Nightmare after the half-time: l’Inter è travolta dalla valanga Borussia. Caos nel 2°T, ma rimane una speranza
Si è spenta la luce, è finita la benzina. Scegliete voi qual è la metafora più appropriata, fatto sta che l’Inter a Dortmund ha brillato un tempo. Ha giocato un calcio intelligente, dinamico, totale. Poi è crollata, si è sgretolata sotto i bombardamenti del Borussia che già negli ultimi minuti del primo tempo aveva lasciato intendere le intenzioni bellicose che aspettavano i ragazzi di Conte. Che semplicemente non ne avevano più e si sono concessi a errori imperdonabili, spalancando la porta a Brandt e alla doppietta di un indiavolato Hakimi. Peccato, perché al 45’ l’Inter aveva un piede agli ottavi di finale. Ora è tutto da guadagnare, anche se l’aver perso di un solo gol di scarto lascia comunque tutto nelle mani dell’Inter: grazie alla differenza reti negli scontri diretti, qualora l’Inter dovesse arrivare a pari punti con il Borussia sarebbe la squadra di Conte a qualificarsi. Ora c’è da vincere a Praga, nell’ultima trasferta del girone. E sperare che il Barcellona dia una mano rallentando il Dortmund.
SPLENDENTI - Il primo tempo, che splendida illusione. Perché l’Inter gioca e costruisce in maniera funzionale, concreta. La squadra reagisce agli input del suo condottiero e annichilisce il Dortmund con un possesso palla ampio, uomini disposti militarmente e idee chiarissime: il Toro Martinez splende di luce propria, si guadagna un’occasione e dopo cinque minuti e già lì a lanciarsi sotto la curva per festeggiare. È poi lo stesso Lautaro a prolungare la vita di una strepitosa serpentina di Brozovic che lascia sul posto un paio di avversari: il Toro sventaglia a tutto campo, pesca Candreva che è bravo a servire con i tempi giusti l’accorrente Vecino. Il portatore di Garra Charrua segna, apre le braccia e accoglie tutta la squadra. 0-2, sembra in discesa. La verità è che la partita è appena cominciata, visto che l’Inter comincia a soffrire soprattutto a sinistra, dove Skriniar e Biraghi vengono risucchiati dal turbinio di movimento del centrocampo del Borussia e trova spazio Hakimi - che di lì a poco diventerà protagonista.
INCUBO - Nella ripresa non c’è nulla che ha funzionato, nell’Inter. I meccanismi di risalita, la conservazione del possesso, i movimenti in fase difensiva. Il Borussia ha spazzato via ogni certezza della squadra nerazzurra alzando il pressing e costringendo l’Inter a un ritmo che non gli appartiene, perlomeno non in questo momento storico con gli uomini contati e partite ogni tre giorni: Conte temporeggia, guida i suoi ma aspetta che passi la mareggiata. I primi due gol sono frutto di situazioni caotiche, in cui i giocatori del Borussia ne hanno di più e sfruttano meglio i palloni sporchi: la rimessa dell’Inter che porta al pari è emblematica. Candreva gioca una rimessa molle, Brozovic viene infastidito dall’appena entrato Alcacer e Godin si fa trovare impreparato: la discesa di Brandt è rapida e letale, con Handanovic che forse si muove con un attimo di ritardo. Disattenzione collettiva, la frittata è fatta. Il Dortmund non si ferma, sa che ha bisogno dei tre punti perché il pari lascerebbe comunque davanti l’Inter in classifica: Hakimi è totale nel saltare Sensi e ricevere un uno-due tanto semplice quanto efficace, con un esausto Candreva che non riesce a chiudere la diagonale e lascia il terzino di proprietà del Real Madrid a tu per tu con Handa.
FINALE - Le attenuanti ci sono tutte, per l’Inter di Conte. L’impossibilità di fare cambi, le difficoltà nelle rotazioni, l’aver girato sempre con il motore al massimo. E, ancora, lo sfortunatissimo cambio di Politano che entra e dopo nemmeno un minuto s’infortuna, costringendo di fatto la squadra in dieci per almeno 20’ vista la sua impossibilità a correre normalmente. Ci possono essere mille chiavi di lettura in questa sconfitta rocambolesca, dalla più tragica alla più veritiera: volendo essere concreti, forse l’Inter non è ancora pronta a gestire questo strapazzamento emotivo del giocare ogni tre giorni, vincere una partita all’ultimo e poi dover ricominciare da capo in un altro contesto. Soprattutto con gli uomini contati e uno standard qualitativo ormai troppo alto per essere confermato sempre. Servirà di lezione, a tutti: l’Inter sta imparando a essere una grande squadra. Per ora, in tre partite ci è riuscita per due tempi: i primi 45’ di Barcellona e Dortmund devono essere pietre miliari su cui costruire, perché rappresentano l’essenza di calcio di Conte e probabilmente il miglior calcio espresso dall’Inter nel post Triplete. Questo, unito ai ventotto punti in campionato, non possono far abbassare la barra a una squadra che dà tutto, sempre: a volte, semplicemente non è (ancora) abbastanza