corso degli anni: "C'è una differenza tra il successo e una carriera di successo. Il successo è un momento, anche legato al tuo talento, ma può darsi che arrivi perché sei nel posto giusto al momento giusto - spiega lo Special One -. Un'altra cosa è una carriera di successo, quello che ho sempre desiderato io. Fa parte del mio DNA. So che le persone probabilmente non pensano questo di me stesso, ma mi considero una persona molto umile, cerco sempre di imparare, di essere migliore e questo è un tipo di lavoro dove solo l'esperienza può renderci migliori. Credo che oggi sono davvero molto meglio di 10 o 20 anni fa".
Il fuoco dentro per questo gioco continua a bruciare nel cuore di Mou: "Ho 57 anni, sono molto giovane per questo tipo lavoro, quindi non sarei sorpreso se andassi avanti per 10-15 anni ancora. Superare Sir Alex Ferguson? Cerco solo di godermi la vita, è un privilegio per me poter fare il lavoro che amo: è un hobby a tempo pieno, se vuoi. È il mio mondo, il mondo in cui sono nato, è il mondo a cui appartengo. Tutti dicono che la mia carriera è lunga, il che è vero, ma non vedo la fine. Sento esattamente la stessa passione, la stessa voglia di imparare ogni giorno. Penso che sia solo un piacere. I miei capelli bianchi di sicuro non hanno nulla a che fare con un lavoro stressante!".
Mourinho, che ha cominciato lavorando a stretto contatto con Bobby Robson, prima come interprete allo Sporting e al Porto, poi come suo assistente al Barcellona, spiega come è cambiato il modo di 'accedere' a questo mondo: "Era tutto diverso prima, ora ci sono tanti modi per diventare allenatori. Venti-trenta anni fa il più grande ostacolo era il fatto che le persone erano totalmente concentrate sugli ex giocatori, dimenticando quelli che seguivano una carriera accademica mescolando le esperienze. La sfida più grande era rompere questo muro".
Grazie alla sua unicità, l'ex tecnico dell'Inter ha costruito una legacy di valore inestimabile: "Onestamente, penso che sia una bella eredità quella che mi lascio alle spalle. Oggi qualsiasi ragazzo che ama il calcio e non ha un enorme talento per diventare un giocatore di calcio di alto livello può fare l'allenatore. Quando ho iniziato la mia carriera nel mio Paese, il mio orgoglio era di fare o aiutare gli altri a fare quello che abbiamo fatto tutti nel 2003-04 (col Porto ndr), che era arrivare ai vertici del calcio mondiale con una squadra portoghese, piena di giocatori portoghesi. Abbiamo realizzato qualcosa molto difficile da fare, tanto che dal 2004 nessun'altra squadra portoghese ci è riuscita. Per me è stato solo un 'clic' nella mia carriera. Lavoro svolto nel mio Paese, svolto in modo storico. Dopo di che è arrivato il momento di essere portoghesi, essere avventurosi, correre dei rischi, non aver paura di andare contro le probabilità e andare in tutti i Paesi al vertice del calcio - come Inghilterra, Spagna, Italia - e provare a farcela".
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