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Samp, Stankovic: "Non vedo l'ora di fare la prima vittoria in casa in campionato. Mou? Con lui davo il 30% in più"

di Mattia Zangari

"Posso solo togliermi il cappello davanti ai tifosi della Samp. Non vedo l'ora che arrivi il primo gol al Ferraris e la prima vittoria in campionato da tecnico, è il minimo che devo loro. Sto lavorando per trovare le soluzioni, non mi metto a piangere disperato. Cerco di difendere con orgoglio la fortezza". Comincia così l'intervista di Dejan Stankovic con Giampaolo Pazzini per DAZN.

Torniamo indietro al Deki calciatore: che tipo eri?
"Era un generoso, stavo bene in qualsiasi ruolo. Da piccolo giocavo centravanti, poi mi hanno spostato da libero, che era quello che menava dietro il marcatore. A te ne ho date poche, quelle giuste. Ti ricordi quel rosso... Avevo piedi discreti, ma con una testa bella tosta e polmoni importanti. Non avevo paura, con José (Mourinho, ndr) sono riuscito a dare un 30% in più, come sia riuscito a tirarmelo fuori non lo so, schiacciando i tasti giusti, svegliando cose dentro di me che non pensavo di avere. Sono cambiato come uomo". 

E poi facevi gol...
"La stella della Stella Rossa, Sekularac, mi ha insegnato a calciare girando il piede, che pian piano è diventato un marchio di fabbrica. Quando esce dal piede capisco subito se il tiro va in porta o meno".

Il gol da centrocampo in Genoa-Inter 0-5.
"C'è un rinvio sbagliato di Amelia, è un gol strano perché ho usato la forza del suo tiro per arrivare in porta. C'è una scena bella dietro di me, si vede Maicon che fa il mio stesso movimento". 

Con la Samp erano partite difficili al Marassi quando giocavi nell'Inter.
"Qui abbiamo perso 1-0, vinto di misura, pareggiato. La Samp, dove sono cresciuto, è sempre stato considerato un club importante perché qui c'erano Boskov, Vialli. Mancini, la generazione che ha perso sfortunatamente una finale di Champions. La cultura della Serbia è stata portata in blucerchiato da Boskov, Jugovic e Mihajlovic". 

Il ricordo di Sinisa.
"Con lui ho sempre parlato di tutto, era il mio punto di riferimento, quello che mi diceva 'andrà tutto bene'. Mi dava consigli, mi tirava le orecchie come un fratello quando sbagliavo. Sinisa mi ha portato via tutte le parole, il dolore immenso è quello delle sue bambine, di Arianna, di suo fratello e di sua mamma. Prego ogni notte, Dio di dare loro la forza per andare avanti, io mi tengo tutto dentro di lui. Sono fiero di aver fatto parte della sua vita, lui sa che lo rispettavo e gli volevo bene. 'Ti devi pentire solo di quello che non hai fatto', questo è il suo messaggio che puoi usare in ogni contesto". 

Gli ultimi anni della tua carriera.
"Non ero pronto a smettere. Il primo anno è stato abbastanza difficile, mi mancava l'adrenalina. Mi è piaciuta la vacanza prolungata, ma arrivato settembre, alle 11 mi dicevo: 'ora cosa faccio'?". 

Dalla panchina che soddisfazioni hai rispetto a quanto eri giocatore?
"E' tutto diverso, tu puoi curare i minimi dettagli ma è finita se succede un episodio al 3'. Devi sempre essere pronto a rispondere a ogni domanda che arriva. Il massimo è quando prepari bene la partita, giochi bene e vinci: quella è la soddisfazione".

Avevi la capacità di trasmettere le cose al gruppo, quando ti vedo ora mi fai venire voglia di tornare a giocare.
"Io soffro tanto, io rientro nel 10% di allenatori che fanno questo mestiere per passione, per la grinta e l'adrenalina. Io sono questo, mi sono affezionato ai giocatori della Stella Rossa che reputavo come miei fratelli minori. Ho tanto cuore, ogni partita stavo male, soffrivo tanto. Speravo di non affezionarmi troppo ancora, ma ci sono ricascato. Mi sono affezionato alla piazza, a tutti quelli che lavorano per la Samp: li ho già nel cuore dopo 4-5 mesi".

Il momento alla Samp.
"I giocatori li rispetto ancora di più, non nascondo che la situazione non è felice. Loro cercano ogni partita di dare tutto se stessi, qualcuno anche oltre le sue possibilità. Io chiedo umiltà e orgoglio, di uscire a testa alta dal campo. C'è un detto serbo: c'è qualcuno che molla, altri no quando sanno che è difficile. Io appartengo al secondo gruppo, riesco a trasmettere il coraggio perché dico sempre la verità, sono diretto. Sto lavorando per dare una gioia, non voglio pentirmi di non aver dato tutto". 


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