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Da Zero a Dieci - Allarme da Samir. Juan, sei tu? Ricky nonsense, fantasmi e misteri

di Fabrizio Romano

Ancora un risultato negativo per l'Inter, che perde a Parma e si gioca ancora un ennesimo jolly per accorciare sulla Juventus. Decisivo il gol di Sansone per l'1-0 finale al Tardini. Analizziamo la gara... da Zero a Dieci.

ZERO gli uomini che ha dovuto saltare Sansone per volare in porta. Agghiacciante, direbbe qualcuno. Stramaccioni si mette le mani nei capelli: l'errore è di quelli di gravi e l'episodio è determinante. Il centrocampo sparisce, la difesa urta sé stessa nel nulla, l'ex Bayern Monaco a cui viene steso il tappeto rosso ringrazia e punisce l'Inter. Mistero: c'erano fantasmi nerazzurri in quell'occasione?

UNO il cross degno di questo nome in tutto il secondo tempo. E arriva da Fredy Guarin, tanto per dire come stanno le cose. L'Inter ha scelto un modulo che dovrebbe premiare gli esterni e fa invece una fatica tremenda a far sentire Milito una punta e non un tuttofare, seppur con le sue colpe e i suoi demeriti. Un altro mistero. Detto ciò, palese come Nagatomo sia in calo fisico: Pereira è l'unico che il cross lo cerca sempre e con puntualità. Adesso è giunta decisamente la sua ora.

DUE gli attributi magici che l'Inter ha smarrito: cattiveria e umiltà. Le due armi che ne avevano fatta l'anti-Juventus, ora sono le colonne mancanti di una squadra seduta, gigioneggiante, mai veramente incisiva. Il discorso è collettivo: a prescindere da errori arbitrali, qualcosa non gira. Palese come siamo ancora alla digestione dopo l'ubriacante cenone di Torino: non esiste, non può esistere.

TRE i giovani entrati in campo al Tardini, come sostituzioni. Un classe '92 e due classe '93, questa è l'Inter piena di assenze di oggi. A prescindere dal discorso Pereira, non tutte le colpe sono di Stramaccioni e crocefiggere solo lui è sbagliato. La situazione è palese e lampante, perché le scelte scarseggiavano. D'accordo i singoli, ma un problema sta nelle defezioni, tra infermeria e squalifiche.

QUATTRO sono le non-vittorie di fila per l'Inter, Europa League inclusa. Tante, dopo Torino. Parma era un bivio decisivo per accorciare, l'Inter invece affonda e la squadra di Donadoni si prende i meritati applausi della situazione. Ma già col Palermo è necessario cambiare rotta, perché ora bisogna guardarsi indietro e non più solo avanti.

CINQUE di stima a Juan Jesus. Perché ce la mette sempre tutta, ma sta sbagliando decisamente tanto. A Parma è il remake di un'Olimpiade spesso con errori così: anticipi sbagliati, posizionamento tardivo, sofferenza nell'uno contro uno. Meriti sacrosanti all'ottimo Biabiany, Juan era poco aiutato anche da Nagatomo ma può e deve fare di più. Senza sedersi sugli allori e concedersi distrazioni. Quelle che hanno dato di lui una reputazione pessima in Brasile, di cui tutti si erano ricreduti fino a qualche settimana fa. Di un lavoratore come lui, non dubitiamo.

SEI a Guarin. Perché magari sarà anche impreciso, talvolta perde tanti palloni, ma non molla un centimetro per larghi tratti della gara. Fredy le prova tutte, è l'ultimo a smettere di crederci, non è colpa sua se da quando entra Coutinho si ritrova in balìa della tempesta parmigiana per mere questioni tattiche. Poi, la benzina finisce e il motore si spegne. Aveva stretto i denti, chiedergli di più sarebbe stato ingeneroso.

SETTE a quel santo che l'Inter si è messa in porta. Samir Handanovic vola ancora, para anche i tentativi killer dei suoi compagni, salva la porta più volte. Lo fa anche Mirante, sia chiaro, ma Samir ormai è una costante. E suona anche da campanello d'allarme: dietro, c'è qualcosa che non va...

OTTO sono i punti persi nelle ultime tre giornate di campionato. D'accordo, vincerle tutte è impossibile. Ma racimolare qualcosa in più di un misero punticino tra Bergamo, San Siro col Cagliari e Parma era lecito aspettarselo. L'Inter ha perso un treno che potrebbe essere esaurito per rimpianti tra qualche mese. Non è mai troppo tardi, diceva qualcuno. Lo speriamo, ma perseverare è diabolico. E molto spesso si paga a carissimo prezzo.

NOVE in media i tocchi al pallone di Ricardo Alvarez, prima di scaricarlo. Stramaccioni (per necessità, sia chiaro) lo reinventa play maker, il buon Ricky dimostra che la mossa purtroppo è un nonsenso. Qualche buono sprazzo nel primo tempo, poi si perde nel suo piacersi troppo e a centrocampo rallentare la manovra in una partita così diventa un suicidio. Alvarez è in lieve crescita, ma come play, purtroppo, non esiste. L'emergenza porta a fare tutto e il contrario di tutto, speriamo finisca presto. Ma il costruttore di gioco, il regista vero, è quello che pensa la linea di passaggio un secondo prima degli altri. Non dopo aver coccolato e accarezzato il pallone fino all'inverosimile. Segnali di ripresa col Cagliari, a Parma esperimento fallito.

DIECI a chi sulla barca dell'Inter di Andrea Stramaccioni c'era prima di Torino, c'era a Torino e c'è pure adesso. Non volerci salire, salirci e poi scenderne ora è un'arte semplice eppure molto praticata. Nessuno impone nulla, semplicemente bisogna decidersi. Nei momenti difficili si costruiscono le grandi squadre, specialmente se l'Inter è al primo anno di un nuovo processo. Serve tempo, si passa anche da trend negativi come questo. Ma la barca resta solida. Con il suo timoniere al comando.


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