Pavard: "Da piccolo giocavo da 9 come Simone Inzaghi. Benji l'interista? Idea nata mentre ascoltavo una canzone italiana"
Protagonista della nuova puntata di 'New Brothers', in onda su Inter TV, Benjamin Pavard ha cominciato l'intervista spiegando il motivo che lo spinse a scrivere 'Arriva Benji l'interista' su Instagram prima del suo atterraggio a Milano: "Ne avevo parlato con gli amici, adoro la musica italiana e stavo ascoltando 'Gigi l'Amoroso'. Mi sono sentito interista, è da tanto tempo che volevo esserlo. Sono molto contento di far parte del club che ha dei tifosi super. Speriamo di fare delle belle cose insieme. C'è una grande energia in spogliatoio, sono sicuro che faremo grandi cose".
Quando hai cominciato a giocare a calcio?
"Da piccolo. Mia madre giocava a basket, e io giocavo con lei ma con i piedi. Così subito mi hanno iscritto in un club in cui mio padre era l'allenatore".
Cosa avresti fatto, se non fossi diventato calciatore?
"Barbiere (ride, ndr). Mi sono sempre piaciuti i capelli... Non lo so, ma non ci ho mai pensato".
Il tuo primo ruolo in campo?
"Attaccante, ero un numero 9 come Inzaghi".
Il giocatore che ti ha ispirato di più?
"Soprattutto Sergio Ramos. Anche se quando ero piccolo, all'Inter giocavano Zanetti, Cambiasso, Samuel, Ronaldo... Li guardavo oppure li sceglievo alla PlayStation".
Un momento difficile della tua carriera.
"La mia prima partita da pro con il Lille. Il mio percorso da calciatore ha avuto momenti difficili, ma mi sono sempre rialzato con l'aiuto della mia famiglia. E' grazie a loro che ora gioco all'Inter. Mio padre mi ha dato l'insegnamento più importante, mi ha donato la sua mentalità e non lo dimenticherò mai".
Il Mondiale vinto in Russia.
"Nessuno pensava che avrei giocato un Mondiale, neanche io. E' successo tutto molto in fretta, credevo che non avrei giocato nemmeno una partita. Invece ho avuto l'opportunità di giocare contro l'Argentina e ho segnato. Ho realizzato un sogno di infanzia vincendo la Coppa del Mondo".
Tre caratteristiche per definire il Pavard giocatore.
"Ho un buon posizionamento, sono bravo nei passaggi e ho grinta".
Nel calcio, conta più il talento o la determinazione?
"La seconda, perché il talento a volte non basta a meno che tu non sia Messi. Sono una persona a cui piace lavorare, che ha raggiunto i suoi traguardi proprio grazie al lavoro. Me lo sono meritato, ma manca ancora tanto da fare",
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