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Rosella Sensi: "Mio padre prese Chivu, io l'ho ceduto a Moratti: voleva fortemente l'Inter. Lo stimo ma domani tifo per De Rossi"

di Egle Patanè

"Di Chivu ricordo bene il suo arrivo a Roma, lo prese ovviamente il mio grande papà per rafforzare ulteriormente la squadra. Di De Rossi ho un ricordo eterno: Daniele è cresciuto nelle giovanili della Roma (vestendo dal 2000, al 2019 la maglia giallorossa, ndr), lui insieme a Totti occupa un posto speciale". Così Rosella Sensi, figlia dello storico presidente della Roma, Franco Sensi, ha parlato a Tuttosport dei due figli della capitale giallorossa, Daniele De Rossi e Cristian Chivu, domani avversari ma amici ed ex compagni arrivati in giallorosso proprio con il noto ex presidente della Lupa. 

Secondo lei Chivu e De Rossi cosa hanno ereditato dagli allenatori avuti a Roma? 
"Parliamo di due tecnici di personalità, che con grande intelligenza hanno saputo cogliere le qualità dei propri allenatori. Sicuramente Capello per entrambi è stato un esempio e un vincente. Ma credo che anche gli altri abbiano saputo loro infondere un qualcosa. Sia Chivu che De Rossi sono apparentemente due timidi, oltre che riservati. Daniele so per certo essere una persona empatica all’intorno di un gruppo, che assorbe moltissimo l’ambiente e ne entra a far parte".

Cosa c’è di romanista in loro due? 
"La Roma per Chivu è stata una squadra che l’ha formato, insegnandogli tantissime cose, tanto che all’Inter è arrivato da giocatore già maturo, gli ha lasciato il segno. De Rossi è Roma per me, quella bella, che ora riporta a Genova nel gruppo, che è poi è fondamentale ai fini dei successi". 

Ha un ricordo specifico dei due in campo? 
"Non ce n’è uno particolare, sono stati anni bellissimi, ma pure alcuni difficili, sicuramente erano due ragazzi che facevano la loro parte nel gruppo squadra".

E fuori dal campo invece? 
"Con Chivu, a differenza di De Rossi, non ho legato così tanto, seppur lo abbia rispettato. L'ho ceduto io a Massimo (Moratti, ndr), perché lui voleva andare fortemente all’Inter. Era luglio, io avevo un evento speciale a casa perché stava nascendo la mia prima nipote. A Milano avevano fretta di chiudere. Dissi: 'Vi do la mia parola, ma in questo momento ho altre priorità'. All’epoca si poteva parlare dando la propria parola. Moratti dovette aspettare, la famiglia viene prima di tutto. Erano quasi le 9 di sera, c’era un’emozione particolare, quindi fui costretta a lasciare la trattativa in sospeso per ovvi motivi. Come la prese? Rispettando l’esigenza, tanto che la mattina dopo ci risentimmo. Per quanto riguarda De Rossi invece posso dirle, senza entrare nel dettaglio, che era molto legato alla mia mamma: entrambi aiutarono una persona che stava molto male, post cessione della Roma, a conferma della grande generosità di Daniele".

Pensava potessero diventare allenatori? 
"Chivu non lo avrei detto, semplicemente perché l’avevo visto sempre molto timido, non meno capace. Di De Rossi sì, si capiva sarebbe stata la sua strada".

Come vede Chivu invece all’Inter? Ha già la pressione del dover competere per forza. 
"Credo che lui ne fosse consapevole. Quando si allenano grandi squadre come Inter e Roma si sa che il tifoso pretende delle vittorie, è normale".

Come vede la partita di domani? 
"Il mio affetto per De Rossi mi fa propendere per lui (sorride, ndr). E spero anche che il risultato possa aiutare la Roma (continua a sorridere, ndr)". 


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