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Un hashtag a doppio taglio. L'Inter non è per tutti ma ora è sua: ecco la prima sfida nerazzurra di Conte

di Christian Liotta

“Finalmente si ricomincia”. L’autista che lo porta presso la nuova, avveniristica sede dell’Inter sposta lo specchietto retrovisore della macchina e incrocia i suoi occhi ‘più blu blu blu blu di Paul Newman’, come cantava il mitico Supertelegattone; due occhi di un blu profondo, intenso, che fanno trasparire tutta la determinazione di un uomo pronto ad accettare una nuova sfida, una sfida che indubbiamente acquisisce dei significati tutti particolari per uno come lui, per uno dai suoi trascorsi. Chiusa la parentesi al Chelsea e dopo mesi sabbatici che, conoscendo il personaggio, saranno stati indubbiamente più lunghi del normale, finalmente Antonio Conte ricomincia e ricomincia dall’Inter, dal club che, nel suo passato calcistico, è stato probabilmente il rivale più accanito, ma che ora, dismessi i panni del capitano della Juventus e indossati quelli di allenatore, ha deciso di sposare senza remore alcune e senza star troppo a pensare a ciò che è stato.

Si è felicemente coronato un inseguimento che i classici bene informati sono pronti a giurare durasse da ormai due anni, quello della famiglia Zhang (quel ‘finalmente’ pronunciato dal presidente Steven alla tv ufficiale del club la dice lunghissima), prima ancora che dell’Inter, all’ex ct azzurro, a quanto pare da tempo inserito in cima alla lista dei desiderata in quanto ritenuto il tecnico ideale per poter davvero riportare l’Inter ai vertici del calcio nazionale e magari anche oltre, dopo anni di lavoro energico sul fronte finanziario ma anche di proclami finiti spesso malamente rinfacciati alla prova dei fatti. E una volta andato in porto l’assalto, anche grazie alla presenza di Beppe Marotta che sicuramente ha giocato un ruolo di ‘grimaldello’ fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo, ecco il club agire il più rapidamente possibile per annunciare in pompa magna quello che però, francamente, era noto anche ai muri di tutta Milano inclusa l’area metropolitana (che pare faccia più figo che dire hinterland) ormai da settimane.

Come atto propedeutico, dopo aver rispettato doverosamente il grave lutto che lo ha colpito, si è consumato il divorzio da Luciano Spalletti, il tecnico che, in modo altamente onorevole e, si può dire, con una grandissima dignità e senso del dovere tali da andare oltre il funesto momento personale, ha portato la barca nerazzurra nel prestigioso porto della Champions League tra tantissime difficoltà, traversie interne e momenti in cui sembrava impossibile uscire dall’occhio del ciclone. Un divorzio consumato con un comunicato impossibile da non definire alquanto freddo e distaccato, che farà sì parte di una logica prassi aziendale ma in passato, anche per esoneri più necessari e meno dolorosi di questo, qualche riga in più si è effettivamente spesa. Il tutto è stato poi bilanciato dall’accorato e dolce congedo di Steven Zhang, affidato però ad un messaggio social, quasi a parlare più per se stesso che per conto del club che dirige. Quei social dove invece ha fatto da contraltare il silenzio quasi assoluto dei giocatori: almeno fino a poche ore fa, quando l’annuncio di Conte doveva ancora arrivare, su Instagram e compagnia si sono espressi i due poli opposti della squadra, il baby Sebastiano Esposito che con Spalletti ha debuttato tra i grandi e il capitano Samir Handanovic. Poi, silenzio generale e un po’ assordante fino ai messaggi di oggi spuntati un po' a macchia di leopardo. Farà indubbiamente tutto parte di una precisa scelta comunicativa, però non si può negare che il tutto e le tempistiche del tutto lascino un minimo di sgradevole retrogusto. E non si venga qui a dire che certe affermazioni si possono fare anche e soprattutto in privato, perché quello che fanno i giocatori sui social non può valere a convenienza.

Passano poche, pochissime ore, e si apre una nuova pagina: non si dà nemmeno il tempo alle persone di svegliarsi e prendere il primo caffè della giornata che, alle sei del mattino italiane, ora di punta di Nanchino, arriva tra squilli di tromba e con un comunicato lungo, ricco di dichiarazioni e insieme di elogi alle qualità umane e sportive, l’annuncio di Antonio Conte nuovo mister. Il tutto accompagnato dal nuovo, bellissimo video di benvenuto di Inter Media House, quasi da trailer cinematografico, e da dichiarazioni a pioggia, con Conte che, pedissequamente accompagnato dal suo nuovo presidente, fa un lungo giro mediatico nel quale spiega per filo e per segno le linee guida di quella che è la sua nuova mission: dedizione, ambizione, determinazione, educazione, rispetto le parole chiave. Il tutto condito col simpatico siparietto che vede protagonista Alessandro Cattelan, il quale ha potuto finalmente svelare l’arcano della carta che ha caratterizzato la comparsata di Conte nel suo programma. Il logo impresso era diverso, ma anche se alla fine è andata diversamente il tutto ha un peso relativo e viene liquidato tra battute e risate.

Tanta voglia, e anche tanta fretta, di aprire il prima possibile questa nuova pagina di storia dell’Inter, quella che si vuole essere della tanto agognata svolta. Ma anche in mezzo a tutte queste cose fatte di fretta prima di volare a Madrid, è Impossibile non notare un punto, anzi una scritta; quella scritta, anzi, quell’hashtag che ha accompagnato sin dalle primissime battute l’inizio dell’avventura nerazzurra di Antonio Conte. Una frase semplice, comprensibile anche a chi mastica un inglese di tipo basic: ‘#NotForEveryone’, ovverosia ‘Non per tutti’. Per i più grandicelli, magari alle prese coi primi piccoli segni dell’età che avanza come chi vi scrive, questa frase riporta alla mente echi lontani di un noto claim della pubblicità anni ‘80 di uno spumante; oggi, invece, nelle intenzioni di Corso Vittorio Emanuele/Viale della Liberazione questo è il grido di battaglia col quale si vuole lanciare la nuova era nerazzurra. Un grido lanciato per primo proprio da Conte, una scelta forse ovvia, ovviamente avvincente, di sicuro non banale e non casuale.

Al di là del comunicato di benvenuto, poi rimosso, della Curva Nord che altro di meglio non ha trovato da fare che rievocare brutti precedenti che hanno visto coinvolto Conte e uno di coloro che si appresta ad essere uno dei suoi collaboratori, ovvero Cristian Stellini, la maggior parte delle critiche di chi storce il naso all’interno della tifoseria nerazzurra converge automaticamente su un punto: Antonio Conte, ex capitano e bandiera della Juventus, è visto senza possibilità di appello come il simbolo di valori distanti anni luce da quelli che contraddistinguono il mondo Inter, una persona che volenti o nolenti dovrebbe girare ad almeno un chilometro da tutto quanto trasudi nerazzurro, e poco importerà se alla fine porterà quei risultati materiali che all’Inter mancano da troppi anni. Proprio perché l’Inter, una squadra ma prima ancora un insieme di valori portanti, ‘non è per tutti’, a maggior ragione di chi esultava dichiarando a chiare lettere di godere il 5 maggio 2002 (ma cosa avrebbe dovuto fare, piangere per mostrare vicinanza agli sconfitti?). Antonio Conte da Lecce, per sua stessa ammissione è un uomo che vive di sfide, e appena arrivato all’Inter ha deciso subito di prendersi carico di una sfida bella grossa: farsi per primo carico di questo grido di battaglia, ammettendo lui stesso che questo club non è per tutti, che lui e l’Inter condividono fame e ambizione.

Conte che quindi parte lancia in resta, senza timore di nulla, ma che fosse un uomo senza paura si sapeva già benissimo; come lui stesso sa altrettanto bene di aver deciso di incarnare un insieme di valori importanti rinchiusi in un hashtag impegnativo, ponderando anche il rischio che quella frase tanto evocativa gli si possa ritorcere benissimo contro alle prime difficoltà. Perché l’Inter non è per tutti, perché l’Inter è una centrifuga che spesso e volentieri sconquassa l’esistenza sportiva di chi vi gioca e lavora. Ma non si può negare che Conte sia uomo di coraggio: d’altronde come definire un uomo che al suo presidente promette che ‘Crazy Inter no more?’, ovvero che non ci sarà più una pazza Inter?

Buon lavoro e in bocca al lupo, dunque, Antonio: dovessi riuscire nell’impresa di togliere la tua nuova squadra da quell’aurea di follia che la permea da decenni, sarebbe sicuramente il tuo successo più grande da mettere nel palmarès. Sperando che non abbia già vissuto un preludio…

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