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Sommer: "Non c'è nulla di sbagliato a essere gentili, rimarrò sempre così. Italia? La cucina è un sogno, la lingua..."

di Mattia Zangari

Nel corso della lunga intervista concessa a SRF, Yann Sommer ha parlato anche della sua vita fuori dal campo raccontando alcuni aspetti magari non così noti ai tifosi dell'Inter. Le parole del portiere elvetico: 

Prendi lezioni di chitarra e canto, cosa significa la musica per te?
"Prima di tutto mi piace imparare cose nuove, scoprire cosa posso fare con la mia voce. Ed è stata anche un'occasione per uscire dal mondo del calcio e incontrare nuove persone con un background diverso". 

Ti esibiresti dal vivo su SRF 3?
"Negli ultimi mesi ho perso un po' il ritmo, non ho più un insegnante di chitarra a Milano e devo prima tornare a far pratica. Fondamentalmente mi piace molto fare musica, allora perché no? Puoi aggiungermi alla lista (ride, ndr)". 

Ora hai imparato l’italiano poco tempo.
"Non sono ancora completamente soddisfatto del mio italiano, ma lo capisco in gran parte. Era chiaro che dovessi imparare la lingua perché molte persone nel club parlano italiano. Ed è semplicemente bello poter parlare con la gente del posto. Il mio vantaggio è che a scuola ero già bravo nelle lingue, a differenza dell'aritmetica". 

Che ne dici di te della cucina italiana?
"Un sogno (ride, ndr). Ciò che amo della cucina in Italia è che non importa dove tu vada, anche nel ristorante più piccolo, il cibo viene celebrato.

Alcune persone ti criticano perché sei troppo gentile. Cosa c'è di sbagliato nell'essere gentili?
"Niente. Essere gentile e amichevole è qualcosa di positivo per me, rimarrò sempre così. Non fingo, ma ovviamente sono un po' più aperto e rilassato nella mia vita privata". 

Questi commenti ti influenzano?
"Affatto. Quando sei nel business del calcio e sei sotto gli occhi del pubblico, non è così facile mantenere quella gentilezza e apertura. Ecco perché ne sono piuttosto orgoglioso". 

Cosa ti ha motivato a lavorare con un mental coach?
"Non è stata un'esperienza negativa. I miei genitori pensavano che potesse essere importante per me come portiere. Nella selezione regionale della Svizzera ho avuto un formatore che è uno psicologo e che mi sostiene mentalmente da oltre dieci anni. Questo aiuta a concentrarsi e a staccare la spina". 

Avevi un piano B se non avessi sfondato nel calcio?
"Quando avevo 17 anni, ho dovuto affrontare una decisione difficile. Ero nel bel mezzo della business school e mi mancavano ancora due anni. A quel punto avrei dovuto essere ceduto in prestito al Vaduz e per farlo ho dovuto abbandonare la scuola. Fortunatamente, ho avuto un ottimo preside che mi ha detto che avrei potuto tornare se non avesse funzionato. Questo mi ha dato molta fiducia nel fare il passo". 


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